«Non c’e nulla di cui preoccuparsi.»
«Non abbiamo lo stesso controllo della situazione che avevamo con gli altri. Con loro sapevamo cosa aspettarci, sapevamo tutto cio che poteva accadere. E anche gli hotel erano un vantaggio. Luoghi prevedibili…»
«Andra tutto bene.»
«Hai ragione, lo so. Il fatto e che, quando mi sveglio cosi, ho la testa ancora piena delle immagini del sogno e mi sento confusa.»
«E l’unico motivo per cui sei nervosa? La paura che qualcosa vada storto?»
«Quale altro motivo dovrebbe esserci?»
«Allora non preoccuparti.»
«Comunque sara meglio che tu sia puntuale.»
«Non essere sciocca…»
«Cazzo, farai meglio a essere puntuale, capito? Pensa al traffico.»
«Non ho mai avuto problemi con il traffico e sono sempre stato puntuale.»
«Lo so, scusami.»
«E Thorne?»
«Thorne non e un problema.»
«Bene.»
«Sono stanca. Devo cercare di dormire, ora.»
Lui le accarezzo il ventre con una mano. «Vieni qui, ti aiuto a prendere sonno…»
CAPITOLO 27
Non molto tempo prima, in una notte gelida in cui il freddo e la solitudine formavano una coppia perfetta, Thorne aveva composto un numero copiato da una cartolina sulla vetrina di un giornalaio. Si era recato in un seminterrato di Tufnell Park, dove aveva sborsato alcune banconote ed era rimasto a guardare una mano rosea e paffuta che lo masturbava. Aveva ascoltato i gemiti poco convincenti della donna e il tintinnio dei suoi braccialetti mentre la mano andava su e giu. Aveva udito il proprio respiro e il grugnito disperato con cui era venuto.
Poi era tornato a casa e si era infilato a letto, dove aveva ripetuto lo stesso copione, da solo, risparmiando venticinque sterline.
Ora, Thorne camminava avanti e indietro nel suo ufficio ricordando quell’avventura con un piacere perfino inferiore a quello che aveva provato allora. E la confrontava con la piacevole prospettiva di trascorrere la notte con Eve Bloom.
Quella sera avrebbe lasciato Becke House con uno spirito decisamente positivo, come non gli capitava da tanto tempo. Le cose avevano iniziato a prendere velocita. Erano passati pochi giorni da quando la donna che poteva essere Sarah Foley era balzata in prima linea nell’indagine, e i risultati erano gia molto incoraggianti.
Avevano interrogato di nuovo l’ex fidanzata di Southern, confermando la sua storia a proposito di un’altra donna, quindi erano riusciti a stanare diverse persone che dichiaravano di aver visto Southern in compagnia di una donna nei giorni immediatamente precedenti la sua morte. Le descrizioni erano vaghe e contraddittorie, ma sembravano concordare sul fatto che lei fosse “snella e bionda”. La cameriera di un bar disse di averla vista trascinare Southern in un angolo buio, dove gli era “saltata addosso, come se lo volesse soltanto per lei”. Un identikit elaborato al computer era risultato piu scialbo e anonimo del solito. La donna artificialmente ricostruita non era piu presente e vera di quanto lo fosse nelle foto che aveva mandato alle vittime.
Eppure, era pur sempre un progresso…
Un’altra linea di indagine implicava la possibilita che la donna, oltre ad adescare le vittime, assistesse alla loro morte per mano dell’assassino. Ma Thorne aveva parecchi dubbi al riguardo.
Erano tornati negli hotel di Paddington, Slough e Roehampton e avevano fatto altre domande. Nulla di interessante era emerso dal riesame dei nastri della tivu a circuito chiuso, ma questo era prevedibile. Se Mark Foley sapeva dove erano localizzate le telecamere, era logico che lo sapesse anche la sorella. Una donna, che lavorava alla reception del Greenwood Hotel la notte in cui era stato ucciso Ian Welch, ricordava di aver visto una bionda nei paraggi. Aveva pensato che facesse parte del gruppo riunito al bar per una festa, ma non l’aveva vista parlare con nessuno. Riteneva che avesse “un aspetto strano”.
