«Si.»
«Bene. Allora, siamo d’accordo?»
«Si», ripete lei, ora pericolosamente sul punto di piangere.
«Fantastico», commento l’uomo, alzandosi in piedi.
Eretto in tutta la sua altezza, con quelle spalle larghe e la testa massiccia, era terrificante. Rilassato come se stesse raccogliendo il giornale, si chino e prese la busta e le fotografie. La puzza di tabacco che emanava fece quasi vomitare Ellen. Il killer prese poi dalla tasca il cellulare, lo apri e si collego a un numero premendo un solo tasto.
«Abbiamo finito», disse semplicemente.
Pochi secondi dopo, un’automobile si fermo fuori della casa.
«La ringrazio per la sua ospitalita, signora Kroft», disse. «E la sua famiglia, ne sono certo, la ringrazia per il suo buonsenso. Non c’e bisogno che mi accompagni alla porta.»
Chiuse le tende della finestra panoramica e, con un ultimo sorriso, se ne ando. Ellen corse alla finestra e infilo la testa tra le tende, sperando di scorgere il numero della targa, ma l’automobile, una anonima berlina, si stava gia allontanando giu per la strada.
16
Raramente, quando si svegliava, Matt ricordava il sogno fatto e, ancora piu raramente, era consapevole di sognare mentre lo faceva. Questa volta pero, lo sapeva. Era nello stesso tempo partecipante e osservatore, atterrito a ragione, eppure stranamente distaccato e analitico.
C’era un enorme mostro Gila, squame color arancione che scintillavano nella luce solare chiazzata. Il lucertolone velenoso, alto come un edificio, si spostava per la fitta foresta, la grossa coda che sbatteva sugli alberi, le tozze zampe che schiacciavano qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino. La lingua nera schioccava come una frusta, tranciando le punte dei pini. Continuava a sbattere contro il fianco roccioso di una collina, facendo precipitare le pietre dove si trovava Matt. All’improvviso vi furono anche uomini con armi, ombre vaghe che sparavano di continuo, cacciando proiettili su proiettili nel corpo della lucertola. Il Gila si drizzo sulle zampe posteriori, tenendosi in equilibrio sulla coda, alla ricerca della causa del dolore. Sempre piu uomini… sempre piu fucili… sempre piu spari… sempre piu fiammate… sempre piu urla… e ora anche sangue che spruzzava da un centinaio di ferite lungo il fianco del mostro. L’enorme testa nera e arancione oscillava da una parte all’altra, le poderose fauci si aprivano e si chiudevano su null’altro che aria.
«Nooo!» Matt senti se stesso gridare. «Basta!»
Ferita a morte, la bestia crollo, urlando contro i suoi assassini, sbattendo le zampe anteriori, lacerando piu volte il braccio di Matt. Fu allora che ebbe l’impressione di essersi svegliato. Socchiuse gli occhi. Qualcosa continuava a graffiargli il braccio. Poi si rese conto che non era niente di piu maligno di una mano che gli grattava il gomito. Era seduto su una sedia in un cubicolo circondato da vetrate all’unita di Terapia Intensiva, la stanza della dottoressa Solari. Accasciato su un fianco, aveva dormito, la testa appoggiata per meta sulla spalla e per meta sul letto. Era stata Nikki Solari a svegliarlo dal suo strano incubo con un colpetto. Attraverso il vetro, Julie Bellet, una delle infermiere di notte, lo saluto, sorridendo. L’orologio a muro alle sue spalle indicava le cinque e mezzo.
La mente di Matt si schiari rapidamente. L’irrigidimento al collo gli fece capire che non si era mosso da un bel po’. La sua paziente, le braccia bloccate da cinghie in cuoio, lo stava implorando silenziosamente nella semioscurita. Gli occhi spalancati erano colmi di paura e confusione. Il tubo in poliestere che le aveva infilato tra le corde vocali era ancora al suo posto. L’apparecchio per la respirazione artificiale attaccato al tubo ronzava e sibilava mentre pompava aria nei polmoni della giovane a ogni respiro. Julie Bellet entro nella stanzetta.
«Buongiorno a tutti», esclamo. «Ha dormito per almeno tre ore. Aveva un aspetto tanto sereno che nessuno di noi ha avuto il coraggio di svegliarla.»
«Io… ehm… ero un po’ stanco», riusci a dire. «Penso sia ora di abbandonare il decaffeinato e tornare a quello forte e nero.»
