Denise.
Eve fece un passo avanti e appoggio una mano sulla spalla di Keith. «E tutto a posto?»
Lui scosse la testa, arrossendo. «E difficile…»
Eve si volto verso Thorne. «Sua madre non sta affatto bene…»
Ci fu un silenzio imbarazzato. Denise si sfrego le braccia nude con le mani, Keith si infilo il giubbotto di jeans che portava piegato sul braccio. «Vado a casa» disse, annuendo un paio di volte. Poi si volto e si allontano rapidamente. Gli altri restarono a guardarlo per qualche secondo.
«Vado a letto, tesoro» annuncio Denise. «Sono letteralmente a pezzi. Ci vediamo domattina.» Abbraccio Eve e la bacio su entrambe le guance. Thorne resto un po’ sorpreso quando bacio anche lui.
«Buonanotte, Tom.» Si volto e rientro in casa, lasciando la porta socchiusa.
Thorne guardo l’orologio. Faceva ancora in tempo a prendere l’ultimo autobus. «Sara meglio che vada anch’io» dichiaro. «E stata una serata interessante…»
«Se vuoi che l’interesse prosegua,» disse Eve, con uno sguardo allusivo «comprati un letto nuovo. Ti accompagno all’Ikea, questo fine settimana.»
«Mio Dio, no!» esclamo Thorne.
Keith era un centinaio di metri davanti a lui. Thorne rallento, per evitare di raggiungerlo. Non avrebbe saputo che cosa dirgli. Si senti sollevato quando lo vide svoltare in una traversa. Prima di scomparire dietro l’angolo, Keith si volto e lo fisso. Quando Thorne arrivo all’altezza dell’incrocio, Keith era sparito.
Affrettando il passo verso la fermata di Dalston Lane, Thorne dovette ammettere con se stesso una cosa piuttosto strana. Aveva chiesto a Eve se ci sarebbero stati problemi con Denise, proprio perche conosceva la risposta. Perche sapeva che quella sera tra loro non sarebbe accaduto nulla. E cio gli dava un senso di tranquillita…
Poco lontano dalla fermata c’era un baracchino di hamburger dall’aria poco pulita. Thorne scopri di avere fame e cerco di decidere se valesse la pena rischiare di perdere l’autobus per intossicarsi con quel cibo.
L’autobus arrivo sferragliando piu di dieci minuti dopo, quando Thorne si era gia pentito di avere mangiato l’hamburger. Mentre cercava in tasca gli spiccioli per il biglietto, si chiese come mai provasse sollievo rincasando da solo.
CAPITOLO 14
Carol Chamberlain rappresentava i tre quarti di una squadra di due persone. Le era stato assegnato un aiutante per le ricerche, ma l’ex sergente Graham McKee era, per usare un’espressione di suo marito, “utile come una teiera di cioccolato”. Quando non era al pub, lasciava chiaramente intendere che, secondo lui, era Carol quella che avrebbe dovuto occuparsi di fare il caffe e le telefonate, mentre lui era fuori a parlare con le persone.
Qualche anno prima, Carol gli avrebbe strappato le palle. Adesso, invece, si accontentava di procedere con il lavoro, facendo anche la parte del sergente. Ci avrebbe messo piu tempo, ma avrebbe anche ottenuto risultati migliori. Carol non ne era ancora sicura, ma credeva che, se il caso di cui si stava occupando fosse stato gestito bene dall’inizio, non ci sarebbe stato nessun bisogno di rivolgersi a lei.
Hastings non era molto lontana, ma per non correre rischi lei era partita presto. Jack si era svegliato di buon’ora e le aveva preparato la colazione. Non era contento che lei lavorasse di domenica, ma aveva cercato di buttare la cosa sul ridere.
«Sveglia a ore assurde, domeniche andate in fumo… Ora ho l’assoluta certezza che sei tornata a lavorare nella polizia.»
Prima di scendere dalla macchina, Carol controllo il trucco nello specchietto retrovisore. Forse aveva esagerato un po’ con il fondotinta, ma ormai era tardi per rimediare. I capelli invece erano perfetti. La sera prima aveva dato un ritocco alla tinta, per eliminare la ricrescita.
Jack le aveva detto che stava benissimo.
Si avvicino alla porta e busso, imponendosi di rimanere calma. Era una cosa che aveva fatto centinaia di volte e non c’era bisogno di stringere cosi forte la maniglia della cartella.
«Sheila? Sono Carol Chamberlain, dell’Unita Riesame Casi Insoluti. Ci siamo sentite al telefono…»
Era evidente che la donna che venne ad aprire non si aspettava affatto una come lei.
Carol era ingrassata cinque chili per ogni anno che era stata fuori dalla polizia e, poiche non arrivava al metro e sessanta di altezza, era ben consapevole del proprio aspetto. I capelli potevano essere tinti all’ultima moda, ma i trent’anni passati in servizio si notavano eccome sul suo volto.
Si augurava soltanto che la tipica riservatezza inglese impedisse a Sheila Franklin di manifestare troppo apertamente il suo sconcerto.
«Vado a preparare il te» disse la donna, facendola accomodare.
In cucina, mentre aspettavano che l’acqua bollisse, parlarono del tempo e del traffico. Solo quando furono sedute nel piccolo soggiorno, Sheila diede voce alla propria confusione.
«Mi scusi, ma credevo che avesse detto che il caso era stato riaperto…»
