Non c’era mai un preavviso, soltanto una vasta oscurita fluttuante che si abbatteva improvvisa sulle torce tra un battito e l’altro delle palpebre. Allora si spalancavano soffici bocche, come grandi veli setosi orlati di acido, mentre comparivano artigli pronti a lacerare e ad uccidere. Le vittime erano soltanto una pila di ossa spolpate e rosse di sangue tra i frammenti di un falo ancora mezzo acceso. Una madre giaceva distesa sul corpo del figlio mentre, a pochi passi di distanza, un’altra donna, forse ancora una madre, rimaneva in ginocchio, le labbra spalancate in un grido silenzioso, gli occhi sbarrati a fissare un orrore che non lasciava speranze.

Gil si senti insensibile a quelle scene; non provava nessun senso di paura e neppure si sentiva travolgere dalla nausea alla vista dei cadaveri straziati. Piuttosto si sentiva pervadere da una rabbia gelida, quasi fosse diventata un felino pronto ad uccidere senza alcun timore o rimorso.

In quei primi minuti di caos, la ragazza ed il Falcone di Ghiaccio tornarono velocemente sui loro passi verso la Corte delle Guardie.

Vi trovarono una gran confusione di uomini che si armavano, compagnie che si andavano formando, e la voce squillante di Janus che riusciva a raggiungere tutti anche attraverso quella barriera di suoni, chiedendo volontari.

Poiche Gil era in possesso di una spada, fu afferrata da qualcuno e sbattuta senza tanti complimenti in una delle compagnie e, in poco tempo, si trovo, ancor prima di aver potuto dire una parola, fuori delle mura insieme a pochi compagni, armati di qualche spada e delle loro torce, a combattere contro l’Oscurita.

Si trovo, senza neanche sapere come, in testa alla pattuglia e, solo allora, riusci a voltarsi ed a gridare all’indirizzo del Falcone di Ghiaccio:

«Io non so affatto come usare una spada!»

L’uomo le getto un’occhiata gelida.

«Allora non dovresti portarne una,» rispose.

Qualcun altro le poggio una mano sulla spalla e la tiro indietro. Era Seya, la donna che aveva incontrato quella mattina accanto ai carri.

«Mira al centro del corpo», spiego velocemente a Gil. «Colpisci diritto o, se non ci riesci, usa il taglio della spada. C’e un fermo accanto all’impugnatura, vedi? Comunque tieni l’elsa con entrambi le mani… No, non cosi: ti romperesti subito i pollici. Cerca sempre di avvicinarti per uccidere, soprattutto a chi e piu grande di te, e quelle creature lo saranno di sicuro! Hai capito? Il resto verra da se piu tardi: per adesso cerca di rimanere nel centro del gruppo, e non andarti a cacciare in situazioni che non sei sicura di poter affrontare!»

Parola d’ordine per questa notte… penso Gil contrariata.

Fu pero ugualmente sorprendente — quando la massa scura e ribollente si riverso fuori dell’oscurita nebbiosa tra gli alberi — quanto riusci a ricordare di quella frettolosa ed improvvisata lezione. Imparo immediatamente il primo principio di ogni disciplina marziale: sopravvivere o non sopravvivere ad uno scontro, era l’unico risultato che contasse in qualsiasi sistema o tecnica!

In un certo senso le sembro tutto facile, perche quei corpi nebulosi offrivano scarsa resistenza al metallo affilato. Era un gioco nel quale la velocita e la precisione contavano piu della forza: i Guerrieri del Buio si muovevano veloci, e bisognava batterli proprio sul loro terreno.

Quello che Seya aveva dimenticato di dirle era che quelle creature emanavano un terribile fetore di sangue marcio. Ne le aveva descritto il modo con il quale ogni pezzo tagliato cominciava a spargere intorno sangue umano ed un liquido nerastro, prima di disintegrarsi.

Gil si trovo quasi a suo agio in quel pandemonio di alberi scuri, fuoco, morte e fuga.

Capi anche che provava meno paura nell’attaccare che nel difendersi e che, per quanto sonno avesse potuto avere nelle ultime quarantotto ore, riusciva a superare ogni stanchezza quando lottava per la pura e semplice sopravvivenza.

Gil lotto fianco a fianco con le Guardie di Gae e con i cenciosi volontari che li accompagnavano coperti di tuniche grezze.

