disse che erano scappati tutti. Due giorni dopo gli anarchici ritornarono con un elenco di nomi, tra questi anche quelli dei suoi genitori. Gli anarchici li portarono in un burrone e li fucilarono in massa. «Quasi tutti quelli che conoscevo furono ammazzati quel pomeriggio», ha detto. Aveva dodici anni.

10 gennaio 1944, Algeciras

La barca del contrabandista e un vecchio peschereccio di circa 15 metri di lunghezza e 3 o 4 di larghezza. Ha una stiva capace a poppa e a prua ci sono gli alloggi. In coperta la ruota del timone e riparata da una tuga con i vetri incrinati; sotto c'e il motore. E la abbiamo trovato Armando, un uomo atticciato, capelli neri e una faccia sudicia dalla barba corta e ispida. Gli occhi scuri hanno una loro dolcezza, ma le labbra sono sottili e il sorriso tirato. Non mi dispiace, specialmente perche cucina uno stufato di fagioli, pomodori, aglio e chorizo. Ci dice che in una cabina troveremo indumenti che ci staranno meglio di qualsiasi cosa potrebbe darci lui di suo. Mangiamo, beviamo e io mi sento sazio e assonnato, ma non dimentico di chiedere ad A. di chi siano gli abiti che indossiamo. Appartenevano all'ultima ciurma, fatta fuori da alcuni italiani. R. gli domanda come ha fatto lui a cavarsela e A. risponde senza mezzi termini: «Ho ammazzato gli italiani».

Dopo la cadente e sordida Algeciras, Tangeri appare prospera, il porto e pieno di navi e tutte le gru sono al lavoro, le banchine gremite di marocchini nascosti sotto i cappucci a punta dei loro burnus o piegati in due sotto il peso dei carichi. Autocarri e automobili avanzano lentamente tra quella massa di umanita che si spinge, si urta; molte di quelle auto sono grosse macchine americane. Al di sopra del porto, in posizione dominante, l'Hotel Continental, mentre altri alberghi fiancheggiano l'avenida de Espana: il Biarritz, il Cecil, il Mendez. Mi sento male all'idea che mio padre possa essersi trasferito qui, per approfittare del momento favorevole.

R. salta sul ponte, ululando dalla contentezza. A. mi guarda con occhi inespressivi e mi domanda che gli stia succedendo. Gli dico che R. ha per i soldi il fiuto di un cane per una cagna in calore. A. si stropiccia il mento irsuto con la mano callosa. Mi piacerebbe disegnare quelle mani… e anche la faccia, sensuale e brutale insieme.

Una volta agli ormeggi, A. parla in privato con R., il quale poco dopo sparisce. A. fuma la pipa, mi da carta e tabacco per arrotolarmi una sigaretta e tra una boccata e l'altra mi dice: «Non ho mai avuto una ciurma migliore». Io ribatto che ancora non abbiamo fatto niente. «Ma lo farete», replica lui. «R. pensera agli affari e tu ammazzerai.» Parole che mi gelano il sangue. Questo aveva visto sulla mia faccia? Poi mi rendo conto che R. deve aver chiacchierato.

11 gennaio 1944

Siamo salpati la notte scorsa. R. era tornato dopo qualche ora, seguito da un americano e da due marocchini che spingevano una carriola con due bidoni da 200 litri di nafta. A. non l'aveva mai comprata a un prezzo cosi basso. R. e A. hanno discusso un po' di altri prezzi e alle nove stavamo gia caricando sacchi di ceci e di farina, oltre a otto bidoni di benzina. R. si offre di tenere i libri e A. dice: «Quali libri?» R. sa leggere e scrivere, ma ha un vero dono per i numeri. A undici anni teneva gia i conti per i genitori. «Quando andavano al mercato compravano e vendevano, e io scrivevo tutto. Dopo sei mesi ero in grado di dire dove avevano guadagnato e dove avevano perso.» Quel mercato si trovava nel paese vicino. «Ora capisci perche i tuoi genitori sono stati ammazzati», gli dico. Non gli era mai venuto in mente.

13 gennaio 1944

Ci siamo tenuti al largo per un po' prima di avvicinarci al villaggio di pescatori di Salobrena approfittando del buio. A. lancia un segnale dal largo e dopo aver ricevuto la risposta che aspettava entra in porto. Mentre aspettiamo A. mi fa dare un'occhiata alla sua unica arma da fuoco, un fucile incrostato d'argento. «Un'opera d'arte per uccidere», commento. Sono un po' inquieto all'idea di avere solo due colpi, ma lui mi assicura che basta una fucilata a scoraggiare certa gente. Se ne vanno per concludere l'affare e io resto a guardia della barca. Dopo mezz'ora tornano litigando tra loro. I compratori non hanno voluto accettare i prezzi esagerati di R. e A. e furioso all'idea di dover cercare un altro porto e altri compratori. R. gli raccomanda di avere pazienza: si rifaranno vivi. A. passeggia avanti e indietro in coperta, R. fuma. Alle tre R. dice ad A. di avviare il motore e mentre R. si prepara a mollare gli ormeggi arrivano di corsa quattro uomini. Io sorveglio il ponte con lo schioppo. Una somma di denaro cambia di mano. Scarichiamo la merce e salpiamo prima dell'alba.

