cervello, pensando di poterle dimenticare, nascondendole sotto strati numerosi di… bugie. Cosi le teniamo a bada, finche un giorno accade qualcosa e, senza nessuna ragione apparente, la scheggia comincia a risalire verso la nostra parte conscia. La differenza e che non possiamo applicare il solfato di magnesio per far uscire la scheggia di vetro dall'inconscio.»

Falcon si alzo e comincio a passeggiare avanti e indietro nella stanza. L'idea di quelle minuscole schegge che affioravano alla superficie lo stava spaventando, quasi gli sembrava di sentirle scricchiolare nella testa come… come ghiaccio che si fendesse. Un'altra analogia fisica?

«Lei ha paura», disse Alicia. «E del tutto normale. Non e una cosa facile, richiede un grande coraggio. Ma la ricompensa finale e enorme, e la vera pace interiore e la rinascita a ogni possibilita.»

Falcon ridiscese le scale, allontanandosi dalla luce della porta di Alicia per uscire nella strada buia, riflettendo su quell'ultima frase: la psicoterapeuta aveva pensato, evidentemente, che la fine di ogni possibilita fosse per lui molto vicina, bisognava accettare questo fatto.

S'incammino di fretta accanto a un gruppo di giovani diretti in centro. La maggior parte delle vie era deserta, ancora in preda ai postumi dell'estasi e degli eccessi della Semana Santa. I bar, chiusi, avrebbero riaperto soltanto l'indomani, i sevillanos tornati finalmente ai ritmi della vita normale. Si ritrovo a percorrere piazze in genere piene di gente anche durante la settimana e ora silenziose e buie, dove si udiva solo qualche voce staccata, come se fosse molto piu tardi e gli addetti alla pulizia delle strade stessero commentando la partita di calcio della sera prima. Falcon aveva la sensazione che la sua mente fosse libera dalla dispersione della vita quotidiana, quando non si riusciva a riflettere con calma su nulla e ogni azione generava la successiva.

Le voci tacquero. Javier non provava nessun desiderio di tornare a casa e decise che avrebbe continuato a camminare cosi ancora per qualche ora. Comincio a pensare alla famiglia Jimenez, confrontandola con la sua. Si, anche la sua famiglia era stata distrutta… no, distrutta era un'esagerazione. La morte improvvisa di sua madre non li aveva distrutti, ma danneggiati si, come quelle sottilissime crepe sulla superficie della porcellana. Rivide il viso sconvolto del padre mentre il suo sguardo passava da Paco a Manuela a Javier; e in certo modo rivide anche se stesso, l'espressione sgomenta, la bocca spalancata, incapace di ritrovare il respiro dopo che gli era stato portato via tutto il suo mondo. Quei pensieri fecero affiorare in lui qualcosa di oscuro e di terribile, tanto che accelero il passo sul selciato rilucente come seta.

Gli vennero alla mente giorni migliori, il ricordo gioioso di Mercedes, la donna che sarebbe diventata la seconda moglie di suo padre. Javier le aveva subito voluto bene. E ora il suo sentimento era imbrattato dalla fotografia trovata nell'appartamento di Raul Jimenez: suo padre aveva una relazione con lei da prima della morte della moglie. Un pensiero che smosse in lui qualcosa di piu terribile ancora, e Falcon si mise quasi a correre attraversando la plaza Nueva, i tronchi e i rami degli alberi avvolti in luci magiche. Era Natale ogni giorno ormai. Fisso con aria assente le vetrine perfettamente illuminate di Max Mara, i modelli su manichini perfetti. Si auguro una vita meno complicata, dove non vi fossero quei pensieri e quelle emozioni che lo scorticavano dentro, lasciandolo esternamente quasi intatto, ma sanguinante dentro come dopo l'esplosione di una bomba.

Il sudore gli sprizzava dalla fronte mentre percorreva quasi di corsa calle Zaragoza; gli parve di avvertire un certo appetito e penso di andare da El Cairo per una tapa di merluza rellena de gambas. Avrebbe preferito sangre encebollada, ma, in una sera come quella, per un piatto a base di sanguinaccio e cipolle sarebbe occorso uno stomaco piu robusto. Passo davanti alla galleria di Ramon Salgado, con una sola scultura illuminata nella vetrina. Poco piu in la, in una tipica casa sivigliana, era stato aperto un caffe con un ristorante di lusso al piano superiore, frequentato da uomini d'affari e da avvocati con le mogli e le amiche.

