stesso si sentiva bene, in pace.

Manovrava con estrema sicurezza e l’aeroplano sembrava scendere da solo. Una leggera pressione sulla cloche e lo Skyhawk si ritrovo in traiettoria di avvicinamento. La mente di Bishop era sgombra, assorta nel suo compito. Diede un’ultima occhiata al tramonto, alle colline e agli alberi che parevano alzarsi a coprirlo mentre l’aereo scendeva leggero. Poi la pista fu davanti a lui; l’aereo vi si adagio senza neanche un rumore, senza il minimo sobbalzo. Mentre l’apparecchio rullava Bishop trasse un profondo respiro, come se si stesse risvegliando in quel momento.

Fu in quell’istante che vide Chris in compagnia di Hirschorn, l’uomo che lui chiamava «baffi grigi».

Erano nel posteggio delle auto, dietro l’angolo dell’hangar. Bishop, ora vigile e all’erta, non li perse di vista mentre guidava l’aereo verso la rimessa. Hirschorn era un uomo robusto e distinto, sulla sessantina; il viso era quello di un seduttore, abbronzato e dai lineamenti marcati, incorniciato da capelli color argento e dai baffi grigi, leggermente piu scuri. Indossava una giacca sportiva bianca, una polo con i bottoni slacciati e pantaloni grigi; il tutto asciutto e pulito, nonostante la temperatura elevata. Chris era imponente al confronto, con i muscoli che gonfiavano la maglietta sudata. Ma il modo in cui teneva le mani infilate nella cintura, la posa curva e imbronciata lo facevano assomigliare a un bambino che stesse subendo un rimprovero.

Hirschorn agitava il dito davanti a lui, senza permettergli di distogliere lo sguardo. Sembrava parlare in modo pacato ma continuo, e non pareva intenzione di Chris interromperlo. Quando fu piu vicino, Bishop noto che Chris era visibilmente a disagio e che, anche se cercava di mantenersi freddo, mal sopportava quella specie di interrogatorio.

Porto l’aereo dietro all’hangar, dove non potevano vederlo, e mentre fissava le ali al suolo cerco di sentire le parole di Hirschorn, senza pero riuscirci. Si affretto a concludere l’operazione ed entro nell’hangar.

Era tardi e gli impiegati erano andati via; l’unico rimasto era Ray, che era il responsabile e il padrone, almeno per il cinquanta per cento. Sembrava lavorare su un Bonanza, ma in realta era immobile di fianco all’apparecchio e osservava Hirschorn minacciare Chris. Gli occhi erano spalancati, la fronte aggrottata e imperlata di sudore.

Bishop lo supero senza dire una parola e Ray quasi salto dallo spavento.

«Bishop», sibilo.

Sentendosi chiamare con il suo vero nome, l’uomo si irrigidi. «Chiudi quella boccaccia di merda.»

«Mi dispiace, volevo dire, Kennedy…» biascico Ray.

«Ti ho detto di tacere; e smettila di balbettare», replico Bishop, senza fermarsi.

Ray cerco di raggiungerlo con la voce appena piu alta di un sussurro. «Sono la da dieci minuti. Non sono riuscito a sentire che cosa si dicono, ma sembra che Hirschorn stia leggendo a Chris la sua condanna a morte.»

Bishop avrebbe voluto fare altrettanto con Ray, o meglio ancora metterlo al tappeto, dargli una lezione. Ma Ray era il cliente e non gli restava altro da fare che continuare a camminare per attraversare l’hangar e uscire dall’altra parte.

Il posteggio per le auto era un piccolo spazio quadrato in cui l’asfalto originario si era ormai ridotto in gran parte a ghiaia. La Mercedes di Hirschorn era parcheggiata sull’unico pezzo intatto vicino alla strada, non lontano dalla moto di Bishop. C’era un uomo appoggiato alla vettura, probabilmente una guardia del corpo, un delinquente fatto e finito, muscoloso e robusto, con le braccia simili a quelle di un gorilla, il viso spigoloso e capelli neri a spazzola. Era vestito come Hirschorn, solo con molte taglie in piu, e fumava una sigaretta guardandosi le scarpe.

