all’entrata. Si e inchinato educatamente mentre mi avvicinavo ma, mentre lo sorpassavo, ho udito un borbottio sommesso sul fatto che doveva trascurare il necessario lavoro nei campi in favore del voievod, del Principe. Lavorava con una lentezza che mi dispiacque, alla luce della generosita di Vlad.

Pensare che il feudalesimo sia ancora vivo, oggigiorno e in questo secolo…! Chiaramente Vlad raccoglie solo una frazione di cio a cui ha diritto. Non e questo il modo di arricchirsi; sarebbe piu remunerativo liberare i servi dai loro obblighi e assumerli nuovamente come lavoranti a un salario piu basso e piu ragionevole, intascando noi stessi i profitti che si hanno dalla vendita dei raccolti. La sua stravagante bonta, temo, porta i servi a sfruttarlo.

Tuttavia non e questo che mi turba tanto quanto la nozione stessa di feudalesimo, che suggerisce come Vlad “possieda” completamente i contadini e le loro case. Nessun uomo ha il diritto di controllarne un altro in questo modo. Sarebbe molto piu giusto per tutti il sistema di un onesto salario per una giusta giornata lavorativa.

Sono rimasto sorpreso anche dalle alte paghe — molto piu di quanto un domestico qualificato potrebbe ricevere in Inghilterra — pagate ai servi della casa, il che certamente non spiega la loro fredda, ma educata, condotta verso di me. La sotterranea ostilita e sempre li, sebbene non riesca ancora a decidere se essi mi disprezzino o mi temano, oppure entrambe le cose.

Solo Masika Ivanovna ha un buon carattere, e questa e una circostanza fortunata, dato che e stata assegnata come cameriera dell’ala est (dove si trova il mio ufficio) e ovest (dove dimora lo zio). Le altre due cameriere, Ana ed Helga, hanno lo stesso freddo e acido comportamento di Laszlo, nonostante la loro giovinezza.

Tuttavia, comincio a interrogarmi sulla sanita mentale di Masika Ivanovna. C’e una strana aria di disagio in questo castello, dovuta, senza dubbio, al risentimento dei servi e alle strane abitudini dello zio, e io sospetto che decine d’anni di servizio in questo luogo abbiano un qualche effetto sulla mentalita superstiziosa di un contadino.

Dopo essermi presentato ai domestici nell’ala principale ed essermi ritirato nell’ufficio di papa per lavorare per un po’, e apparsa Masika Ivanovna… credevo per eseguire i suoi compiti giornalieri. Con ostentazione, ha spolverato tutti i mobili, poi, a disagio, ha indugiato cosi a lungo che, alla fine, ho interrotto il lavoro per chiedere se avesse qualcosa da dirmi.

Allora si e fermata, e la sua espressione e diventata inquieta, come se stesse lottando per prendere una decisione difficile. Infine, ha abbassato il suo straccio per spolverare, e andata fino alla porta semiaperta, e ha guardato nervosamente lungo il corridoio oscuro, come se si attendesse di vedere qualcuno nascosto nell’ombra. Poi ha ripetuto la sequenza guardando fuori dalla finestra…! Quando si e sentita rassicurata, si e avvicinata talmente che tra i nostri volti non c’era un palmo di distanza e ha bisbigliato:

«Vi devo parlare, signorino! Ma dovete giurare che non rivelerete a nessuno quello che vi diro, o costera la vita a me e a mio figlio!».

«Le vostre vite?», ho chiesto, estremamente sorpreso dal suo strano comportamento. «Di cosa stai parlando?».

Parlai con un tono di voce normale: questo l’allarmo e, con un’espressione angosciata, alzo un dito alle labbra per dirmi di fare silenzio.

«Prima, giurate! Giurate davanti a Dio!».

«Io non credo in Dio», risposi, un po’ freddamente. «Ma ti posso dare la mia parola di uomo d’onore che non diro a nessuno cio che mi rivelerai».

Studio intensamente il mio viso, la fronte aggrottata per l’ansia. Qualunque cosa vi trovo sembro soddisfarla poiche, alla fine, annui e disse con voce bassa:

«Dovete andarvene immediatamente, signorino!».

«Andarmene?», chiesi con indignazione.

«Si! Partite e ritornate in Inghilterra! Oggi, prima che il sole tramonti!».

«Perche mai dovrei volerlo fare?».

Lei non rispose immediatamente, ma sembro incapace di trovare le parole appropriate, e cosi approfittai del suo silenzio per continuare.

