dall’emozione.
«Mio Dio!» esclamo Casey. «Che cosa ho fatto. Dimenticati quello che ho detto, ti stavo prendendo in giro. Certo che si e buttata, e ovvio, ne sono sicura. Non imbarcarti in una ricerca inutile, finirai per farti del male, credimi.»
Weiss prese la foto e la infilo — quasi con tenerezza — in tasca. «Posso prendere il video?» chiese.
«Si, se mi prometti di non farti del male.»
Weiss lo prese e mise anche quello in tasca. Casey lo osservava, ridendo con gli occhi, forse con un pizzico di gelosia.
«Grazie, Casey.»
«Vivo per servirti, tesoro, lo sai bene.»
Weiss sorrise e si diresse alla porta.
«Weiss.» Lui si fermo con la mano sulla maniglia, voltandosi a guardarla. «Sai», disse Casey con voce piu comprensiva che mai, «ci sono tante ragazze che cadono dai ponti. Cosi va il mondo. Con ogni probabilita, e morta.»
22
Avevo lavorato fino a tardi quella sera e pensavo di essere rimasto solo in ufficio. Ma mentre mi mettevo lo zaino in spalla preparandomi ad andarmene, mi accorsi che la porta dell’ufficio di Weiss era socchiusa. Dallo spiraglio filtrava una fioca luce. Mi avvicinai per accertarmi che non se ne fosse andato dimenticandola accesa, e invece lo trovai la, seduto nella penombra, che si dondolava sulla sua grande poltrona, con un bicchiere del suo amato whisky in mano. Il computer era acceso, ma io riuscivo a vedere solo la luce che proveniva dallo schermo proiettata sul suo viso, sul tappeto, nell’aria. Era proprio quella luce che avevo intravisto dal corridoio.
L’osservai con circospezione ma, per una qualche ragione, non me la sentii di dir nulla. Qualcosa sul suo volto lasciava intendere che era meglio svignarsela, lasciarlo solo con cio che stava guardando. C’era qualcosa di indefinitamente triste e vago nei suoi occhi. Ma mentre indietreggiavo dalla soglia lui percepi il movimento, credo. Alzo lo sguardo e mi vide. Con un cenno della mano mi invito a entrare.
«Accendi la luce», disse, e io obbedii. Weiss si stropiccio gli occhi. «Siediti.»
Lasciai cadere lo zaino e mi sprofondai in una delle poltrone riservate ai clienti, vicino all’angolo della scrivania. Non vedevo ancora lo schermo.
«Qualcosa da bere?»
Si piego per aprire un cassetto e ne estrasse una bottiglia di quelle buone, di Macallan, insieme a un secondo bicchiere. Verso da bere a tutti e due.
«Whisky nel cassetto», osservai. «Come un detective da romanzo.»
Facemmo tintinnare i bicchieri in un brindisi. «Potrai metterlo nel tuo libro, quando scriverai di me», disse e poi bevemmo. Con un gesto apparentemente distratto, Weiss giro lo schermo verso di me. «Che cosa ne pensi di questo?»
Era il video che Casey gli aveva passato quel giorno. Una pubblicita su Internet per un servizio di accompagnatrici. Si trattava di uno spot di dieci secondi ripetuto all’infinito.
«Che cosa devo guardare esattamente?» chiesi.
«La donna», disse Weiss come se fosse ovvio. «Che cosa ne pensi di lei?»
Sullo schermo, protesa leggermente in avanti, la ragazza compiva un gesto invitante con il dito, il solito cliche. Era ripresa dalla vita in su e indossava una specie di camicetta di pizzo dal colletto alto, al tempo stesso pudibonda e sensuale. Secondo Weiss avrei dovuto notare qualcosa in lei, percio mi concentrai. Certo era una bella ragazza, con quei capelli dal colore particolare, la carnagione bianca e rosa, gli occhi incredibilmente azzurri, senza malizia. Aveva anche un’espressione interessante, non come quella delle solite ragazze: niente ovvieta, nessuna sensualita forzata o pose esagerate. Eterea era l’aggettivo giusto, una creatura non terrena. Non sembrava che ti stesse proponendo un incontro a sfondo sessuale, ma piuttosto una fuga sulle nuvole, un viaggio in un mondo fatato.
