meglio di quanto non abbiate fatto finora. Oggi non sapreste neanche dirci cos’e che rende umano un essere.

«Quello che vedete davanti a voi,» William allargo le braccia e si guardo il corpo, «secondo i vostri standard sarebbe considerato un essere umano. Questo corpo e infatti geneticamente umano. Pero io sono solo un suo occupante temporaneo, nello stesso modo in cui molti individui fra voi adesso vivono in corpi clonati e vivranno in altri corpi durante la vostra vita.»

L’immagine cambio di nuovo. Lilo vide il Gran Concorso a King City, sulla Luna, un luogo che aveva visitato molte volte. Le persone camminavano davanti alle macchine da presa pensando ai fatti loro.

«Adesso viene la botta,» sussurro Javelin. «Tieni stretta la carta di credito e le otturazioni d’oro.» Aveva le narici dilatate e gli occhi lucidi. Fiutava una proposta d’affari, e bastava a renderla felice.

«Noi chiamiamo noi stessi i Mercanti. Sapete cos’e che diamo. Sono secoli che ne ricevete. Nessuno ha mai pensato di chiederci se volessimo qualcosa in cambio. Vogliamo qualcosa, qualcosa di molto semplice e molto difficile da spiegare.

«Vogliamo la vostra cultura.»

23

Come potrei descrivere i dieci anni trascorsi su quella che un tempo era la costa orientale degli Stati Uniti d’America? Cosa mi rendesse cosi sicura di essere sul continente americano fu per me a lungo fonte di notevole stupore. Dopo la morte di Makel vagai per diversi giorni in stato confusionale. Credo che mi ci sia voluto quasi un, mese prima di avere il coraggio di pormi le domande che mi avrebbero poi tormentato per dieci anni. Possono essere riassunte dalla frase: cos’era successo?

Un momento stavo cadendo attraverso l’atmosfera di Giove e un momento dopo ero fra le onde dell’Atlantico. E sapevo che era l’Atlantico.

Ma non era esatto. Un evento non aveva fatto seguito all’altro, si erano piuttosto fusi insieme. Ricordo con certezza che ero seduta fra le piante, tremante, prima di essere nell’acqua. Ricordo anche di essere uscita dall’acqua prima di ricordare di esserci entrata.

Tutta l’esperienza aveva un carattere cosi soggettivo che dubitai fin da principio di riuscire a trovare delle spiegazioni soddisfacenti. Cio pero non mi impedi di pensare. Le conclusioni a cui giunsi furono cosi vaghe da risultare probabilmente prive di valore. Tuttavia mi soddisfacevano, allo stesso modo che non avevo dubbi su dove fossi.

Ero caduta dentro un Invasore, o dentro un Gioviano. Per motivi suoi, l’Invasore mi aveva spostato da un’altra parte. Forse nei confusi secondi, minuti, ore o secoli durante i quali era avvenuta la transizione, mi era stato detto qualcosa. O forse un livello della mia mente era riuscito a vedere come e dove venivo trasportata.

Perche? Perche un Invasore si era interessato a me tanto da fare quello che aveva fatto? Era stato un caso? Non lo sapevo, ma avevo la tenace sensazione di essere stata spostata nel tempo e nello spazio per qualche motivo che in seguito mi sarebbe stato chiaro. Nel frattempo dovevo affrontare il duro compito di sopravvivere.

Ebbi centinaia di avventure? In un certo senso ogni giorno era un’avventura. Ma scoprii che e molto piu piacevole leggere le avventure che viverle. Al mattino non sapevo mai se sarei riuscita a vedere il tramonto.

Eppure, con tutte le difficolta, con tutti i rischi, la mia e soprattutto una storia di peregrinazioni, di faticose avanzate fra i boschi, le paludi e le spiagge dell’Atlantico.

Mi dirigevo sempre a sud. Non conoscevo la geografia bene quanto avrei potuto, ma sapevo che sarebbe stato piu caldo quanto piu a sud fossi andata. Dopo il primo inverno ebbi l’impellente desiderio di stare al caldo. Il mio metodo consisteva nello scegliere un luogo dove le foglie cominciavano a cambiare colore. Poi o costruivo una capanna di fango e rami Tweed, il tuo addestramento e stato utile! — oppure trovavo un gruppo di indigeni e restavo con loro fino allo sciogliersi delle nevi.

Imparai a fare molte cose: come costruire una canoa per attraversare i fiumi, come costruire e usare arco e frecce, come disporre trappole e trovare prede. Nei giorni buoni riuscivo a percorrere tre chilometri.