«Ad ogni modo, non posso. Mia moglie e a meno di tre mesi dal parto: temo che il recente viaggio l’abbia gia provata».

La decisione che c’era nella mia voce sembro spaventarla, tanto che i suoi occhi si riempirono di lacrime. Sconvolta, cadde in ginocchio davanti alla mia sedia, le mani serrate in un gesto di supplica, come Cristo che pregava nel Getsemani.

«Per favore… per amore di vostro padre, allora! Andatevene presto!».

«Perche?», domandai, afferrandola per il gomito e cercando di farla rialzare in piedi. «Perche devo partire?»

«Perche, se non lo fate, sara troppo tardi, e voi, la vostra famiglia e il bambino sarete in un terribile pericolo. A causa del Patto…».

Non aveva senso; nondimeno, alle sue parole qualcosa si mosse nella mia memoria. Il volto di Masika Ivanovna svani. Di nuovo, vidi attraverso gli occhi di un bambino di cinque anni: guardavo fiducioso mio padre nel momento in cui il coltello scendeva in un luccicante arco d’argento.

Immediatamente, delle invisibili dita d’acciaio mi afferrarono il cranio, offuscando l’immagine. Sollevai una mano alle tempie e pensai: Sto diventando pazzo…

No. No. E semplicemente un attacco di nervi, provocato dalla morte di papa e dalla mia terribile scoperta.

All’entrata vi fu un movimento fulmineo. Alzai lo sguardo rapidamente e vidi Laszlo, il cocchiere, che si toglieva il berretto. Non sono sicuro del tempo che avesse passato li. Non ha un brutto aspetto: sembra un tipico contadino ungherese di mezza eta, dai capelli e dalla carnagione chiara, con dei tratti rotondi, poco marcati, e un naso reso rosso dal bere, ma porta con se un’aria di spiacevolezza, la quintessenza di cio che affligge il castello.

Masika Ivanovna segui il mio sguardo e si volto per vedere chi fosse il nostro visitatore. Non penso che avrebbe potuto essere piu terrorizzata se fosse apparso il Diavolo in persona. Con gli occhi spalancati e tremando, ansimo rumorosamente con fare colpevole e si segno alla sua vista, poi si alzo e corse fuori dalla stanza, dimenticando completamente di congedarsi da me.

Laszlo la guardo andarsene con un lieve e condiscendente sorrisetto, come se comprendesse benissimo la sua reazione e la trovasse del tutto divertente. Poi si rivolse a me, dicendo che era venuto soltanto per presentarsi formalmente e per offrirmi i suoi servigi ogniqualvolta fossero stati necessari. Provai piacere nel dirgli che non lo sarebbero stati, in conseguenza del dono del calesse da parte dello zio.

L’incontro con Masika Ivanovna mi lascio vagamente turbato, ma lo bandii dalla mente e continuai a lavorare senza incidenti fino a sera inoltrata, quando mi incontrai con lo zio. Gli portai degli aggiornamenti su questioni d’affari e lo ringraziai caldamente per aver provveduto alla tomba di papa ma, in seguito, siamo quasi arrivati ad avere un litigio sull’argomento dei rumini, i servi.

Ho insistito con forza affinche abolisse del tutto il sistema feudale e pagasse ai servi un giusto salario, cosa che sarebbe tornata a vantaggio suo e loro. Per essere un uomo tanto intelligente, si e dimostrato sorprendentemente di strette vedute: non ne ha voluto sapere. La generosita verso la famiglia e i domestici era un fatto d’orgoglio e di tradizione… e non c’era niente di piu importante, ha detto, che la tradizione familiare dei Tsepesh.

«Allora, guardiamola da un altro punto di vista», ho replicato, pensando di fare appello a quella stessa generosita. «Il feudalesimo e semplicemente immorale. Tu possiedi le vite dei servi: loro non possono lasciare il villaggio senza il tuo permesso, e devono venire a lavorare al castello secondo il tuo capriccio. Come esseri umani, hanno il diritto di essere i signori di loro stessi, i loro stessi padroni».

«Qui non si tratta di moralita», ha risposto mio zio fermamente, con una traccia di compiacimento per la mia ignoranza. «Si tratta della nostra tradizione familiare e, come tale, non dev’essere mai cambiata. Un giorno, quando sarai piu vecchio e piu saggio, Arkady, lo capirai».

Al sentire cio, temo di aver perduto la calma e di aver assunto un tono piuttosto infervorato.

«La tradizione dei Tsepesh non puo essere mai tanto importante quanto i diritti degli esseri umani!».

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