parete alle spalle della ragazza era appeso uno dei quadri di suo padre, il portale della chiesa Omnium Sanctorum. Guardandosi intorno ne scopri un altro, uno dei paesaggi astratti di minor successo.
«Signor Falcon…» disse la ragazza, in piedi ora, l'orlo della gonna allo stesso livello del piano della scrivania.
Falcon capi che non sarebbe riuscito a resistere, non sarebbe stato capace di restare seduto di fronte a qualcuno a parlare della vita e delle opere di suo padre e a farsi frugare nella testa allo scopo di cercare e di stirare le pieghe e le grinze del tessuto dei suoi pensieri. Usci senza dire una parola, la cosa piu facile che avesse fatto da anni: prendere e uscire.
Non appena fu in macchina, avverti in petto un'agitazione agghiacciante, che tuttavia scomparve mentre guidava verso casa, con i finestrini abbassati. Si reco a piedi al British Institute e, seduto in fondo all'aula, ascolto a meta una lezione sul condizionale. Se fossi andato dallo strizzacervelli, disse a se stesso, se non mi fossero crollati i nervi, a quest'ora starei cinguettando sulla mia follia disteso sul divano dell'analista. Mi aiuterebbe parlare con qualcuno.
Si guardo intorno, osservo gli altri studenti: Pedro. Juan. Sergio. Lola. Sergio? I pensieri cominciarono a farsi bizzarri, troppo grandi per la sua testa. Sergio. Tanto valeva chiamarlo Sergio quel pazzo, un uomo che sapeva parlare, che vedeva le cose con chiarezza, che riusciva a entrarti dentro e a rivoltarti come un guanto. Ha parlato con Eloisa, si disse, le ha dato speranza e poi si e preso la sua vita senza speranza. Perche non parlare con lui? Vuole raccontare la sua storia, perche non raccontargli la mia? Perche non lasciare che sia lui a strapparmi quelle orribili creature dal cervello?
«Javier?» disse l'insegnante.
«Scusate, pensavo ad alta voce.»
Falcon rise interiormente, divertito per il modo in cui il vasto mondo esterno era scomparso davanti alle torreggianti architetture gotiche della sua mente; avrebbe potuto vivere la dentro per anni… ma non appena avuto questo pensiero, si precipito a uscirne, come un eretico da una cattedrale. Si immerse nel macchinario del linguaggio: era cosi facile mettere insieme le parole, cosi rilassante. Si era turbati solo dal significato che sanguinava nello spazio intorno a esse.
Si aggrego a qualche altro studente per andare a bere qualcosa al bar Barbiana, nella calle Albareda. Birra, tapas: atun encebollado, tortillitas de camarones. Gli studenti si sentivano estranei all'ambiente del locale, frequentato da gente muy pija, altolocata, probabilmente con fincas in campagna, commentarono tra loro finche Lola non parve imbarazzata e tutti cambiarono argomento: certamente avevano pensato che, in giacca e cravatta, anche Falcon era muy pijo.
Si separarono prima che Javier fosse pronto per tornare a casa. Ma lo era mai in quel periodo? La casa era una prigione, la sua camera una cella, il letto un letto di tortura dove doveva stendersi ogni notte. Vago per la citta, si avvicino a gruppi di avventori in bar dalle luci sfavillanti, posando il boccale di birra accanto al loro, finche gli altri non se ne accorgevano e non lo isolavano.
Termino la serata sotto le alte palme e nel buio profondo tra i grandi alberi della gomma di plaza del Museo de Bellas Artes. Il botellon era in piena attivita, nell'aria odore di hashish, tintinnio di vetro e brusio di voci umane soddisfatte.
ESTRATTI DAI DIARI DI FRANCISCO FALCON
30 giugno 1941, Ceuta
Questo pomeriggio Pablito e entrato in camera mia, si e sdraiato sul mio letto, si e arrotolato una sigaretta sul petto e l'ha accesa. Deve dirmi qualcosa. Io lo so, ma come sempre fingo di ignorarlo. Sto disegnando una donna berbera nuda che ho visto stamani al mercato. La noncuranza di Pablito si agita sul letto. Lui fuma come farebbe una mucca, ruminando in continuazione.
«Partiamo per la Russia», mi dice. «Per suonarle ai rossi. Prenderli a calci in culo a casa loro.»
