«Weiss. Weiss!» riprese Ketchum.

Weiss grugni. «Si.»

«Non posso dir loro che sta arrivando un elicottero a bombardarli. Non posso andare a raccontare che quel tizio uscira dalla cella, cosa impossibile, e andra da un certo Pomeroy a torturarlo, altra cosa impossibile, per poi dare l’assalto al carcere con un elicottero da guerra. Questo non lo posso fare.»

Weiss si inumidi le labbra secche e cerco di deglutire. «No», mormoro rauco.

Dopo una pausa, Ketchum chiese: «Quand’e che dovrebbe attaccare, questo elicottero?»

Weiss fece una risata silenziosa e amarissima. Se Bishop era disperso nella foresta, non era possibile che il palmare avesse inviato il messaggio da terra. E se Bishop fosse stato sul velivolo, avrebbe chiamato la polizia via radio. Weiss capi anche quello. Aveva lasciato il computer sull’elicottero e, non appena quello era decollato…

«E gia in volo», disse.

«Che cosa?» urlo Ketchum.

Ma Weiss, come in sogno, aveva lentamente riattaccato il telefono. Troppo tardi, era arrivato troppo tardi. Tutto quello che aveva scoperto era stato inutile.

Resto seduto fissando il vuoto, sconfitto.

63

Quanto a Chris, questo era il suo momento. Il passato era scivolato via e lui si sentiva di nuovo in sella. La luna lo accompagnava in quel volo e il suo potere della cloche che stava manovrando si estendeva su tutto l’orizzonte. I rotori, il battito delle pale, l’immagine familiare del mondo verde sotto di loro nel monocolo di inquadramento bersaglio del casco… Tutto era come aveva sempre voluto. Lui avrebbe dovuto essere un pilotai dell’esercito e li, in quel cielo, si sentiva tale.

Seduto al posto di controllo delle mitragliatrici, davanti a lui, un po’ piu in basso, c’era Hirschorn. Chris vedeva i suoi lineamenti delicati riflessi nel parabrezza. In cuffia sentiva la sua voce, che ogni tanto gli dava un’indicazione nuova, e tutte le volte che lo guardava sentiva un’ondata di devozione salirgli in petto.

Gli era veramente grato di averlo reintegrato nell’operazione. Solo poche ore prima stavano per sparargli. Solo quarantacinque minuti prima era in ginocchio mentre Hirschorn lo schiaffeggiava, mentre ordinava di portare via sua moglie.

Da quando era stato cacciato dall’esercito, le cose erano andate male. Ma ora, grazie a quell’uomo, aveva un’altra possibilita. Era lui il pilota. Sarebbe morto per il suo capo. Lo amava.

L’Apache sorvolo le cime degli alberi a una velocita opportuna per l’oscurita, circa settantacinque nodi. Chris osservava il paesaggio monotono sul GPS.

«Dovremmo essere a circa trentacinque miglia a nord-est», disse Hirschorn.

Chris annui. «Roger.»

Erano a mezz’ora dal bersaglio.

64

Nel carcere, nessuno sospettava niente. Nessun allarme era scattato quando l’uomo chiamato Ben Fry aveva fatto saltare la porta. Non esisteva un allarme per questo evento, perche non era ritenuto possibile. Ci fu solo una luce rossa che si illumino in una delle cabine di controllo per segnalare che una porta era aperta. Sfortunatamente, in quel momento nessuno stava guardando.

L’agente di turno, Mike O’Brien, aveva un volto amichevole, capelli rossi, penetranti occhi irlandesi. Era basso e muscoloso, con un po’ di pancetta. Aveva trentaquattro anni.

Era entrato nelle guardie carcerarie dopo essersi congedato dall’esercito. In un primo tempo non aveva avuto problemi a passare da un’occupazione all’altra, ma poi si era sposato e aveva cercato un posto fisso. Il lavoro di secondino si era rivelato adatto allo scopo. Certo non era il piu bello al mondo, ma era sicuro e regolare. I turni rendevano possibile programmare la propria vita e passare del tempo con la moglie e la figlia, cosa che per lui era la piu importante. Sua moglie Maura era un’esile donna che guidava la vita del marito con polso fermo. Caitlin, la bambina, aveva due anni ed era adorata dai genitori.