Thorne non sapeva con certezza quale fosse il ruolo della donna e si chiedeva di che cosa l’avrebbero accusata, se mai fossero riusciti ad arrestarla. “Collaborazione in atti delittuosi” era forse il capo d’imputazione piu probabile. Si, forse si era fatta vedere negli hotel, magari aveva anche aperto la porta alle vittime, mentre Mark Foley se ne stava nascosto, con il cappio di corda da bucato in mano…
Ma a parte quello?
Se quella donna era davvero Sarah Foley, Thorne non riusciva a immaginarsela nell’atto di guardare. E non riusciva a immaginarsi neppure il fratello che si lasciava guardare mentre violentava brutalmente un altro uomo.
Era proprio il genere di pensieri oscuri e mostruosi che Thorne intendeva bandire dalla sua mente, almeno per quella sera. Attraverso la sala di pronto intervento, salutando tutti. Le porte dell’ascensore si aprirono mentre lui si avvicinava e cosi ci salto dentro, affrettandosi a premere il bottone della discesa. Le porte si richiusero, facendo sparire alla vista la stanza, le scrivanie, perfino il caso…
Uscito dall’ascensore, Thorne si diresse verso il parcheggio pensando a cosa avrebbe indossato quella sera. Probabilmente avrebbe avuto una buona mezz’ora per prepararsi, prima dell’arrivo di Eve. Forse anche di piu, se avesse trovato poco traffico.
La BMW si avvicino alla sbarra del parcheggio e quindici secondi dopo era in strada. Thorne scelse una compilation dei Carter Family e alzo il volume dello stereo. Che musica avrebbe scelto per la serata? Sperava che Eve non fuggisse urlando dall’appartamento, alle prime note di musica country.
Era davvero un cretino. Perche aveva rimandato cosi a lungo quel momento?
Era ancora infantilmente eccitato per la macchina nuova. Gli piaceva guardarla e sentirla. Pigio il piede sull’acceleratore, godendosi il rumore del motore e sorridendo mentre imboccava la North Circular, diretto a casa.
Tutto cominciava a prendere velocita…
Holland attraverso il Lambeth Bridge. Casa sua era a meno di dieci minuti. Penso a quando aveva attraversato il fiume un po’ piu a est, la settimana prima, sull’auto nuova di Thorne.
E penso all’espressione di Sophie, quando poco piu tardi lo aveva trovato inginocchiato sul pavimento del bagno. Lui aveva appena finito di vomitare e, alzando la testa, aveva scorto un profondo solco di preoccupazione sul volto della moglie. Allora, con la strana chiarezza che solo l’alcol a volte riesce a dare, aveva capito, per la prima volta, che Sophie era preoccupata non per lui, ma per se stessa e per il bambino che portava in grembo. Era preoccupata di aver commesso un grosso errore, scegliendo lui come padre del suo bambino.
Il mal di testa da sbronza gli era passato molto prima del senso di colpa.
Holland decise che avrebbe fatto del suo meglio perche quella fosse una bella serata. Si sarebbe fermato a comprare una bottiglia di vino e lui e Sophie l’avrebbero bevuta a tavola, finendola poi davanti alla tivu. Sophie beveva ancora volentieri, di tanto in tanto. Il dottore diceva che le faceva bene. Ma prima della gravidanza non si sarebbe certo limitata a un solo bicchiere. Era capace di scolarsi senza problemi un’intera bottiglia, lasciando Holland nel dubbio se il vino l’avrebbe resa dolce o provocante. A lui piaceva in entrambi i casi, sia quando era allegra e sexy, sia quando lo abbracciava stretto e cominciava a parlare del futuro. In un modo o nell’altro, finivano sempre a letto.
Prima della gravidanza…
C’era una serie di negozi prima dell’Imperial War Museum: una drogheria turca, una cartoleria e una rivendita di alcolici. Scendendo dall’auto, Holland si senti invadere dalla tristezza al pensiero che gli riusciva sempre piu difficile ricordare com’erano le cose prima che Sophie rimanesse incinta.
Le cose belle, almeno.