«Non crede a quello che sta dicendo, non e vero, Javier? Lei considera questo importante.»

«Non mi pare.»

Alicia emise un lento sospiro. Di nuovo l'impenetrabile muro.

«Che cos'altro ha trovato a Tangeri?»

«Un pettegolezzo assurdo sul modo in cui era morta la mia seconda madre.»

«La sua seconda madre?»

«Non lo ritengo credibile al punto da poter essere riferito.»

«E che altro?» domando Alicia, reagendo bruscamente a quella resistenza a confidarsi.

«Ho un'inesplicabile paura del latte», rispose Falcon; e le racconto dell'episodio nella medina di Tetuan e del sogno conseguente.

«Che cosa significa il latte per lei?»

«Niente.»

«E questo ha sognato, niente?»

«Volevo dire che non ha altro significato se non che ho sempre detestato il latte e i suoi derivati… proprio come mio padre.»

«E che cosa producono le madri per nutrire i loro bambini?»

«Devo andare», esclamo Falcon, «l'ora e gia finita, lei avrebbe dovuto essere piu rigorosa con me sul tempo.»

Si diressero alla porta e Falcon comincio a scendere le scale senza voltarsi a guardarla e senza accendere la luce.

«Tornera, non e vero, Javier?» gli grido dietro Alicia.

Nessuna risposta.

Una volta a casa, si chiuse nello studio a sfogliare le immagini dei quadri stampate in bianco e nero, con il senso di colpa e di fallimento che gli scuoteva l'anima. Fisso le stampe alla parete e le guardo arretrando di qualche passo. Erano del tutto prive di senso. Provo a cambiare l'ordine in cui le aveva disposte, pensando che quello fosse il problema, ma ben presto si rese conto che le possibilita di disposizione erano migliaia.

Il vento soffiava nel patio, scuotendo la porta. Falcon usci e, seduto sul bordo della fontana, batte il piede sulle lastre di marmo del pavimento, e quelle forme rettangolari gli ricordarono il diagramma caduto dal rotolo di tele.

Strappo dalla parete le stampe e sali di corsa nello studio del padre: il diagramma era ancora sul pavimento del ripostiglio, tra le scatole. Cinque rettangoli che si intersecavano, ognuno numerato. Si precipito di nuovo al piano sottostante, posseduto dall'idea che la chiave del mistero fosse li. Ma quale mistero? Nel patio rallento il passo fino a fermarsi.

Le certezze. L'idea del crollo delle certezze gli rovino addosso come in una serie di immagini da colossal biblico: statue rovesciate, chiavi di volta crollate, archi ripiegati su se stessi, colonne spezzate in giganteschi frammenti scannellati. L'immagine che aveva di suo padre non era gia piu quella di un tempo, si era cambiata in quella del legionario violento, del veterano di Leningrado traumatizzato dalle esplosioni, del contrabbandiere capace di uccidere e infine dell'artista tormentato. E tuttavia ognuno di questi aspetti poteva essere spiegato. Colpevole non era la natura dell'uomo, la colpa era del secolo piu feroce della storia, della cruenta e crudele Guerra civile, della catastrofica Seconda guerra mondiale, della brutalita rimasta nella gente che, alla fine, si era trasformata nell'edonismo della Tangeri del dopoguerra; sarebbe sempre stato possibile puntare il dito contro le influenze esterne che avevano avuto un effetto devastante su Francisco Falcon nel suo stato di fragilita. Ma forse questo era diverso, forse questo gli avrebbe rivelato qualcosa di profondamente personale, una terribile debolezza che avrebbe portato allo scoperto il mostro nascosto. Ed era questo che voleva?