Non era il mio tipo, a dirla tutta, forse un po’ troppo romantica, all’antica. Stavo per fare uno stupido commento sarcastico, quando, girandomi, vidi come Weiss la guardava, riconobbi l’abbandono, il languore e il desiderio. Ricacciai in gola le mie osservazioni.
«Che cosa si sa di lei?» dissi.
Weiss sussulto al suono della mia voce. Si riprese e spense il video. «Si chiama Julie Wyant… ed e scomparsa.»
Avevo sentito parlare della ragazza nei corridoi dell’Agenzia, ma per quel che ne sapevo si era suicidata. Come mai ora Weiss mi parlava di una scomparsa?
«La polizia pensa che si sia buttata dal Golden Gate», prosegui.
«Ma lei no, vero?»
Alzo le spalle. «Non so che cosa pensare. Probabilmente hanno ragione, ma e difficile stabilirlo con assoluta certezza, perche il corpo non e stato ritrovato. Nessuno sa chi fosse realmente e da dove venisse.»
«Ha fatto anche lei delle ricerche?»
«Si, ma non si trova niente. Nessun documento, nessun passato, probabilmente il suo era un nome di copertura. Non ci sono piste. Ho parlato con delle ragazze che lavoravano con lei e con un paio di altre persone: tutti la descrivono come un tipo particolare, sempre distratta, preoccupata, come se la sua mente fosse altrove. Non ha comunque mai parlato di se stessa.»
«La ragazza del mistero!» dissi.
Come risposta ottenni solo un lungo silenzio. Weiss — altrettanto distratto, preoccupato e con la mente altrove — teneva il bicchiere davanti a se e ne osservava il contenuto in modo assente, mentre con l’altra mano tamburellava sulla scrivania.
«Aveva un motivo per uccidersi?» chiesi.
Passarono ancora dei secondi, poi Weiss mi guardo e disse: «La paura, penso che avesse paura di qualcuno».
«Paura…?»
Scosse la testa per esprimere tutti i suoi dubbi, poi pero aggiunse: «Be’, c’e quel tizio che chiamano Shadowman…» e trangugio il suo scotch.
A questo punto devo dire che, nella mia posizione di aspirante scrittore, non mi sentivo solo un tuttofare dell’Agenzia. Mi piaceva pensare a me stesso come a uno che si informava, che, senza farsi notare, ascoltava e osservava. Avevo quindi gia sentito parlare di questo uomo ombra, di questo Shadowman. Il suo nome veniva sempre scandito lentamente, in modo melodrammatico e misterioso. Mi era parso di capire che fosse legato a un qualche vecchio caso di cui Weiss si era occupato quando era ancora nella polizia. Piu precisamente, sembrava che la ragione per cui Weiss aveva deciso di licenziarsi fosse connessa con quegli avvenimenti. Non avevo mai avuto il fegato di chiederlo a lui direttamente. Ero giovane e, per dirla tutta, l’esperienza e la serieta di Weiss mi mettevano in soggezione. Quella sera pero era stato lui a parlarne e, apparentemente, mi aveva fatto entrare per chiarire a se stesso, chiacchierando con me, alcuni dubbi che lo tormentavano.
Cosi mi feci coraggio e con un tono per quanto possibile disinvolto gli chiesi: «E chi mai sarebbe questo Shadowman?»
Weiss si appoggio allo schienale e si spinse indietro. «Be’», disse, «dipende dalla persona a cui lo chiedi.» Fece un gesto nell’aria per esprimere la vasta gamma di risposte. «Secondo i poliziotti — quanto meno la maggior parte di loro — e una montatura. Non una persona reale, ma l’insieme di tanti pezzi montati ad arte da un giornalista. Insomma, un’invenzione della fantasia.»
Annuii sorseggiando lo scotch e pensando. «Come il tipo che avrebbe ucciso Wally Spender?»
Weiss alzo e abbasso il mento, il che in genere significava che stava per scoppiare a ridere. Pensai che, almeno, ero riuscito a divertirlo. «Proprio cosi, come quel tipo che ha ucciso Spender, solo che questo… ti ricordi quel caso, il massacro di South Bay?»
Non me ne ricordavo, in parte perche quando era accaduto ero ancora sulla costa orientale e in parte perche a quel tempo ero un bambino. Ma in Agenzia ne avevo sentito parlare, piu che altro sotto forma di