Uniti e il Messico. Gli Americani sono anche coinvolti in un contenzioso con l’Inghilterra riguardo alla posizione del confine nord-occidentale del Canada. Per finire, sembrano litigiosi e prepotenti, e io sono stata contenta di trovarmi nella tranquilla Transilvania. Il signor Jeffries ci ha fatto ridere con la sua imitazione nasale dell’accento americano; dopo tutta la tensione che Arkady ha provato, so che gli ha fatto bene.

Dopo cena, il signor Jeffries ha ricordato ad Arkady la sua promessa di portarlo a visitare la cappella, e allora ho detto che anch’io volevo andare, poiche non l’avevo ancora vista. I due uomini mi hanno guardato preoccupati, e Arkady ha mormorato qualcosa circa il fatto che era tardi (non era molto oltre le otto) e circa il necessario riposo date le mie condizioni.

Con decisione, ho respinto tutte quelle obiezioni come delle sciocchezze e ho chiesto solo un momento per andare a prendere il mio scialle. Allora il signor Jeffries ha sorriso, dicendo con arguzia che non avrei problemi a tener testa agli Americani, e abbiamo riso di nuovo.

In verita, non volevo essere lasciata sola a preoccuparmi di cosa avrei detto ad Arkady quando il nostro ospite fosse partito, ne volevo rimanere da sola nella camera da letto a guardare attraverso la finestra, preoccupandomi per Zsuzsanna.

La cappella era diversa da qualunque altra abbia mai visto in Inghilterra, e piu di ogni altra cosa che io abbia visto in questo Paese rivelava l’influenza turca. Le pareti interne erano coperte di pitture e mosaici di santi — letteralmente a centinaia — alla maniera bizantina. Vicino all’altare c’era una cupola da cui pendeva un enorme lampadario e, alle spalle del grande santuario, contro il muro, c’erano delle grandi nicchie con dei nomi incisi su targhe d’oro.

Sebbene le belle pareti ricoperte di mosaici mi facessero trattenere il fiato, il signor Jeffries sembro interessato soprattutto alle nicchie, che erano in realta dei loculi costruiti nel muro come celle di api, poi chiusi con la malta, sigillati con la pietra, e adornati con le targhe. Mentre leggevamo i nomi degli antenati di Arkady, ammutoliti per la bellezza del santuario e per l’atmosfera sacra, il signor Jeffries prese un piccolo blocco per appunti dal suo gilet e comincio a scrivere.

Dopo un po’, si volto verso Arkady e disse, con una voce sommessa che riecheggiava debolmente dall’alto soffitto:

«Ho dimenticato di chiedere… quando eravamo davanti al ritratto di Vlad Dracula».

A questo punto lo guardai aggrottando la fronte, poiche avevo gia udito una parola simile — Dracul — sulle labbra dei domestici e su quelle del vecchio cocchiere a Bistritz.

Il signor Jeffries s’interruppe e si corresse subito con uno sguardo di scusa verso mio marito.

«Chiedo scusa, Vlad Tsepesh… Il nome Tsepesh significa qualcosa?», gli chiese.

Arkady rimase a guardare fisso le nicchie volgendoci la schiena, ed io mi resi conto dal suo tono distante che stava rimuginando su cio che lo aveva turbato durante gli ultimi giorni… qualcosa che sospetto sia legato al castello e alla morte di suo padre.

«Impalatore», disse tranquillamente, ed io mi accorsi immediatamente che aveva del tutto dimenticato la mia presenza.

In molte cose, e come sua sorella, soggetto a improvvisi e intensi sogni ad occhi aperti che lo distolgono completamente dal presente.

«Non e molto piu nobile, nel significato, del nome Dracul ma, almeno, i contadini non lo pronunciano con lo stesso odio, e non implica nulla di soprannaturale. A quei tempi, impalare era una comune forma di esecuzione capitale».

Il signor Jeffries inarco le chiare sopracciglia in maniera incredula mentre si avvicinava ad Arkady, del quale segui lo sguardo su una lapide d’oro che portava incisa l’iscrizione VLAD TEPES.

«Davvero? La storia indica che era una pratica comune soltanto tra i Turchi. I contadini dicono che Vlad riprese i loro metodi e trasformo tutto questo — e mosse il braccio per indicare l’intero territorio — in una vera foresta di impalati. Dicono che l’odore…».

A quel punto il signor Jeffries si interruppe, conscio dell’orrore delle sue stesse parole e si volto verso di me.