In che modo, durante il loro primo incontro, Consuelo Jimenez aveva definito lui e Ines? Aveva detto che la loro era stata un'unione tra cercatori della verita. La ragione unica per cui si era imbarcato in quel viaggio terribile era stata la smania irresistibile di scoprire la verita. E, arrivato fin li, si sarebbe forse ritirato, per finire nel solo luogo in cui portava la calle Negacion? E quand'anche fosse stato cosi? Avrebbe continuato a vivere come se niente di tutto cio fosse mai avvenuto e Javier Falcon sarebbe affondato senza lasciare traccia.

Porto il rotolo di tele nello studio e le dispose ognuna accanto alla stampa corrispondente, ma non riusci a trovare nessun ordine di numerazione; sul retro delle tele non era stato scritto nulla se non le lettere I e D. All'improvviso si senti stanco e provo un desiderio terribile di stendersi sul letto. Poi, sul margine di una stampa, vide alcuni segni d'inchiostro e si rese conto che suo padre aveva numerato i dipinti sulla parte frontale, oltre il punto in cui la tela si tendeva sul telaio. Riusci a ricostruire i numeri e a metterli nell'ordine giusto, procedendo per eliminazione. Poi comprese che la I e la D stavano per izquierda e derecha, sinistra e destra. Segno le stampe di conseguenza e regolo i bordi dei fogli A3, che giro e uni insieme secondo il modello del diagramma. Porto l'unico grande foglio cosi ottenuto alla parete di lavoro del padre e ve lo fisso con il nastro adesivo. Si giro, si diresse alla libreria sulla parete opposta e stava per voltarsi quando avverti quella sudorazione improvvisa, il familiare rivolo sulla faccia.

Era l'ultima occasione che aveva per abbandonare tutto e andarsene.

Si giro, le palpebre serrate.

Poi apri gli occhi e vide cio che aveva fatto suo padre.

XXXI

Domenica 29 aprile 2001, laboratorio di El Zurdo,

calle Parras, Siviglia

Falcon attacco alla parete i fogli stampati mentre El Zurdo era occupato ad arrotolarsi e accendersi uno spinello. Proprio mentre aspirava il primo tiro, Javier gli batte una mano sulla spalla. El Zurdo si giro.

«Joder!» esclamo. «Chi e quella?»

«Quella?» sibilo Falcon. «Quella e mia madre.»

«Joder», ripete El Zurdo, avvicinandosi affascinato. «E davvero un lavoro notevole.»

«Non e un lavoro notevole», disse Falcon, «e un lavoro schifoso.»

«Ehi! Io non sono coinvolto come te», ribatte El Zurdo, «io lo guardo…»

«Come un'opera d'arte?» domando Javier incredulo.

«Tecnicamente. Voglio dire, e straordinario creare cinque pezzi a incastro, privi di significato e apparentemente senza un collegamento… non avevo nemmeno notato le linee di giuntura del puzzle, eppure, una volta messi insieme i pezzi…»

«Diventano l'espressione piu abietta dell'odio di un uomo verso la moglie e la madre dei suoi figli, quale solo la mente di un mostro potrebbe produrre», affermo Javier.

I due uomini rimasero in silenzio mentre l'orrore di quell'opera riempiva la stanza. L'immagine ricostruita aveva rivelato una donna avvinghiata a due satiri che la stavano devastando, l'uno assalendola da dietro e l'altro riempiendole la bocca. Ma non era uno stupro. Nell'unico occhio visibile della donna si leggeva la partecipazione compiaciuta. Era nauseante. Javier passo davanti a El Zurdo, strappo i fogli dalla parete, li appallottolo e li scaravento in un angolo vuoto del laboratorio.

«Che cosa mai puo averlo indotto a creare una…?»

«Fatti un tiro di questo», suggeri El Zurdo.

«Non lo voglio.»

«Ti calmera.»

«Non voglio calmarmi.»

«Senti… forse aveva scoperto che lei aveva una relazione con un altro.»

«Oh», esclamo Javier, «mentre lui era assolutamente innocente, vero? Lui non se ne andava in giro a sodomizzare ragazzini ogni volta che poteva…»

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