Denise.

Eve fece un passo avanti e appoggio una mano sulla spalla di Keith. «E tutto a posto?»

Lui scosse la testa, arrossendo. «E difficile…»

Eve si volto verso Thorne. «Sua madre non sta affatto bene…»

Ci fu un silenzio imbarazzato. Denise si sfrego le braccia nude con le mani, Keith si infilo il giubbotto di jeans che portava piegato sul braccio. «Vado a casa» disse, annuendo un paio di volte. Poi si volto e si allontano rapidamente. Gli altri restarono a guardarlo per qualche secondo.

«Vado a letto, tesoro» annuncio Denise. «Sono letteralmente a pezzi. Ci vediamo domattina.» Abbraccio Eve e la bacio su entrambe le guance. Thorne resto un po’ sorpreso quando bacio anche lui.

«Buonanotte, Tom.» Si volto e rientro in casa, lasciando la porta socchiusa.

Thorne guardo l’orologio. Faceva ancora in tempo a prendere l’ultimo autobus. «Sara meglio che vada anch’io» dichiaro. «E stata una serata interessante…»

«Se vuoi che l’interesse prosegua,» disse Eve, con uno sguardo allusivo «comprati un letto nuovo. Ti accompagno all’Ikea, questo fine settimana.»

«Mio Dio, no!» esclamo Thorne.

Keith era un centinaio di metri davanti a lui. Thorne rallento, per evitare di raggiungerlo. Non avrebbe saputo che cosa dirgli. Si senti sollevato quando lo vide svoltare in una traversa. Prima di scomparire dietro l’angolo, Keith si volto e lo fisso. Quando Thorne arrivo all’altezza dell’incrocio, Keith era sparito.

Affrettando il passo verso la fermata di Dalston Lane, Thorne dovette ammettere con se stesso una cosa piuttosto strana. Aveva chiesto a Eve se ci sarebbero stati problemi con Denise, proprio perche conosceva la risposta. Perche sapeva che quella sera tra loro non sarebbe accaduto nulla. E cio gli dava un senso di tranquillita…

Poco lontano dalla fermata c’era un baracchino di hamburger dall’aria poco pulita. Thorne scopri di avere fame e cerco di decidere se valesse la pena rischiare di perdere l’autobus per intossicarsi con quel cibo.

L’autobus arrivo sferragliando piu di dieci minuti dopo, quando Thorne si era gia pentito di avere mangiato l’hamburger. Mentre cercava in tasca gli spiccioli per il biglietto, si chiese come mai provasse sollievo rincasando da solo.

L’uomo seduto sulla cyclette accanto alla sua smise di pedalare e rimase a occhi chiusi per alcuni secondi, riprendendo fiato. Quindi scese e si avvio verso il rubinetto dell’acqua. Bevve a grandi sorsi, poi si avvolse l’asciugamano intorno al collo ed entro nella sala pesi.

Lui aspetto la fine della canzone che stava ascoltando, poi si tolse le cuffie, scese dalla cyclette e lo segui.

Howard Anthony Southern era un tipo abitudinario e amava tenersi in forma. Le due cose insieme facevano si che sorvegliarlo fosse non soltanto facile, ma anche piacevole. Lui andava gia in palestra per conto suo, ma qualche ora in piu alla settimana non gli avrebbe certo fatto male. Era stato semplice iscriversi alla palestra di Southern e frequentarla nei suoi stessi orari. Qualche volta gli era capitato di non trovarlo, ma in ogni caso ormai si era fatto un’idea abbastanza precisa del soggetto.

Sapeva quel che c’era da sapere. Che Southern aveva commesso il reato e che il suo nome si trovava sul Registro. Era piu che sufficiente. E tuttavia, non avrebbe guastato scoprire qualcosa in piu. Come, per esempio, quanto lui fosse piu forte di Southern, quanto sarebbe stato facile prenderlo, al momento giusto. Vedere la sua faccia stravolta e sudata, immaginare in anticipo la sua espressione mentre si contorceva, cercando di liberarsi dal cappio.

Entro nella sala pesi. Southern era sulla panca per i pettorali. Lui gli si sedette accanto e comincio a pompare.