Quando la luce di segnalazione si era accesa, Mike stava tenendo d’occhio i monitor e pensando a un locale di nome McGill. Era il locale frequentato dalle guardie carcerarie sposate, al contrario di Blinky Mae, dove i suoi colleghi scapoli andavano in cerca di avventura. Da McGill c’era una bella sala con tavolini per cenare, il biliardo e dei videogiochi per distrarsi. C’era anche il karaoke, che piaceva tanto a Mike. A volte anche lui, quando l’atmosfera si scaldava un po’, si lasciava convincere a cantare. Aveva una bella voce tenorile e, nonostante la sua predilezione per le vecchie ballate irlandesi che gli aveva insegnato il padre, al bisogno diventava bravissimo nel rock-blues. Con due birre in corpo e un paio di voci femminili ai cori, era pronto per dare il meglio di se. Alcuni suoi colleghi di colore lo prendevano in giro. «A vederti sei un pallido bastardo irlandese», dicevano, «ma dentro sei un vero fratello.» Mike adorava tutto cio.

Dunque stava pensando a McGill, stava controllando i monitor e sorrideva tra se, intonando le prime battute di Danny Boy. Quando la luce rossa si accese, lui non la vide. Poi, con un’esplosione quasi silenziosa, la porta a sbarre del corridoio B salto.

L’uomo chiamato Ben Fry, tenendo d’occhio Mike, aveva atteso, addossato al muro, il momento opportuno per sgattaiolare lungo il corridoio. Aveva poi applicato i suoi composti chimici sulla porta a sbarre e aspettato in un punto buio che facessero il loro effetto.

Mike non udi il sibilo delle sostanze che si combinavano, ne la porta che si apriva. Ma quando essa si richiuse, ne percepi il movimento con la coda dell’occhio. Butto uno sguardo oltre la finestra della cabina di controllo. La porta era chiusa e nel corridoio, oltre le sbarre, non c’era nessuno. (L’uomo chiamato Ben Fry a questo punto era gia contro la parete della cabina, al di sotto del vetro e quindi invisibile a Mike.) Mike non noto niente di anomalo.

Si volto di nuovo e fu allora che, finalmente, si accorse della lucina rossa. La porta di una cella risultava aperta e… ora anche quella del corridoio B.

Che cosa stava succedendo? Mike socchiuse gli occhi azzurri nel guardare le due luci rosse, e penso a un contatto. Non poteva essere altro. Senti il cuore saltare un battito, all’idea di essere stato lui a toccare qualcosa e aprire le porte. Ma, ripensandoci, capi che non era possibile. Doveva essere un contatto.

Guardo di nuovo la porta del corridoio B. Aveva l’aspetto di sempre. E come poteva essere diversamente?

Poi un dubbio si fece spaventosamente strada dentro di lui e Mike guardo meglio. Non era possibile che la porta fosse solo socchiusa, vero? Eppure a Mike sembrava quasi che fosse cosi.

Mike guardo di nuovo le spie rosse e poi la porta del corridoio, al di la dello spesso vetro antiproiettile.

Poi fu la porta della stessa cabina di controllo ad aprirsi violentemente verso l’esterno. Sorpreso, o piuttosto sbalordito, Mike si giro in fretta sulla sedia. Persino in quel momento non riusciva a capire che cosa stesse succedendo. In piedi davanti a lui c’era il detenuto noto come Ben Fry.

Mike non penso, ma si slancio verso il pulsante delle emergenze, allungando il braccio per schiacciare il disco rosso che avrebbe fatto suonare l’allarme. Ma era troppo tardi. L’uomo chiamato Ben Fry gli fu addosso in un attimo, troppo velocemente perche Mike potesse reagire. Come da lontano, lo vide afferrargli la mano, scostarla dal pulsante e spezzargli il polso. Non ebbe neanche il tempo di sentire il dolore. Non riusci neppure a urlare, vide solo il volto senza espressione di quell’uomo, gli occhi opachi di chi sta solo svolgendo un lavoro. Poi Mike mori.

L’uomo chiamato Ben Fry deposito il cadavere della guardia sul pavimento e si acquatto, per non essere visto. Spoglio velocemente il corpo e si tolse di dosso la casacca e i pantaloni da detenuto. Gli indumenti di Mike erano un po’ larghi, ma non tanto da costituire un problema. Basto stringere bene la cintura per tenere a posto i pantaloni.

Poi, l’uomo chiamato Ben Fry si chino sulla testa di Mike. I Lineamenti cordiali della guardia irlandese erano

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