Le mie dimensioni mi aiutavano molto in tutto cio che facevo. La gente che incontravo provava uno stupore religioso nel vedermi. Non ho mai trovato nessuno che mi arrivasse anche solo alle spalle.

Agli inizi fu complicato imparare ad andare d’accordo con loro, scoprire un modo per entrare nei loro accampamenti presentandomi come una specie di dea itinerante. Ma sebbene parlassero mille dialetti, erano tutti basati sull’inglese. Riuscivamo a comunicare, quindi. Racconti su Diana, la grande cacciatrice argentea con le gambe di cavallo, si snodarono davanti a me. I villaggi mi venivano incontro per augurarmi il benvenuto e per vedermi mutare per qualche secondo in un’apparizione, allorche mettevo in funzione il campo nullo. Eccitati e spaventati, toccavano il fiore metallico che avevo sopra il petto. Diventai la principessa guerriera delle leggende, la Sposa di Frankenstein dal corpo di metallo, la Diana Cacciatrice.

Ai loro occhi ero inferiore solo a una cosa. Al Delfino. Tutti i luoghi sacri di tutti i villaggi avevano una statua in legno di un grande pesce con le pinne della coda orizzontali e lo sfiatatoio.

Erano alcune settimane che si dirigeva verso nord. Gia altre volte, nel suo lungo cammino, era andata a nord, ma era sempre stato per risalire un fiume alla ricerca di un guado. Una volta attraversato il fiume, ricominciava a scendere verso sud.

Apparentemente questa volta sarebbe stato diverso. A ovest non era riuscita a vedere nessuna terra e il colore dell’oceano sembrava diverso, piu verde che blu. Il terreno era paludoso e lei compiva la maggior parte del viaggio su una canoa, spingendosi con un lungo bastone. Grossi rettili oziavano nel fango o le nuotavano pigramente accanto, pero non aveva paura di loro.

Erano due anni che non vedeva la neve. Gli inverni erano miti, se addirittura si poteva dire che li ci fosse un inverno. Aveva continuato ad avanzare per forza di abitudine e perche non sapeva decidere cosa fare della propria vita. Gli Invasori non l’avevano chiamata, non c’era stato nessun segno che le avesse rivelato perche era li. Ma fermarsi avrebbe significato diventare parte di una tribu. Anche come dea, non credeva che sarebbe riuscita a sopportarlo.

Aveva fatto tutto il possibile, insegnando alle persone che aveva incontrato le nozioni che potevano essere loro utili. Ignorava se avessero continuato a prestar fede a cio che lei aveva detto anche dopo che se ne era andata. E poi, non era nemmeno sicura che ne avrebbero tratto un vantaggio. Forse le soluzioni che avevano escogitato per venire a patti col proprio ambiente, per loro erano le migliori. Ma per lei, no. Le loro vite erano brevi, piene di dolori e di sofferenze. La sola cosa buona che possedessero era il senso della comunita, la sicurezza di essere circondati da amici, e sapeva che questo non l’avrebbe mai potuto condividere. Era diversa, e non poteva venire accettata in una tribu se non come una donna separata dagli altri.

Lilo non era piu la donna che era stata un tempo. La sua pelle era marrone e indurita, i capelli erano stati scoloriti dal sole e dall’acqua salata. Non aveva specchi, ma sapeva di avere delle rughe fuori moda sulla fronte, intorno agli occhi e alla bocca. Dieci anni l’avevano fatta invecchiare da un clone dall’eta di decantazione standard di diciannove anni apparenti a una donna di quaranta. Aveva una cicatrice bianca e raggrinzita che le andava dalla tempia destra alla mascella e un’altra sulla coscia sinistra. Le palme delle mani e le piante dei piedi erano indurite dai calli e i peli sui polpacci non erano piu lisci e rigogliosi come un tempo.

Alla fine della quarta settimana di cammino verso nord, Lilo giunse alla conclusione di essere ormai alla fine della lunga penisola sudorientale del continente. I nativi la chiamavano Florda.

Decise di porre termine al proprio viaggio. Non c’era motivo di continuare lungo la costa del golfo, intorno alla curva del Messico, verso il Sudamerica. Ma non aveva il coraggio di fermarsi. Giro la barca e si spinse su per i calmi canali, tornando verso l’Atlantico.

Quando l’acqua torno di nuovo azzurra, scelse un luogo vicino alle vecchie rovine di Miami e si costrui una capanna. Per la prima volta comincio a coltivare un pezzo di terra (i semi glieli avevano dati gli indigeni), a fare

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