R. mi ha dato i miei cento dollari di paga. Mi dice di tenerli e di cambiarli solo per le pesetas che mi servono. Lo informo che intendo riprendere la pittura e lui mi dice che allora non ho imparato niente.

Io: E quello che devo fare.

R.: E io rispetto la tua scelta. (non e assolutamente vero)

Io: Come dici tu, ognuno deve pensare per se.

R.: Scusa, ma quello che fai tu e non pensare.

Io: Voglio vedere fin dove posso arrivare.

R.: E tu credi che il talento abbia qualcosa a che fare con il successo nel mondo dell'arte?

Io: Aiuta.

R.: Allora sei un idiota.

Io: Non pensi che van Gogh, Gauguin, Manet e Cezanne avessero talento? Ma sai poi di che cosa sto parlando?

R.: Lo scemo pensa sempre che tutti gli altri siano scemi. Certo che so chi sono, quelli avevano il genio.

Io: E io no?

R. alza le spalle.

Io: E da quando sei un esperto d'arte?

Alza le spalle di nuovo e fa un cenno di saluto a qualcuno che passa. Siamo seduti a un tavolino all'aperto del Cafe de Varis in place de France.

Io: Come fa un ragazzino di campagna, figlio di contadini di un sudicio pueblo nei paraggi di Almeria a sapere qualcosa di arte?

R.: Come fa un ex legionario a essere un genio? El Marroqui? E cosi che firmerai le tue opere?

Io: Il genio non fa preferenze.

R.: Ma chi decide che uno lo e? Gauguin e van Gogh erano forse famosi da vivi?

Io: Che cosa ti fa credere che io voglia diventare famoso?

R. non risponde, ma mi guarda con un'intensita tale che mi rendo conto di stare seduto di fronte a una persona che ha trovato il suo vero ambiente, una persona assolutamente sicura di se e che vede in me qualcosa che non ho visto io stesso.

R.: Perche tieni un diario? Perche vuoi scrivere la tua vita?

Io: Scrivo solo quello che accade intorno a me e che accade a me.

R.: Ma perche?

Io: Non lo scrivo per gli altri.

R.: E a che ti serve?

Io: E un registro, proprio come i tuoi libri contabili.

R.: Serve a ricordarti dove sei?

Io: Precisamente.

R.: Non pensi che la gente leggera i tuoi diari e dira: «Che uomo straordinario»?

Qualche volta lo penso, ma non glielo dico.

R.: Chiunque conti qualcosa deve essere un po' vanitoso.

1o aprile 1944

Ci prendiamo la nostra prima vacanza, in modo che R. possa rendersi conto di come funzionano le banche. Stiamo al Residencial Almeria. Vi si incontra gente di tutte le nazionalita e un sacco di donne sole che lavorano nelle centinaia di aziende che si sono impiantate qui dall'inizio della guerra.

R. si gode i suoi soldi. Si e fatto fare un abito su misura da un ebreo francese di Petit Soco. Se lo mette per andare nelle banche. Pranza in un ristorante tenuto da una famiglia spagnola nel Grand Hotel Villa de France. Dopo mangiato fa una breve passeggiata lungo la rue Hollande e poi sale fino all'hotel El Minzah dove prende un caffe e un brandy. La sua vanita consiste nell'immaginarsi ricco e la cosa funziona, perche in quei posti conosce gente e conclude affari, essendo quelli locali frequentati da chi fa il mercato nero e cerca tipi come R. per trasportare le sue merci in Europa.

A me piace starmene seduto al sole al Cafe Central nella medina a guardare il caos del Soco Chico. La sera sono attirato dalla trasandatezza del porto. C'e un bar spagnolo che si chiama ha Mar Chica, con la segatura sul pavimento e una vecchia bagascia di Malaga che balla un flamenco passabile. Puzza, come se tutto il suo organismo fosse in disordine, e in realta sudando si depura, liberandosi dai suoi malanni.

26 giugno 1944

Da quando gli alleati hanno invaso la Normandia abbiamo lavorato senza sosta. R. ha trovato un ubriacone scozzese che ha bisogno di soldi per pagare i debiti di gioco e cosi noi siamo i nuovi proprietari della «Highland Queen». Uno spagnolo, Miguel, che come lavoro portava i pescherecci fuori da Almunecar, avra il comando della nuova barca.

3 novembre 1944

In panne al largo di Napoli, alle prime luci dell'alba, siamo attaccati. Puntano sulla «Highland Queen», che si e staccata da noi. Durante il tempo che impiego ad avvicinarmi, M. e gia in coperta con una pistola puntata alla testa. Non capisco quello che dicono. R. mi chiama per radio e mi dice di fare fuoco e io eseguo. Cadono tutti, compreso M. La barca dei pirati se ne va e io uso un Lee Enfield .303 inglese, molto preciso quando si spara a distanza, per abbattere l'uomo alla ruota. Sono greci. Rimorchiamo le due barche a Napoli. M. ha una brutta ferita alla gamba destra e dobbiamo lasciarlo li. La nostra flotta e ora di quattro unita.

15 novembre 1944, Tangeri

R. sta cercando di affittare un magazzino al porto e uno fuori citta. Il mio ruolo e garantire la sicurezza, il che significa trovare uomini fidati che impediscano ai ladri esterni di entrare e a quelli interni di rubare. Mi dice che la gente ha paura di me. Sono sorpreso. Si e sparsa la voce del modo in cui ho sistemato i greci e mi rendo conto che R. sta creando un mito su di me, ma sono incapace di impedirglielo.

17 febbraio 1945, Tangeri

R. ha trovato i magazzini. Parto subito per Ceuta e recluto veterani della Legione che mi conoscono. Ritorno con dodici uomini.

8 maggio 1945, Tangeri

Oggi e finita la guerra. La citta e come impazzita, sono tutti ubriachi, tranne me e i miei legionari. I sobborghi sono affollati di berberi e gente del Riff scesa dalle sue montagne desolate per venire a vivere in chabolas fatte di assi e di casse da imballaggio. Non hanno niente da perdere e ruberebbero qualsiasi cosa. Siamo costretti a essere duri; le botte non li hanno dissuasi, percio, se ora prendiamo qualcuno, la prima volta gli tagliamo un orecchio, la seconda gli rompiamo il naso o gli tagliamo il pollice o l'indice. Se ci riprovano, li portiamo fuori citta e li buttiamo giu dalla scogliera.

8 settembre 1945, Tangeri

L'amministrazione spagnola si sta ritirando da Tangeri. In un primo momento R. si e preoccupato, ma sembra che la citta ritorni al suo stato internazionale precedente e gli affari non ne risentiranno.

1o ottobre 1945, Tangeri

Abbiamo deciso di comprarci una casa. Io ho trovato una soluzione perfetta in una traversa

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