Corse attraverso la notte, seguendo sempre la scia dei soldati che la precedevano, e con loro cammino nei boschi come in compagnia di un branco di lupi, radunando i fuggitivi che incontravano qua e la perduti e terrorizzati, per riportarli indietro verso Karst.

Si senti pervadere dalla gelida elettricita della lotta, che le fece perdere la cognizione di quanto stesse accadendo, allontanando da lei stanchezza e paura.

Intanto, la dozzina di guerrieri della compagnia del Falcone di Ghiaccio, aveva gia riunito quasi cinquanta profughi. Questi se ne stavano stretti in un cordone irregolare, e qualcuno di loro — quelli che potevano farlo — impugnavano delle torce. Molti degli altri non volevano rinunciare ai loro averi e continuavano a tenere stretti il denaro e il cibo; una trentina di donne aveva anche dei bambini in braccio.

Per la terza volta in quella notte, fecero ritorno in citta. I boschi ed il cielo erano completamente scuri, ed i rami degli alberi sbattevano al vento come ali di corvo. Tutt’intorno continuavano ad echeggiare grida e lamenti: sembrava quasi una scena dantesca illuminata com’era dalla luce sobbalzante e incerta delle torce!

Qualcuno alle spalle di Gil grido.

Alzando gli occhi, la ragazza scorse il Buio che si materializzava nell’aria nera come inchiostro… ali gocciolanti una bava nerastra e mortifera e code uncinate che frustavano tutt’intorno…

Si fermo.

La sua spada sibilo non appena la impugno, e fu appena conscia della presenza di Seya alla sua destra e di qualcun altro dall’altra parte.

Poi non ci fu altro che oscurita, vento, fuoco, colpi ciechi. I fuggitivi dietro di lei cercarono di riunirsi come pecore al macello mentre i bambini gridavano e gli uomini piangevano senza ritegno.

Un velo lacerato di qualche misteriosa materia scivolo sul terreno, e Gil scorse la sagoma alla sua sinistra piegarsi goffamente sulle ginocchia, disseccata, bianca come un panno lavato, intrisa di sangue che gia si andava raggrumando, mentre un Guerriero del Buio si scagliava su di lei come una gigantesca bolla volante floscia e viscida.

Altre onde di oscurita furono generate dai boschi.

Il Falcone di Ghiaccio trasformo la sua voce bassa in un grido penetrante.

«Questo sara il nostro ultimo viaggio, fratelli e sorelle! Ce ne sono sempre di piu e, se vogliamo salvarci, dobbiamo raggiungere la citta!»

In quell’attimo di tregua, intanto che i Guerrieri del Buio si riunivano in uno stormo terribile sopra il loro capo, si udi la voce di una Guardia osservare aspramente:

«Raggiungere quella citta? Quella stia per polli, senza muri?»

«E l’unico rifugio che abbiamo. Ora correte!»

Corsero tutti. Corsero inseguiti da quell’incubo nero. Corsero con il vento che soffiava su di loro come il respiro di un mostruoso essere sepolto in qualche indicibile abisso. Corsero insieme ad un sogno orrendo fatto di boschi, di oscurita, di forme sinuose appena intraviste, di fiamme, di un terrore che non lasciava tregua.

Corsero verso il rifugio di Karst, ed i Guerrieri del Buio li inseguirono…

CAPITOLO SETTIMO

Era un gioco maledetto quello che continuava a condurre Alwir…

Rudy inciampo e cadde pesantemente a terra tra i pilastri che formavano l’arcata della scala d’entrata alla villa, e chiuse gli occhi.

Si sentiva in preda ad un vortice di sensazioni: la luce selvaggia delle torce, le urla che giungevano fino a lui come lance che gli trafiggevano la testa, e poi vertigine, ed affanno per la corsa…

Che la ricchezza vinca su ogni cosa e trasformi Karst nella Capitale del nuovo Regno prima che sprofondi nel nulla… Ingold, qualsiasi cosa abbiano fatto di lui, aveva ragione!

Il ragazzo apri di nuovo gli occhi, e la luminosita della sala gli trafisse la vista ed il cervello come una lama: sembrava di essere nella sala d’attesa del Giorno del Giudizio.

L’intero ambiente e l’entrata, su ambedue i lati dell’arco scanalato, erano zeppi di gente, profughi dei boschi e della piazza che avevano cercato riparo quando le linee difensive intorno alla citta avevano ceduto.

Molti piangevano, altri pregavano, ed altri ancora lanciavano maledizioni con voce stridula; si accalcavano

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