Vide immediatamente che Southern occhieggiava una donna dall’altra parte della sala. Lei faceva stretching e le sue forme risaltavano attraverso il tessuto aderente della calzamaglia nera. Southern continuava ad allenarsi, senza perdere di vista la donna riflessa nello specchio lungo la parete.

Lui sapeva che era quello il motivo per cui Howard Southern frequentava la palestra.

Si domando se Southern avesse commesso un altro reato dopo il rilascio. Forse dopo essersi fatto beccare una volta era diventato piu cauto. Probabilmente avrebbe potuto farlo di nuovo impunemente per anni. Mentre guardava quella donna, forse immaginava di prenderla con la forza. Gli occhi di Southern erano come mani sudate sul corpo della donna, di sicuro si stava convincendo che lei volesse proprio quello…

Southern lascio le maniglie e i pesi caddero con un rumore metallico. Si volto verso di lui e sbuffo. «Ma chi ce lo fa fare?» disse.

Quello si era un colpo di fortuna! Lui aveva pensato di attaccare discorso proprio quel giorno, nello spogliatoio o nel bar della palestra.

«E un’autentica follia, vero?» continuo Southern, accennando con il mento alla donna in calzamaglia. «Star qui ad ammazzarsi per quelle come lei.»

Lui gli sorrise, pensando che l’idea era giusta, anche se lui la intendeva in maniera completamente diversa.

CAPITOLO 14

Carol Chamberlain rappresentava i tre quarti di una squadra di due persone. Le era stato assegnato un aiutante per le ricerche, ma l’ex sergente Graham McKee era, per usare un’espressione di suo marito, “utile come una teiera di cioccolato”. Quando non era al pub, lasciava chiaramente intendere che, secondo lui, era Carol quella che avrebbe dovuto occuparsi di fare il caffe e le telefonate, mentre lui era fuori a parlare con le persone.

Qualche anno prima, Carol gli avrebbe strappato le palle. Adesso, invece, si accontentava di procedere con il lavoro, facendo anche la parte del sergente. Ci avrebbe messo piu tempo, ma avrebbe anche ottenuto risultati migliori. Carol non ne era ancora sicura, ma credeva che, se il caso di cui si stava occupando fosse stato gestito bene dall’inizio, non ci sarebbe stato nessun bisogno di rivolgersi a lei.

Hastings non era molto lontana, ma per non correre rischi lei era partita presto. Jack si era svegliato di buon’ora e le aveva preparato la colazione. Non era contento che lei lavorasse di domenica, ma aveva cercato di buttare la cosa sul ridere.

«Sveglia a ore assurde, domeniche andate in fumo… Ora ho l’assoluta certezza che sei tornata a lavorare nella polizia.»

Prima di scendere dalla macchina, Carol controllo il trucco nello specchietto retrovisore. Forse aveva esagerato un po’ con il fondotinta, ma ormai era tardi per rimediare. I capelli invece erano perfetti. La sera prima aveva dato un ritocco alla tinta, per eliminare la ricrescita.

Jack le aveva detto che stava benissimo.

Si avvicino alla porta e busso, imponendosi di rimanere calma. Era una cosa che aveva fatto centinaia di volte e non c’era bisogno di stringere cosi forte la maniglia della cartella.

«Sheila? Sono Carol Chamberlain, dell’Unita Riesame Casi Insoluti. Ci siamo sentite al telefono…»

Era evidente che la donna che venne ad aprire non si aspettava affatto una come lei.

Carol era ingrassata cinque chili per ogni anno che era stata fuori dalla polizia e, poiche non arrivava al metro e sessanta di altezza, era ben consapevole del proprio aspetto. I capelli potevano essere tinti all’ultima moda, ma i trent’anni passati in servizio si notavano eccome sul suo volto.

Si augurava soltanto che la tipica riservatezza inglese impedisse a Sheila Franklin di manifestare troppo apertamente il suo sconcerto.

«Vado a preparare il te» disse la donna, facendola accomodare.

In cucina, mentre aspettavano che l’acqua bollisse, parlarono del tempo e del traffico. Solo quando furono sedute nel piccolo soggiorno, Sheila diede voce alla propria confusione.

«Mi scusi, ma credevo che avesse detto che il caso era stato riaperto…»

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