Fu come se lo avessi colpito in pieno sul viso. Una fredda furia da lupo si risveglio nei suoi occhi, che per un fuggevole istante mandarono bagliori rossi per la luce riflessa del fuoco che proveniva dal camino dello studio. Fece verso di me un movimento veloce, animalesco, che immediatamente soppresse; nondimeno, io ritornai all’istante il bambino in preda al panico, spaventato, che si faceva piccolo, indifeso, mentre Shepherd saltava.
Poi battei le palpebre e vidi che i suoi occhi erano semplicemente freddi ma del tutto calmi, che sedeva completamente immobile nella sua sedia e non si era mai mosso. La mia mente mi sussurro:
«Non devi parlare cosi di noi Tsepesh», disse a voce bassa. «Alle volte, assomigli troppo a tua madre; era troppo caparbia, troppo irrispettosa delle nostre abitudini. Temo che tu abbia ereditato qualcosa di piu che i suoi occhi».
Forse aveva ragione; non lo so, poiche non ho mai conosciuto mia madre, ma sono sempre stato ostinato e impaziente, al contrario di papa e Zsuzsanna. Quando sono minacciato, lotto, e cosi, nonostante il dispiacere dello zio e la mia momentanea, sconvolgente visione, non mi arresi.
«Non intendevo essere irrispettoso», dissi. «Io amo la mia famiglia e le sue tradizioni, ma il feudalesimo non e soltanto un costume degli Tsepesh. E, praticamente, schiavitu, ed e immorale».
La sua rabbia diminui, ma la luce nei suoi occhi rimase, assumendo una strana qualita ferina che mi disturbo ancor piu che l’immaginato sfogo di rabbia. Poi sorrise, e le sue rosse labbra carnose si aprirono per mostrare dei denti sorprendentemente forti e intatti.
«Ah, dolce Arkady! Ho camminato cosi a lungo su questa terra, che me ne sono stancato, ma la tua gioventu e la tua innocenza mi fanno sentire giovane di nuovo. Com’e piacevole vedere qualcuno cosi idealista, cosi ingenuo, da essere affascinante. Tuo padre era cosi quando venne da me: pieno di passione e di principi!». La sua espressione divenne improvvisamente severa. «Ma tu arriverai presto a capire l’errore del tuo pensiero, come ha fatto tuo padre e il suo prima di lui».
Cercai di riportare la conversazione sui
Posso essere colpito dalla sua generosita ma, dentro di me, sono rimasto piuttosto sconcertato dalla sua condiscendenza verso mia madre e verso la mia “ingenuita”. Suppongo che l’aristocrazia non abbia migliore difesa che insultare quelli che hanno delle opinioni progressiste ed egalitarie. D’ora in avanti, mi terro le mie opinioni per me — dopotutto, mio zio e piu anziano di me ed e, nientemeno, un Principe — ma quando la proprieta sara nelle mie mani, come dovra senz’altro accadere entro pochi anni, faro in modo che le cose siano condotte diversamente.
Cosi tenni la lingua a freno, e lo zio ed io finimmo il lavoro serale. Arrivai a casa alle nove per trovare che Mary si era gia ritirata. La raggiunsi e trascorsi una notte agitata piena di brutti sogni.
Il giorno seguente, 9 aprile (oggi), e stato molto piu gradevole. Nel pomeriggio, sono ritornato al castello per trovare che Laszlo aveva portato un visitatore: un certo signor Jeffries, il giovanotto inglese che sta facendo il giro delle campagne. Apparentemente, il taverniere di Bistritz e un nostro lontano parente che, d’abitudine, indica ai viaggiatori stranieri il castello come punto di interesse storico, e lo zio fornisce alloggio e ospitalita senza un qualsivoglia compenso. Era compito di papa servire da ambasciatore e guida a questi visitatori, e di intrattenere la corrispondenza con loro.
Non ho potuto fare a meno di pensare come a una stranezza che un uomo, riluttante a mostrarsi ai suoi stessi servitori o a chiunque altro al di fuori della sua famiglia, sia disposto ad aprire la sua casa a dei perfetti sconosciuti. Nello stesso tempo, sono stato contento che il viaggiatore sia arrivato, poiche avevo gia il desiderio di avere notizie dell’Inghilterra; il paese che fino a poco tempo prima avevo considerato la mia casa.
