«Meglio mandare un’e-mail» disse Holland. «E piu sicuro.»

La ringrazio di nuovo per il suo aiuto e pote quasi sentirla arrossire.

«Sembra interessante» disse Stone, quando Holland riaggancio.

«Gia. A quanto pare, puo procurarci un elenco delle famiglie affidatarie dei ragazzi. Le date di affido…»

«E continuera anche a cercare i dossier completi?» chiese Stone, pensieroso.

«Credo che a questo punto sia impossibile fermarla, ma probabilmente nomi e date sono tutto cio che ci serve.»

«Fammi sapere quando li avrai» disse Stone. «Ti daro una mano a controllarli.»

Holland si stiro. «Non credo che sara un lavoro lungo. Dovrei farcela da solo.»

«Fa’ come ti pare.» Stone torno con lo sguardo al suo monitor e inizio a scrivere.

Holland sapeva di essere stato meschino, soprattutto perche in realta non considerava affatto utile quella linea d’indagine. Thorne ci si era fissato e percio lui avrebbe fatto il possibile per collaborare, ma non poteva fare a meno di ritenere che fosse solo una perdita di tempo. Non riusciva a capire in che modo il fatto di scoprire dove erano finiti Mark e Sarah Foley venticinque anni prima li avrebbe aiutati a scoprire dove si trovavano adesso.

Thorne usci dalla stazione della metropolitana su Kentish Town Road e si diresse verso casa, passando vicino al commissariato dove circa dodici ore prima aveva incontrato Noel Mullen.

Ripenso alle parole del ragazzo: Sono pentito di essermi fatto beccare. E si chiese se un giorno sarebbe riuscito a far provare il pentimento all’assassino di Remfry, Welch, Southern e Charlie Dodd.

Thorne si fermo, indeciso, davanti all’ingresso del Bengal Lancer. Il suo cellulare mando il segnale di un messaggio sulla segreteria. Thorne lo ascolto e chiamo Eve. Dopo i saluti, le scuse furono le prime cose che disse.

«Per che cosa ti scusi?»

«Per molte cose. Ma soprattutto per non averti chiamata.»

«So che hai avuto da fare.»

Il padrone del ristorante, che conosceva Thorne, lo vide da dietro la vetrata e gli fece segno di entrare. Thorne rispose con un cenno di saluto e indico il cellulare.

«Dove sei?» chiese Eve.

«Vicino a casa. Stavo pensando a come risolvere il problema della cena.»

«Giornata pesante?»

Thorne rise. «Ho voglia di mandare al diavolo tutto e mettermi a fare il fioraio.»

«Bloom Thorne. Suona bene.»

«Ma forse e meglio di no. Non so se riuscirei a sopportare le levatacce.»

«Pigro bastardo…»

E le visioni, i suoni, gli odori del sogno gli tornarono in mente. Thorne rabbrividi, benche fosse una sera calda.

«Tom?»

«Scusa.» Sbatte le palpebre per scacciare quelle immagini. «Nel messaggio che mi hai lasciato hai detto qualcosa riguardo a sabato.»

«So che probabilmente lavorerai fino a tardi…»

«No, per una volta credo di no. Sono libero per quasi tutto il giorno. A meno che non salti fuori qualcosa di molto importante.» Una riunione urgente, una nuova pista, un altro cadavere. «Percio, dimmi pure.»

«Niente di stratosferico. E il compleanno di Denise, percio lei, Ben e io passeremo la serata al pub. Se ne hai voglia, puoi unirti a noi.»

«Un appuntamento a quattro?»

«Be’, ho pensato che forse preferivi cosi. Una serata tranquilla, senza pressioni…»

«Pressioni?»

«Sai, ho l’impressione che tu faccia un passo avanti e due indietro.»

«Ah, scusa.»

Ci fu un silenzio. Thorne vide il padrone del ristorante alzare le mani e senti Eve spostare il ricevitore da un orecchio all’altro.

«No, scusami tu» disse Eve. «Non volevo parlarne al telefono. Beviamo qualcosa insieme, sabato, e ripartiamo da li.»

«Ottimo. E avro anche qualcosa da farti vedere, allora.»

Thorne udi con piacere la sua risata e immagino lo spazio tra gli incisivi. «Basta pensare sconcezze» disse Eve. «E vai a mangiare qualcosa.»

Thorne era ancora indeciso su cosa fare. In frigorifero aveva un po’ di roba che avrebbe potuto mangiare. Che avrebbe dovuto mangiare…

Il profumo del cibo indiano era troppo invitante per resistere. Spinse la porta del ristorante ed entro. Il padrone aveva gia stappato una bottiglia di Kingfisher.

CAPITOLO 21

«Per chi fai il tifo, oggi, Dave?»

Holland alzo gli occhi sul sorriso del sergente Sam Karim. «Prego…?»

«Parlo della Charity Shield. Chi vorresti che vincesse la supercoppa d’Inghilterra?»

Holland annui. La tradizionale partita alla vigilia della stagione.

«Qualunque squadra, tranne il Manchester United» rispose.

«Rispetto la tua opinione, ma vinceremo lo stesso.»

«Non ti capisco, Sam. Tu sei di Hounslow, no?»

Karim si allontano, sempre con il sorriso sulle labbra. «Sei solo invidioso…»

Holland prese il telefono e compose un numero. In realta il calcio non gli interessava affatto. Praticamente tutto cio che sapeva in proposito poteva riassumersi nella conversazione che aveva appena avuto.

La linea era ancora occupata. Riaggancio e torno a sfogliare i suoi appunti. Da quando aveva ricevuto l’e- mail di Joanne Lesser, il giorno prima, non aveva fatto altro che lavorare a quella lista di nomi. Ma era una fatica improba, benche lui si fosse vantato con Stone di poter fare tutto da solo. Mettersi in contatto con le persone, infatti, era di per se complicato, anche se loro non facevano nulla per renderlo tale.

I due ragazzi Foley avevano trascorso i primi sei mesi dopo la morte dei genitori in affido temporaneo. Quindi, nel gennaio del 1977, avevano cominciato il loro pellegrinaggio tra una serie di famiglie per periodi di affido piu lunghi. Holland doveva ancora parlare con due di esse, ma dalle informazioni che aveva raccolto era gia emerso uno schema ricorrente. In quasi tutti i casi, i bambini si erano adattati in fretta, ma poi erano diventati sempre piu chiusi e difficili, soprattutto nelle famiglie in cui c’erano gia altri bambini. I genitori affidatari li avevano giudicati problematici, ma avevano anche dichiarato di considerare il loro atteggiamento comprensibile, alla luce di quello che avevano passato. Mark e Sarah erano bravi bambini, ma si erano isolati, passando sempre piu tempo da soli ed escludendo tutti coloro che li circondavano.

Era tutto molto interessante, ma Holland non credeva che quelle informazioni si sarebbero rivelate utili. Forse, parlando con l’ultima famiglia, sarebbe venuto fuori qualcosa di piu concreto. Brigstocke voleva alcune foto dei bambini da elaborare al computer, invecchiando i volti, per poi farli vedere in giro. Non era una cattiva idea: Holland aspettava proprio quel giorno il ritorno da Majorca dei coniugi Noble, i quali avevano tenuto con loro i due ragazzi fino all’inizio del 1984. Era probabile che avessero le foto piu recenti dei Foley.

Holland riprovo a fare il numero dei Lloyd, l’altra famiglia con cui non aveva ancora parlato. La linea era sempre occupata. Appena mise giu, il telefono squillo.

Era Thorne.

«Ti va di venire a bere qualcosa, stasera?» chiese.

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