«Oh, mia cara signora Tsepesh, perdonatemi! Come sono stato insensibile a mettervi in agitazione, menzionando questi fatti terribili…».

Risi con gaiezza, sebbene, di fatto, non avessi mai udito tali cose, e ne fossi rimasta affascinata in modo orrendo. A quel suono, Arkady si riprese dalle sue fantasticherie e ci guardo, anche lui seccato che quelle cose fossero discusse in mia presenza.

«Non sono una delicata fanciulla abituata a svenire, signore», lo rassicurai.

Arkady arrossi, e venne accanto a me, prendendomi la mano.

«E vero», disse, guardandomi con affettuosa preoccupazione ma rivolgendosi a Jeffries. «Mary e la persona piu equilibrata che io abbia mai conosciuto». Lancio uno sguardo a Jeffries con un sorriso imbarazzato. «Le sono sempre grato per questa qualita. Qui, dove uno e circondato da superstizioni e oscure leggende, e veramente una qualita senza prezzo».

«Mio caro», gli dissi calma, «non devi cercare di proteggermi da queste cose. Come potro essere in grado di confutare le strane credenze dei contadini se non ne so nulla?». Rivolta a Jeffries, gli chiesi poi con voce ferma e allegra: «Di chi stavate parlando?»

«Di Vlad Dracul… Perdonatemi, signora: di Vlad Tsepesh, che i contadini chiamano Dracula».

«Il Principe?», chiesi.

Jeffries mosse la sua lunga faccia in un modo che sembro sia confermare che negare.

«Il suo omonimo», preciso, poi giro una pagina del blocco e cerco qualcosa, quindi rialzo lo sguardo. «Nato nel 1431, e presumibilmente morto nel 1476, sebbene i contadini non siano d’accordo».

Arkady fece un gesto verso la placca ai piedi di un loculo.

«Ecco la sua lapide, li davanti a voi».

«Ma lui mori in quella regione del sud chiamata Valacchia, non e vero? Il luogo dove regno».

«E vero», convenne mio marito. «Ma la famiglia si reco a nord, in Transilvania, subito dopo la sua morte, e porto con se i suoi resti. Non era una pratica insolita».

Il tono del signor Jeffries divenne scettico.

«Sicuramente voi sapete che non e sepolto qui. E una finzione, cosicche, chi volesse cercare di profanare il suo corpo, non lo troverebbe».

Mio marito si volto verso il suo ospite con gli occhi socchiusi e un leggero sorriso ironico sulle labbra.

«Signore, e chiaro che voi sapete sull’argomento molto piu di quanto avete rivelato». Si fermo e guardo nuovamente la lapide. «E vero. E sepolto nel monastero di Snagov, nella natia Valacchia».

«I contadini, ancora una volta, non sarebbero d’accordo con voi, signore. Essi dicono che nemmeno a Snagov c’e il corpo. Forse e per questa ragione che i contadini affermano che e uno strigoi e accusano il vostro prozio…».

«Strigoi», ripetei, incapace di trattenermi, riconoscendo la parola che un giorno aveva usato Dunya. «Per favore, che significa questa parola?».

Arkady mi guardo bruscamente, chiaramente seccato di sapere che avevo sentito quel termine, ma Jeffries mi guardo negli occhi e disse:

«Un Vampiro, signora. Essi affermano che il vostro gentile e cortese prozio e, di fatto, Vlad l’Impalatore, conosciuto anche come Dracula, nato nel 1431; che ha fatto un patto con il Diavolo per ottenere l’immortalita, e che le anime degli innocenti ne sono il prezzo».

E rise come se l’informazione fosse incredibilmente divertente. Ma io e Arkady non ci unimmo a lui.

Jeffries comprese il disagio che le sue parole avevano provocato, e porto immediatamente la conversazione su un argomento piu leggero.

Subito dopo abbandonammo la cappella e, quando lasciai mio marito e il suo ospite nella sala da pranzo, erano impegnati in un’amichevole discussione sull’ultimo evento letterario americano, quello del signor Edgar Allan Poe, e sul fatto se la sua poesia Il Corvo fosse una grande opera di genio come si credeva.

Mi sono quindi ritirata in camera da letto, pensando che, per quando avessi finito queste righe, Arkady sarebbe ritornato e che gli avrei confessato ogni cosa, ma ora sono quasi le undici e lui ancora non e venuto.

Sono stanca e desidero dormire, ma non riesco a evitare di guardare le pesanti tende tirate della finestra; non posso fare a meno di preoccuparmi per cio che c’e dall’altra parte. I contadini hanno ragione: Vlad e un

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