Ho incontrato il signor Jeffries nelle camere degli ospiti nell’ala nord. E un uomo alto, magro, con una folta chioma di capelli chiarissimi, una carnagione lattea che arrossisce con facilita, e un contegno allegro, socievole. E stato molto felice e sollevato nel trovare qualcuno al castello che sapesse parlare inglese, poiche era stato costretto a fare affidamento sul suo zoppicante tedesco per comunicare con Helga. Nessuno degli altri domestici parla inglese o tedesco, e lui era caduto in quell’infelice stato di
Fu deluso di sapere che lo zio non parlava inglese e che io (e papa prima di me) avevamo tradotto tutte le sue lettere, poiche aveva intenzione di fargli un’intervista e sarebbe stato costretto a farla in tedesco. Si rallegro moltissimo quando gli offrii i miei servigi come traduttore.
Sebbene sia un giornalista di professione, viene da una famiglia di commercianti. In apparenza, sono piuttosto benestanti, poiche sfoggia un bell’orologio da tasca d’oro con un intarsio d’argento o di oro bianco, e, al mignolo, porta un anello d’oro con lo stesso motivo. Non ho potuto fare a meno di divertirmi in segreto per quello sfoggio di tali fronzoli familiari da parte di un borghese: qual e la fonte di quell’orgoglio?
Ma, sentitemi! Solo un giorno e passato dalla discussione con lo zio, e gia sembro uno snob aristocratico. Il signor Jeffries potra essere un uomo qualsiasi, nondimeno e molto istruito e intelligente, e ha degli occhi rapidi, mobili, che afferrano tutto, nonche un’incessante curiosita: tutte buone qualita per un giornalista.
Ho trovato la sua compagnia cosi gradevole che l’ho accompagnato in un giro per il castello, sebbene, naturalmente, le stanze private dello zio fossero inaccessibili. Mentre salivamo la scala a chiocciola di pietra, dissi:
«Ho tradotto la lettera che mio zio vi ha spedito da Bistritz; quindi, mi pare che stiate scrivendo una sorta di articolo giornalistico,… vediamo… per il «London Times»? E desiderate intervistare lo zio? Di cosa tratta precisamente l’articolo? Storia transilvanica? Viaggi?».
Al sentire cio, il signor Jeffries si illumino; il suo viso e elastico, meravigliosamente mobile.
«Non precisamente», rispose. «Riguarda piu il folklore del vostro paese. Vostro zio conosce molte cose su delle affascinanti superstizioni…».
«Si», risposi infastidito. «Tutti abbiamo sentito quello che dicono i contadini».
Suppongo vi fosse un accenno di rabbia nella mia voce, poiche il signor Jeffries lo colse immediatamente e il suo tono si addolci.
«Naturalmente, le superstizioni sono tutte molto ridicole. Sono certo che la vostra famiglia le trova seccanti e divertenti allo stesso tempo. Io sono, ovviamente, un uomo razionale, ed e mio intento mostrare queste superstizioni per quello che sono, ossia delle sciocchezze, per far vedere che non c’e alcuna verita dietro di esse. Le lettere di vostro zio lo mostrano come un uomo estremamente gentile e buono».
«Lo e», dissi, sollevato. «Lui e estremamente generoso con la sua famiglia… anche se e un po’ solitario».
«Be’, questo e abbastanza normale. Perche dovrebbe voler andare tra gente che lo crede un mostro?».
Nell’istante in cui Jeffries pronuncio queste parole, seppi immediatamente che aveva una grande capacita di intuizione. Naturale che avesse ragione; cio spiegava perfettamente perche Vlad accettava di vedere la sua famiglia e Laszlo, ma era riluttante a vedere i domestici. L’oscuro senso di incertezza creato dal sinistro avvertimento di Masika Ivanovna e la rigidita di Vlad circa i
Allora mi confidai con lui circa il desiderio dello zio di andare in Inghilterra e, piu ne parlavo con lui e pensavo di liberarmi dall’ambiente tetro e dalle superstizioni dei contadini, piu la prospettiva diventava allettante. Discutemmo di quanto la Transilvania fosse arretrata rispetto al resto del mondo che cambiava. Mi chiese bruscamente se la mia famiglia si sentisse sola li, ed io ammisi che la cittadina stava morendo e che una delle mie piu grandi preoccupazioni era il nostro isolamento.
La conversazione volse poi ad un argomento piu allegro, e parlammo dell’Inghilterra, mentre lo conducevo nel salotto dell’ala sud, dove una grande finestra si affaccia su una vista che incute timore: per alcune migliaia di piedi al di sotto si apre il grande precipizio sul quale sorge il castello, circondato da una vasta estensione di foresta color verde scuro che si allunga fino all’orizzonte.
«Mio Dio!», sussurro Jeffries, guardando tutto attentamente. «Dev’essere profondo un miglio!».
Apparentemente, deve avere un certo timore dell’altezza: tolse, infatti, un fazzoletto dalla tasca del suo gilet e si asciugo la fronte sudata (lo confesso: repressi un sorriso di condiscendenza quando vidi il monogramma di una grande “J” sul fazzoletto).