messo via le fotografie, non ricordo piu dove.» Scorse il lampo di preoccupazione negli occhi di Holland e gli tocco un braccio. «Non si preoccupi, non e venuto invano. Dopo una lunga ricerca le ho trovate nel nostro album di matrimonio.»

Holland annui e la donna giro verso di lui la foto che aveva in mano. «Si chiama David, ora fa l’agente di cambio.» La mise giu e indico le altre. «Susan e infermiera al Royal Free, Gary ha finito il servizio militare e sta seguendo un corso per diventare stampatore, Claire sta per avere il terzo bambino…»

«Sono tanti…» disse Holland.

«Di solito prendevamo affidi a lungo termine. Io preferivo cosi. Era davvero difficile vederli andar via, proprio quando cominciavano a essere di famiglia. Prima e dopo Mark e Sarah, ne abbiamo avuti piu di venti. Della maggior parte di loro ho continuato ad avere notizie anche in seguito…»

La signora Noble sorrise tristemente e Holland cerco di sorridere a sua volta. Penso a quei bambini e all’uomo che era stato il loro padre affidatario e si chiese…

«Non sapevo se lei avesse gia mangiato» disse la signora Noble, interrompendo il suo pensiero. «Percio, dopo la sua telefonata, ho tirato fuori delle lasagne dal freezer. Ci vorranno solo cinque minuti…»

«Ah, grazie…»

«Puo bere qualcosa, o e ancora in servizio?»

Malgrado l’opinione che si era inizialmente fatto di lei, Holland provo una specie di affetto improvviso verso quella donna. Penso a tutti i bambini che aveva perso, in un modo o nell’altro, e alla sua fede ingenua in un uomo il cui cuore avvolto nella tenebra aveva cessato di battere per sempre.

Si senti a suo agio…

«Beviamo insieme» disse. «Ho giusto una bottiglia di vino in macchina.»

«Lascia che ti restituisca i soldi del materasso» disse Thorne.

«No, davvero. Puoi offrirmi la cena, se vuoi.»

«Quanto ti e costato?»

«Consideralo un regalo di compleanno in ritardo» disse Eve. «Per rimpiazzare il primo» sorrise. «Non ho visto la pianta da nessuna parte, a casa tua, percio immagino che tu sia riuscito a ucciderla.»

«Ah, gia. Avrei voluto confessartelo…»

Un cameriere porto il vino, mentre il padrone del locale si avvicinava con un cestino di speciale pane indiano. «Offre la casa» disse, appoggiando una mano sulla spalla di Thorne e strizzando l’occhio a Eve. «Lui e uno dei miei migliori clienti» aggiunse. «Ma e la prima volta che viene qui con una giovane donna.»

Quando si fu allontanato, Eve riempi i bicchieri di entrambi. «Non so come prendere cio che ha detto» disse. «Significa che di solito vieni qui con giovani uomini?»

Thorne annui, abbassando gli occhi. «Un’altra cosa che avrei voluto confessarti…»

Lei rise. «Insomma, vieni qui spesso da solo, e cosi?»

«Non cosi spesso.»

«Ti immagino qui, seduto a un tavolo con la faccia triste, intento a mangiare pollo al curry…»

«Ehi, aspetta un attimo» disse Thorne, assumendo un’espressione ferita. «Anch’io ho uno o due amici.»

Eve spezzo il pane e lo cosparse di chutney e cipolle. «Parlami di loro. Che cosa fanno?»

Thorne si strinse nelle spalle. «Sono tutti collegati al mio lavoro, in un modo o nell’altro.» Diede un morso al pane. «Phil e un patologo…»

Lei annui, come se quella fosse la conferma di qualcosa.

«Che cosa c’e?» chiese Thorne.

«Non stacchi mai dal lavoro, vero?»

«In realta, Phil e io parliamo soprattutto di calcio…»

«No, sul serio…»

Thorne bevve un sorso di vino, pensando alle parole di Eve. «Secondo me, nessuno stacca mai del tutto dal lavoro» disse. «Parliamo in continuazione di cio che facciamo.» Lei lo fissava, passandosi l’orlo del bicchiere sul mento. «Tu, per esempio, se ti trovi a cena in un locale e vedi una bella composizione floreale…»

«I fiori non sono cadaveri.»