Illuminata di spalle, in piedi sull'ultimo gradino della scala, c'era Ines. Qualcuno la stava aiutando a infilarsi il cappotto. Aveva i capelli raccolti sulla nuca e si pettinava cosi soltanto quando voleva essere attraente e sexy, mai per occasioni di lavoro. Falcon non riusci a vedere in faccia l'uomo che era con lei mentre i due uscivano dal locale e si avviavano lungo la strada buia, tenendosi a braccetto, in direzione della Reyes Catolicos. Nessun altro con loro, era stata una cena per due. Ines si volto, fermandosi un istante, e Falcon si immobilizzo, poi i tacchi alti risuonarono sul selciato mentre lei affrettava il passo per raggiungere il compagno. Javier li segui tenendosi sull'altro lato della strada, la fame e la stanchezza scomparse ora che la mente aveva ricevuto quel nuovo combustibile.

La coppia attraverso la Reyes Catolicos, passando davanti al bar La Tienda, chiuso, poi taglio per i vicoli verso calle Bailen e giro dietro il museo sbucando sulla piazza, cosi che Falcon dovette tenersi a distanza finche non li ebbe visti scomparire nella calle San Vicente. Dopo qualche momento li segui, ma la via era ormai deserta. La percorse avanti e indietro per un centinaio di metri, domandandosi se non avesse immaginato tutto quanto o se l'uomo non avesse un appartamento li, in quella strada, a meno di un chilometro dana via in cui abitava Falcon.

Si ritiro in casa, la fame sparita, in preda allo sfinimento della sconfitta, in rotta come un intero esercito. La doccia non servi che a farlo sentire piu pulito. Prese una pillola per dormire e si infilo sotto le coperte, rimanendo a fissare il soffitto che pareva arretrare all'infinito, ipnotizzato come se fosse stato al centro di una strada fra i bagliori accecanti dei fari. Si disse che doveva resistere, che era pericoloso addormentarsi al volante, non piu in grado di capire dove fosse, tanto grande era la confusione nella sua testa. Protese una mano, aspettandosi che tutto quanto sfuggisse al controllo, che all'improvviso il suo campo visivo includesse uno sbarramento, una sponda, un albero fatale contro cui schiantarsi. Volo nel sonno come attraverso un parabrezza, dentro la notte.

ESTRATTI DAI DIARI DI FRANCISCO FALCON

12 ottobre 1943, Triana, Siviglia

Un camion dell'esercito mi ha dato un passaggio da Toledo fino a Siviglia. Una vera fortuna. Il paese e in ginocchio, manca la benzina e il cibo scarseggia. Non c'e grande traffico sulle strade, a parte qualche carretto tirato da cavalli o da muli affamati.

Ho preso una stanza da un'affittacamere grassa dalle fattezze moresche e dai capelli neri lunghi fino alle reni, che di solito porta raccolti in una crocchia. Ha gli occhi neri opachi come carbone e suda in continuazione, come se fosse perennemente sull'orlo di un collasso. I seni hanno deciso di separarsi e vivono in isolamento ai due lati della gabbia toracica, la pancia e grossa come quella di un bevitore e le balla sotto la gonna a ogni passo. Ha le caviglie rosse e gonfie e ansima dolorosamente mentre si muove da una stanza all'altra. Mi piacerebbe disegnarla e dipingerla, preferibilmente nuda, ma la donna ha un compagno, magro come un cane randagio, e quest'uomo possiede un coltello che gli sento affilare amorosamente tutte le mattine prima di uscire. Nella camera ci sono un mobile con i cassetti che non si aprono, un letto e un quadro della Madonna appeso alla parete sopra il letto. Prendo la stanza perche ha un patio esterno che la padrona di casa usa soltanto per stendere i panni. Lascio giu i miei bagagli e vado a comprarmi materiale per dipingere e qualcosa da bere.

25 ottobre 1943, Triana, Siviglia

Probabilmente e perche sono un soldato, ma ho iniziato una vita regolata, anche se ho smesso di alzarmi presto la mattina. In questa citta non succede niente prima delle dieci. A quell'ora vado a piedi alla Bodega Salinas sulla calle San Jacinto a bermi un caffe e a fumare una sigaretta. Frequento questo bar, perche il proprietario, Manolo, ha botti di buon tinto con il quale riempio i miei bottiglioni da cinque litri. Mi vende anche acquavite fatta in casa che compro a un litro alla volta. Poi torno nella mia stanza e lavoro fino alle tre del pomeriggio, unica interruzione l'acquaiolo. Alle tre mangio qualcosa al bar, con un bicchiere di vino, riempio la bottiglia e torno in camera mia dove dormo fino alle sei. Di nuovo lavoro fino alle dieci di sera, ceno e mi fermo da Manolo per bere con i farabutti e i poveri idioti che si ritrovano da quelle parti.

29 ottobre 1943, Triana, Siviglia

Ieri nella Bodega Salinas uno degli avventori, conosciuto solo con il soprannome di Tarzan, e venuto a sedersi al mio tavolo. Ha un ventre enorme e una faccia che sembra un mucchio di patate (Johnny Weissmuller rimarrebbe malissimo). Gli occhi sono gonfi e semichiusi. Si siede e tutti stanno zitti e

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