Non ci metteva mai molto a prepararsi.
Nessun abbigliamento speciale. Nessun rituale inutile. Nessun periodo di intensa preparazione mentale.
Certo, pensava a cio che doveva fare e controllava ogni particolare. Ma non ci metteva piu tempo che a preparare la borsa.
Non aveva molta roba da portare con se. Solo uno zainetto. Nei casi precedenti, in quelle stanze d’hotel, si era portato una borsa piu grande, in cui poi avrebbe messo lenzuola, federe e copriletto. Stavolta non era necessario.
I guanti, il cappuccio, le armi…
Aveva gia affilato il coltello e aveva tagliato un lungo pezzo di corda da bucato, infilandolo nella tasca frontale dello zainetto di pelle nera.
Era strano pensare a cio che la gente si portava dietro. Chissa quali segreti sarebbero venuti fuori dalle sacche sportive, dagli zainetti e dalle ventiquattrore dei passanti. Certo, sarebbe stato necessario scartare un bel po’ di documenti, cartelline, giornali, sandwich avvolti nella pellicola trasparente, prima di trovare qualcosa di interessante. Una richiesta di riscatto, per esempio, o una lettera anonima. Forse una rivista porno, un paio di manette. Magari, con un po’ di fortuna, una pistola, un martello macchiato di sangue, o un dito amputato…
E, senza dubbio, ci sarebbe stato da sorprendersi ancora di piu se tutto cio fosse saltato fuori dalla borsetta di una donna.
Sorrise, infilando le ultime cose nello zainetto e chiudendo la cerniera. Chiunque vi avesse frugato dentro sarebbe rimasto alquanto imbarazzato.
Thorne si stava guardando nello specchio inserito nell’anta dell’armadio, cercando di decidere se fosse meglio la camicia bianca o quella di jeans, quando suono il campanello.
Mentre andava ad aprire, abbasso un po’ il volume dello stereo. Dopo qualche incertezza, aveva deciso di cominciare con George Jones. Poi aveva selezionato alcuni classici degli anni Cinquanta e infine, quando fosse giunto il momento giusto, le canzoni di Billy Sheril di vent’anni dopo. Di certo non esisteva una canzone piu romantica di
Eve avanzo fino al centro della stanza, lancio un’occhiata tutt’intorno, poi fisso Thorne. «Hai un aspetto molto estivo» commento.
Indossava un semplice vestito di cotone abbottonato sul davanti. «Anche tu» disse Thorne, poi, abbassando lo sguardo sulla camicia bianca, aggiunse: «Avevo pensato di mettermi la cravatta…»
Lei gli si avvicino. «Andiamo forse in un posto elegante?»
«No.»
«Bene. E poi mi piaci con il colletto sbottonato.»
Si baciarono, e le loro mani si fecero sempre piu frenetiche a ogni secondo che passava.
Thorne era gia al secondo bottone quando Eve si allontano, ridendo. «E vero che una scopata acrobatica a stomaco pieno non e l’ideale,» disse «ma vorrei comunque mangiare qualcosa, prima, e non disdegnerei un drink…»
Thorne rise. «Dici che fa troppo caldo per una cena indiana?»
«Per il curry e sempre la stagione giusta.»
«C’e un ottimo ristorante indiano proprio qui all’angolo.»
«Perfetto.»
«Oppure possiamo andare a Islington, o a Camden. Non sei ancora salita sulla mia macchina nuova…»
Eve si avvicino alla finestra, riabbottonandosi il vestito. «No, restiamo in zona. Se devi guidare non puoi bere, e sarebbe sleale che si ubriacasse soltanto uno dei due.»
«Come preferisci. Prendo la giacca…»
«Aspetta, non dobbiamo uscire proprio adesso.»
«No?»
Eve si volto, sollevando le braccia per aggiustarsi i capelli. I seni tesero la stoffa del vestito e Thorne noto la pelle arrossata sotto le ascelle depilate. «Ho una cosa per te nel furgone» disse lei. «E mi serve una mano per portarla dentro.»
Guardando l’orologio sul cruscotto, Holland si rese conto che era fermo sotto casa da quasi un quarto d’ora.
Erano le sette e qualche minuto.
Un quarto d’ora seduto in macchina, con la bottiglia di vino nel sacchetto di plastica tra le mani. Incapace di scendere.
Passarono altri minuti e Holland si accorse delle macchie scure che si erano formate sui suoi pantaloni. Solo allora capi che stava piangendo. Sollevo la testa e chiuse gli occhi, mentre il respiro gli si bloccava in gola, diventando un singhiozzo.
Holland si piego in avanti, con la bottiglia tra la faccia e il volante.
Sentiva il fresco del vetro attraverso il sacchetto e le lacrime che lo scaldavano, mentre ogni singhiozzo disperato gli risucchiava la plastica in bocca…
Holland non pote fare altro che buttare fuori tutto. Come il vomito della settimana prima.
Pianse per se stesso, per Sophie, per il figlio che sarebbe nato di li a cinque settimane. Pianse, sentendosi colpevole, triste, stupido e spaventato. Le lacrime che bruciavano di piu, tuttavia, erano di rabbia. Rabbia per l’egoista senza spina dorsale che sapeva di essere diventato.
Quando fini, Holland si asciugo gli occhi con la manica, come un bambino.
Tiro su con il naso, fissando le finestre dell’appartamento. Prima la confusione e una patetica paura senza nome gli avevano impedito di salire in casa. Adesso era la vergogna a trattenerlo.
Non poteva vedere Sophie, non ancora.
Holland fisso la ventiquattrore sul sedile del passeggero. Anche se si fosse portato il lavoro a casa e avesse cercato di isolarsi, il primo sorriso di Sophie avrebbe scatenato di nuovo il pianto.
Forse poteva fare un giro in macchina, prima…
Apri la borsa e frugo fino a trovare il foglio che cercava. Si schiari la voce, prese il cellulare e compose il numero. Le prime parole gli uscirono confuse.
«Signora Noble? Sono Dave Holland. So che e un’ora insolita per una visita, ma, se per lei va bene, passerei a ritirare quelle foto…»
CAPITOLO 28
Holland ci mise meno di quaranta minuti per arrivare a Romford. Irene Noble lo aspettava sulla soglia e gli si fece incontro sul vialetto. «Ci ha messo pochissimo. Probabilmente questa e l’ora migliore per spostarsi in macchina…»
Indossava un tailleur color crema e si era truccata con cura. Holland noto che guardava verso le case ai lati, probabilmente sperando che qualche vicina notasse il giovane venuto a trovarla.
«Non c’era affatto traffico» confermo Holland, seguendola in casa.
Fu salutato con entusiasmo da un cagnolino bianco con il pelo non troppo pulito, che la signora Noble spedi subito in cucina. «Candy e molto affettuosa» disse. «In realta era il cane di Roger, ma quando lui e morto era molto piccola.»
Holland fece un sorriso di circostanza, mentre entravano nel soggiorno. Divano e due poltrone blu, moquette rosa a disegni porpora e un tavolo basso di fronte al caminetto. Tutto pulito, a parte un cuscino di canapa coperto di peli di cane. Holland si avvicino al mobile di faggio dalle ante a specchio addossato a una parete. Il ripiano superiore era coperto di foto incorniciate di bambini.
Irene Noble prese in mano una foto. «Mark e Sarah non ci sono» disse. «Non sopportavo di vedere la loro immagine senza sapere cosa fosse accaduto loro. Quando ho saputo con certezza che non sarebbero tornati, ho