Thorne si sorprese di una certa irritazione che cominciava a serpeggiare in lui.

Prese la bottiglia e verso altro vino nei loro bicchieri. «Be’, alcuni direbbero che i fiori recisi sono cadaveri, dopotutto.»

Eve annui lentamente. «Tutto muore» osservo. «Qual e il senso, alla fine? Potremmo anche chiedere al cameriere di mettere del vetro macinato nel nostro biryani.»

Thorne la guardo e vide che le tremavano le labbra. Scoppiarono a ridere quasi nello stesso momento.

«Non capisco mai quando mi stai prendendo in giro» disse lui.

Eve allungo una mano a toccare la sua. «Puoi lasciar perdere il lavoro, Tom? Solo per stasera…»

«I ragazzi danno un bel da fare» disse Irene Noble. «Ti cambiano la vita in un modo incredibile.» Fisso Holland, al quale ormai dava del tu con naturalezza. «Ma vedrai che sarai molto contento di aver avuto un figlio.»

Holland pensava che parlare di bambini fosse un argomento sicuro, ma non avrebbe mai pensato che sarebbero finiti a parlare del suo.

«Mi sento in colpa» confesso. «Perche ho paura di cio che potrei fare. Anche il solo pensare alla possibilita di andarmene mi fa sentire in colpa.»

«Oh, proverai emozioni ben piu strane e dolorose di questa. Un giorno saresti disposto a morire per loro e il giorno dopo avresti voglia di ucciderli con le tue mani. Ti preoccupi quando non sai dove sono e allo stesso tempo non vedi l’ora di avere un po’ di tempo libero per te. Sono tutte emozioni incondizionate…»

«Lei parla del dopo, di quando i bambini ci sono gia. Ma perche io mi sento cosi ora?»

«E normale. Non sono solo le donne che si trovano ad attraversare una tempesta emotiva. L’unico svantaggio dei maschi e che non possono usare gli ormoni come scusa.»

Holland rise. I due bicchieri di vino che aveva bevuto lo facevano sentire rilassato.

Quando avevano iniziato a mangiare era ancora agitato e, quasi senza volerlo, aveva finito per raccontare a quella donna ogni cosa.

Irene lo aveva aiutato a calmarsi, convincendolo che tutto si sarebbe sistemato per il meglio.

«Adesso sparecchio» disse lei, alzandosi.

Sollevo il vassoio dal divano e Holland le passo il suo piatto vuoto. «Grazie, era tutto perfetto» disse. E non si riferiva solo alle lasagne, che tra l’altro erano un po’ fredde al centro.

Rimase seduto ad ascoltare il rumore di stoviglie che proveniva dalla cucina, mentre Irene rigovernava e parlava dolcemente al cane.

Irene Noble doveva avere la stessa eta di sua madre, anno piu, anno meno.

Ma Holland non sarebbe mai riuscito a confidarsi in quel modo con la madre. Lei negli ultimi mesi si era preoccupata solo di comprare vestitini per il neonato, rifiutandosi come sempre di ammettere che qualcosa potesse andare storto, nella vita, e restando beatamente inconsapevole del fatto che il rapporto del suo primogenito con la futura madre del bambino non era proprio un idillio.

Irene torno con due gelati al cioccolato. «Ne tengo sempre una scorta in frigo» disse. «Sono meravigliosi, con questo caldo.»

Per un minuto non dissero nulla. Rimasero seduti sul divano a mangiare il gelato e ad ascoltare il cane che si muoveva in cucina. Quando Irene, piegando le gambe sotto di se come un’adolescente, comincio a parlare, Holland vide il suo viso indurirsi, fino a dimostrare tutti gli anni che aveva.

«Quali che siano i vostri problemi,» disse la donna «spero che riusciate a risolverli. Ma di sicuro non saranno gravi come quelli che alcuni bambini si sono portati dietro, venendo in casa mia. Ci sono cose che sembrano quasi ereditarie, proprio come la calvizie, il diabete, il colore degli occhi…»

«Sta parlando di Mark e Sarah, vero?»

«L’altro giorno sono stata molto dura nel mio giudizio sulle coppie che li hanno tenuti prima di noi. Ma la verita e che Roger e io non siamo stati migliori degli altri.»

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