15 gennaio 1944

R. dimostra ad A. che, se avesse accettato il prezzo che gli avevano offerto a Salobrena, non avrebbe guadagnato nulla e, se avesse pagato il prezzo che era abituato a pagare per il combustibile, ci avrebbe rimesso. R. lo assilla a proposito delle merci che imbarchiamo, un carico troppo pesante e poco redditizio per una barca piccola come la sua. Dice che dovremmo trattare sigarette. «Le sigarette sono la nuova moneta, si puo comprare tutto con le sigarette. Franchi, marchi tedeschi, lire non sono niente.» A. impallidisce all'idea. Il mercato delle sigarette e in mano agli italiani e lui non vuole entrarci. R. indica me e dice: «E un soldato addestrato, era nella Legione, e stato in Russia. Non c'e italiano che gli stia a pari». R. ha fatto le sue ricerche, io non gli avevo mai detto niente di questo. A. mi guarda e io dico: «Non faccio niente con questo fucile da caccia. Se volete fare contrabbando di sigarette allora devo avere perlomeno un fucile mitragliatore». R. ride. «Un fucile mitragliatore! Quell'americano che ci ha venduto la nafta e la benzina puo trovarci qualsiasi cosa. Un bowitzer, uno Sherman, un bombardiere B-17… anche se per un bombardiere ha detto che gli ci vorra un po' piu di tempo.»

29 gennaio 1944

Gli alleati sono sbarcati ad Anzio la scorsa settimana e R. teme che il suo prezioso mercato venga distrutto con la fine della guerra. Gli dico che gli alleati hanno ancora molto da fare e che i tedeschi non cederanno terreno tanto facilmente. R. non vede l'ora di avere una sua barca e io gli faccio notare che non abbiamo ancora guadagnato i nostri primi dieci dollari, figuriamoci poi il denaro necessario a comprare una barca, foss'anche a remi. R. insiste perche A. gli insegni tutto sulla navigazione e sul mare, come leggere una carta nautica, come tracciare una rotta, come usare la bussola e navigare con le stelle. Partecipo anch'io a queste lezioni.

20 febbraio 1944

A. fa a modo suo e stiamo trasportando regolarmente ceci, farina e benzina, ma R. riesce a mettersi d'accordo per un trasporto di pepe nero in Corsica a un costo molto basso. Chi spedisce e un tedesco arrivato da Casablanca: ha comprato il carico da un ebreo della citta. Non riesco a immaginare che cosa se ne facciano i corsi di tutto quel pepe nero e quando il tedesco viene a sapere che io parlo la sua lingua e ho combattuto in Russia, mi confida che in Corsica il carico verra trasbordato e finira in Germania in una fabbrica di munizioni.

24 febbraio 1944

Abbiamo attraccato in Corsica e R. e contentissimo di aver preso contatti sia con i tedeschi sia con i corsi. Sembra che in futuro trafficheremo con la Corsica trasportando carichi di sigarette che i corsi penseranno a inviare a Marsiglia e a Genova. Come R. fa notare ad A., abbiamo guadagnato di piu, rischiando meno. A. non gli da soddisfazione, si sente un monarca assoluto perche e padrone della barca e non capisce quanto l'intelligenza di R. sia importante per far lavorare con profitto il suo stupido peschereccio.

Conversazione con A. a proposito delle differenze tra contadini e pescatori: i pescatori sono umili nei confronti del mare, la potenza del mare li fa sentire uniti, si aiutano sempre a vicenda. I contadini hanno solo il loro pezzo di terra e questo li rende meschini e possessivi, non sono mai umili, solo diffidenti. E taciturni, perche qualsiasi cosa venga detta potrebbe dare un vantaggio ai vicini. E nella loro natura difendere ed espandere la proprieta. Se un contadino vede il suo vicino inciampare e cadere, pensa subito alle varie possibilita che questo puo offrirgli. A. finisce dichiarando: «Io sono un pescatore e il tuo amico R. e un contadino».

1o marzo 1944

Abbiamo consegnato il carico ai corsi e ci siamo diretti a Napoli con la stiva vuota alla ricerca di

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