Fece un timido sorriso e si giro verso Nikki. Sapeva dai racconti di chi si era svegliato attaccato a un respiratore quanto fosse spiacevole e spaventosa la sensazione data dal tubo infilato giu per la gola e nella trachea, avendo per di piu le mani legate con le cinghie. Accese la lampada a fluorescenza sopra la testa.
«Dottoressa Solari, mi spiace di essermi addormentato cosi. Sono stati due giorni duri. Io sono Matt Rutledge, il suo medico. Mi capisce?» Nikki annui, gli occhi fissi sul suo viso. «Bene», continuo. «Lei si trova nell’ospedale regionale dalla contea di Montgomery, a Belinda, nel West Virginia. Ho dovuto infilarle il tubo, perche ieri lei e quasi annegata in un lago. E rimasta priva di sensi per piu di dodici ore.»
Nikki, ignorando il dolore alle tempie, allungo il piu possibile la mano e indico il suo viso.
Nikki prego che il medico la comprendesse.
Matt Rutledge aveva qualche anno piu di lei, e un viso gentile e virile. I capelli scuri erano tirati all’indietro in una coda di cavallo che gli scendeva fin sopra il colletto della camicia.
«So che vorrebbe che le togliessi subito il tubo», disse. «So che e terribile, ma la prego, faccia del suo meglio per rilassarsi e respirare con calma. Pensa di avere bisogno di qualche farmaco per riuscirci?… Bene. Mi faccia un segno se dovesse cambiare idea. Il respiratore l’aiuta, tutto quello che lei deve fare e respirare. Le prometto che le togliero il tubo appena potro. Prima devo farle una radiografia e controllare il livello d’ossigeno nel sangue. Se le tolgo le cinghie, mi promette di tenere le mani lontane dal tubo?»
Nikki annui. L’infermiera, che era rimasta sulla porta, si avvicino, si presento e slego le cinghie.
«Nikki», disse, «il palloncino e ancora gonfio. La prego di non cercare di togliere il tubo. Potrebbe rovinarsi le corde vocali. D’accordo?»
Nikki si sforzo di annuire, anche se le sembrava di avere una canna per innaffiare in gola. A livello conscio, sapeva a che cosa serviva quel tubo, ma aveva la sensazione che la stesse soffocando. Chiuse gli occhi, mentre il medico le auscultava cuore e polmoni, le esaminava l’addome e controllava il battito alle braccia e alle gambe. Poi le chiese di aprire gli occhi e li esamino con un oftalmoscopio. Aveva un modo di fare rassicurante e un tocco delicato. Per quanto poteva dire, sembrava sapesse quel che stava facendo. Si appoggio al cuscino e si sforzo di respirare piu lentamente. Pezzo dopo pezzo, gli eventi sulla strada e nel bosco si riordinarono.
«Mi sembra vada tutto bene», commento Matt. «Ora vado a scrivere alcune prescrizioni e a gettarmi un po’ d’acqua in faccia. Poi tornero.»
Uscito Matt, l’infermiera Julie sistemo le lenzuola e asciugo il viso e le mani di Nikki.
«Guarira perfettamente», osservo. «Il dottor Rutledge non avra l’aspetto di un professore universitario di medicina, ma, mi creda, e un medico fantastico, il migliore di questo ospedale. Ho sentito che lei e di Boston. Ecco, lui e cresciuto qui, ma ha studiato a Harvard. E andato al lago in ambulanza e l’ha intubata la.»
Nikki le fece sapere di avere capito alzando debolmente il pollice.
Matt torno accanto al suo letto dopo essersi lavato e sbarbato e avere radunato le cose che gli sarebbero servite per Lewis Slocumb. Le ore di sonno gli avevano giovato e, almeno per il momento, si sentiva concentrato e pieno di energie. Ieri aveva avuto intenzione di tornare alla fattoria degli Slocumb per sostituire il tubo di fortuna dopo poche ore di lavoro all’ospedale, ma era passata un’intera giornata. Ebbene, penso, non poteva fare di piu e spero che Frank Slocumb avesse avuto il buon senso di portare il fratello in ospedale se fossero sorte complicazioni.
Nikki Solari pareva sveglia e piu vivace. Le radiografie non avevano rivelato una polmonite e i livelli di gas del sangue erano ottimi. Era ora di mantenere la promessa e di togliere il tubo. Forse cosi, le domande su cio che era successo a Crystal Lake avrebbero trovato risposta. Un mistero era gia stato risolto, e cioe lo strano sogno in