Poso la matita e mi giro verso di lui.
«Il generale Orgaz ci manda volontari. Il colonnello Esperanza dovra costituire un reggimento, un battaglione sara formato qui a Ceuta con Legione, Regulares e Flechas.»
Cosi ricordo l'annuncio quasi noncurante di Pablito. Banale. Sono talmente stufo che non m'importa di andare anch'io. E successo cosi poco in questi ultimi anni che ho dimenticato l'esistenza di questo diario. Ma il mio diario e nei miei disegni. Non sono abituato a scrivere. Quattro pagine coprono due anni. Non e questo, in fondo, il ritmo della vita? Periodi di cambiamento seguiti da altri, lunghi, nei quali ci si abitua al cambiamento finche ci si sente obbligati a mutare di nuovo. La noia e la mia unica motivazione e probabilmente e anche quella di Pablito, sebbene lui la rivesta di retorica anticomunista. Non sa un accidente di comunismo.
8 luglio 1941, Ceuta
Grande affollamento al porto per vederci partire. Il generale Orgaz ci ha dato la carica. Se non lo avessimo gia sospettato, a questo punto sappiamo con certezza che siamo uno strumento della politica (parlo come Oscar ora?). La nostra uniforme la dice lunga su come stanno andando le cose a Madrid. Indossiamo i berretti rossi dei carlisti, la camicia blu della Falange e i pantaloni kaki della Legione. Realisti, fascisti e militari tutti contenti e coinvolti.
I tedeschi sono da mesi alla frontiera dei Pirenei. Correva voce che avrebbero mandato un corpo di spedizione per prendere Gibilterra, il che faceva pensare un po' troppo a un'invasione. Noi veniamo spediti in Russia per tenere buoni i tedeschi, per far sembrare che siamo dalla loro parte. Il giornale dice che Stalin e il nostro vero nemico, ma non parla di un'entrata in guerra. Si sta giocando una partita e noi siamo le pedine. Ho un brutto presentimento sulla sorte della nostra spedizione, ma appena fuori dal porto vediamo un branco di delfini che ci fanno da scorta per quasi tutta la traversata fino ad Algeciras, cosa che mi pare di buon auspicio.
10 luglio 1941, Siviglia
Siamo stati sistemati nella caserma Pineda nella zona meridionale della citta. Abbiamo passato la sera in citta senza doverci pagare da bere nemmeno una volta. Quando siamo stati qui in precedenza, noi, o almeno alcuni di noi, facevamo a pezzi la gente nelle vie di Triana: ora siamo eroi, mandati a tenere a bada il comunismo. Nei rapporti umani cinque anni sono un'era geologica. A dispetto del caldo brutale mi piace Siviglia. I bar semibui, freschi, la gente dalla memoria corta e con la necessita di esprimere gioia. Credo che si possa vivere a Siviglia.
18 luglio 1941, Grafenwohr, Germania
Abbiamo cambiato treno a Hendaye, nella Francia meridionale. I francesi ci mostravano i pugni e scagliavano pietre contro i vagoni mentre passavamo. Nella nostra prima fermata in Germania, a Karlsruhe, la stazione era piena di gente che acclamava e cantava «Deutschland, Deutschland uber alles». Hanno coperto il treno di fiori. Ora siamo da qualche parte a nord-est di Nurnberg. Tempo grigio. Le nuove reclute e la maggior parte dei guripas gia depressi, con la nostalgia di casa. Noi veterani depressi perche ci hanno appena detto che la Division Azul, come siamo chiamati, non sara motorizzata ma ippotrainata.
8 agosto 1941, Grafenwohr
Pablito ha un occhio nero e un labbro tagliato. I tedeschi non gli piacciono piu dei comunisti che non ha ancora incontrato. Gli uomini, i guripas, sono contenti di indossare le camicie azzurre e i berretti rossi invece dell'uniforme regolamentare tedesca. In citta e scoppiata una rissa nella Rathskeller. «Dicono che non sappiamo avere cura delle nostre armi», sostiene Pablito, «ma la verita e che ci stiamo scopando tutte le loro donne e le ragazze non sono mai state tanto soddisfatte.» Non so se Pablito riuscira mai a trovarsi bene con i nostri nuovi alleati. Il cibo puzza piu delle latrine, il loro tabacco e peggio del fieno e il vino non esiste. Mentre il