Bishop si avvio con apparente disinvoltura verso la moto, apri una delle borse e vi ripose la sacca da volo. Il gorilla lo osservo, ma solo perche doveva vigilare. Bishop si muoveva lentamente, soffermando lo sguardo sul sole e poi sul cielo, come per valutare l’intensita della calura. Prese una sigaretta e fece finta di perlustrare le tasche alla ricerca di un cerino.

Questo gli diede lo spunto per avvicinarsi alla vettura. «Hai da accendere?»

Il gorilla estrasse un costoso accendino e lo fece scattare. Bishop si abbasso verso la fiamma.

«Bella moto», disse l’uomo.

«E un po’ ingombrante, ma veloce», replico Bishop, espirando il fumo della sigaretta. Si volto verso Hirschorn, che stava ancora puntando il dito sul petto di Chris. «Sembra che abbiamo un cliente insoddisfatto», osservo.

Il gorilla si strinse nelle spalle e si limito a sorridere.

«E il tuo capo?» gli chiese Bishop.

«Si, sono il suo autista.»

Bishop strinse gli occhi, sempre guardando in direzione dei due. «Ehi, ma quello e, come si chiama… Hirschorn, il padrone di questa baracca insieme a Ray.»

Il gorilla continuo a sorridere.

«Merda», aggiunse Bishop. «Scommetto che Chris e di nuovo nei guai. Che cosa ha fatto?»

«Io sono solo un autista», replico il gigante.

«Certo, certo. Povero Chris. Ora che me lo hai detto, mi sembra di ricordare che avesse degli affari con Hirschorn.»

«Io non ti ho detto niente.»

«No? Forse l’ho sentito dire da qualche parte.»

«Probabilmente e cosi.»

Bishop aspiro una boccata di fumo e resto in attesa.

«Ti ricordi dove?» chiese il gorilla.

«Dove, cosa?» replico Bishop.

«Dove hai sentito quello che mi hai detto? Ti ricordi?»

«Oh, non saprei. Probabilmente al Clover Leaf, da uno dei piloti che lo frequentano. Chris e un tipo cosi, no? Diventa loquace quando beve. Le voci girano.»

«Gia, Chris e un tipo cosi. E che cosa diceva?»

«Niente di particolare, che io abbia sentito. Si vantava. Sai, un grosso affare fra lui e Hirschorn, un servizio pagato molto bene. Questo genere di cose.»

«Certo.»

«Pensi che sia questo il guaio? Il fatto che Chris chiacchiera troppo?» Il gorilla non rispose e Bishop penso di essersi spinto fin dove poteva arrivare. «Be’, grazie per il fuoco», disse prima di andarsene.

Quando Bishop raggiunse la moto, Hirschorn aveva finalmente finito e stava tornando verso la Mercedes. Il povero Chris era rimasto da qualche parte dietro all’hangar come un cane bastonato.

Mentre si accingeva a partire, vide il gorilla affrettarsi ad aprire lo sportello al suo capo. A quel punto esclamo: «Salve, signor Hirschorn».

L’uomo rimase con un piede nella macchina e uno sull’asfalto, mentre cercava di capire chi lo salutava.

«Se ha bisogno di un pilota che regga l’alcol e tenga la bocca chiusa, il suo nome e Frank Kennedy», disse.

Hirschorn fece un gran sorriso, che spiccava chiaro sul viso abbronzato. Il suo sguardo dalle palpebre socchiuse sembrava poter capire tutto di un uomo.

«Grazie comunque», ribatte. «Io e Chris lavoriamo insieme da una vita.»

Bishop annui e Hirschorn si abbasso per salire in macchina. La portiera si chiuse e il gorilla prese posto alla guida.

Mentre Bishop inseriva la chiave per accendere la moto, senti il finestrino della Mercedes abbassarsi dietro di lui.

«Ehi, Kennedy.»

Bishop si volto e nel vano aperto vide l’uomo dai baffi grigi che gli chiedeva: «Per quali apparecchi sei abilitato?»

«Per qualsiasi dannata macchina che stia in aria», ribatte Bishop. «Nell’esercito portavo anche gli elicotteri.»

Hirschorn si produsse di nuovo nel suo sorriso smagliante. «Bene, buona serata», disse.

Bishop monto in sella, osservando la Mercedes che attraversava il posteggio e si allontanava lungo la

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