L’estate aveva cominciato timidamente a preannunciarsi, sebbene gli ultimi acquazzoni primaverili sembrassero non voler lasciare campo al bel tempo. Iosif usci dalla fabbrica che era gia sera. Kaplan non si recava quasi mai ai forni, quell’ambiente angusto e torrido non gli piaceva. E per Iosif era l’unico aspetto positivo del suo lavoro.
Fuori del cancello gli apparve la figura di Nadja, sotto un ombrello troppo piccolo per ripararla dalla pioggia. Vederla li lo mise quasi in allarme.
«Come mai qui, Nadja?» le chiese.
«Un amico che traffica sul mercato clandestino mi ha fatto avere questo», rispose lei, mostrandogli un plico. «Se mi porti in un posto asciutto te lo mostro.»
Non visto da loro, intanto, Kaplan, li teneva d’occhio attraverso i vetri del suo ufficio.
Non appena raggiunsero una pensilina dell’autobus, Nadja estrasse un volume dal plico e lo porse a Iosif.
Il titolo, in russo, diceva:
Iosif sapeva bene chi fosse Nikolaj Sokolov, il procuratore che, non appena i Bianchi avevano ripreso Ekaterinburg il 25 luglio 1918, era stato incaricato di far luce sulla fine dei Romanov.
«Ti ho anche preparato il riassunto di alcuni testi inglesi e francesi», continuo Nadja. «Ci sono parecchie cose interessanti sulla romanzesca diceria secondo cui alcuni dei Romanov sarebbero sfuggiti alla strage. Si dice che in Occidente vivano almeno un paio di donne che sostengono di essere la granduchessa Anastasia. In alcuni testi si afferma che le donne furono risparmiate e condotte a Perm, dove esisterebbero tuttora alcuni testimoni oculari.»
«Non mi sembra verosimile: mio nonno veglio tutta notte gli undici cadaveri e poi li spoglio degli abiti in cui era cucita una fortuna in pietre preziose.»
«Certo, pero tuo nonno parla di cadaveri sfigurati e irriconoscibili, a eccezione di quello dello zar. Non potrebbe essere stata una messinscena? Invece delle donne della famiglia imperiale, ai Quattro Fratelli potrebbero esser state portate alcune recluse comuni, giustiziate nel carcere di Ekaterinburg.»
«Di chiunque fossero, quei cadaveri vestivano gli abiti della famiglia imperiale, che erano foderati di gemme. Ho sempre sospettato che mio nonno non abbia restituito tutto il tesoro al Soviet, ma l’abbia parzialmente nascosto in un posto segreto.»
«Se vuoi, andiamo a casa mia», disse Nadja. «Non possiamo di sicuro esaminare il
«Gia, pare proprio che questo nuovo corso abbia scatenato tutte le potenzialita criminali del popolo russo», convenne Iosif, stringendosi a lei sotto l’ombrello e avviandosi.
L’appartamento di Nadja era caldo e confortevole, una vera isola felice in quel maltempo. Lei si sfilo il soprabito di fibre sintetiche, poi guardo il suo compagno. La tuta grigia era piena di fuliggine. Tutte le zone scoperte della pelle erano chiazzate di polvere di carbone. La pioggia aveva tracciato autentici rivoli sulle sue guance, dandogli l’aria di un clown.
«E forse meglio che ti faccia una doccia», commento. «Poi posso prestarti una tuta da ginnastica che mi e grande.»
Quando usci dalla doccia, nudo, Iosif si trovo davanti Nadja che gli porgeva un accappatoio. La abbraccio. Le sue mani forti la strinsero, mentre lei gli si abbandonava.
«Non sai quanto ho desiderato baciarti», sussurro Nadja, guidandolo verso la camera da letto. Fecero l’amore con infinita dolcezza, scambiandosi le parole che ognuno dei due serbava in cuore da tempo.
New York. Agosto 1986
Derrick stava uscendo dal tribunale quando vide una Mercedes accostata al marciapiede. Non riconobbe subito la persona che, dall’abitacolo, si sbracciava per salutarlo, ma poi capi che era Patrick Silver.
«Capperi, Pat, ti tratti bene. Una Mercedes 500 Coupe… Un gingillo da centomila dollari.»
«Qualche cosa di piu, se nuova, ma io l’ho presa usata per quarantacinquemila.»
Derrick lo scruto, invidiandone la splendida forma fisica. «Vedo che ti mantieni bgne sotto ogni punto di vista. A quanto pare il lavoro ti da grosse soddisfazioni, ma ti lascia anche tempo da dedicare alla cura del look.
«Ma che fine avevi fatto?» continuo. «Guarda che la tua assenza al matrimonio di Maggie e stata notata, e la sposa era molto dispiaciuta.»
«Non ci crederai, ma ero gia vestito di tutto punto quando mi si e presentato un impegno
«Di
«Uffa. Com’e stata la cerimonia? Maggie era contenta?»
«Non saprei, pero ho avuto una strana impressione, come dire… Pareva poco convinta.»
Il volto di Pat Silver si apri in un sorriso malizioso. L’idea che Maggie potesse avere una punta di rimpianto non gli dispiaceva affatto.
Da quando era diventata la signora Hassler, qualcosa era cambiato. Qualcosa d’importante. Ma, se non altro, il tempo che trascorreva in casa nel ruolo della brava casalinga le consentiva di documentarsi su cio che voleva arrivare a dominare: lo strano, misterioso risvolto oscuro della sua personalita.
Maggie sperimento per mesi diversi metodi di concentrazione, e a poco a poco riusci a controllare uno stato di trance leggera, fino a rendersi conto che le sue
E a quel punto decise che il suo avvenire sarebbe stato quello: si sarebbe messa al servizio degli altri, offrendo la sua singolare dote a chiunque fosse in difficolta.
Quella sera Timothy torno a casa alle otto in punto, come ogni volta. Si mise subito a tavola, dopo averla baciata sulla guancia, e come ogni sera apri il giornale.
Maggie lo osservo sconfortata per qualche istante, poi torno in cucina. Non riusciva ad ammettere di avere sbagliato, ed era comunque troppo tardi per ripensarci.
«Timothy», chiese a bruciapelo mentre metteva in tavola il primo, «ricordi quando le mie
«Come potrei dimenticarlo?» rispose lui senza distogliere lo sguardo dal giornale.
«Vorrei che diventasse un’attivita professionale.»
«Vorresti trasformare questa casa nell’antro di una sibilla?» ribatte suo marito, alzando finalmente lo sguardo.
«No, vorrei soltanto mettermi a disposizione di chi ne ha bisogno. Non certo ricevere clienti e scrutare nella sfera di cristallo.»
«E che cosa avresti intenzione di fare?»
«Tu hai molte amicizie nell’FBI, alla CIA e in chissa quanti altri servizi governativi. So che spesso utilizzano un medium per risolvere i casi piu difficili. Fammi provare, Timothy, ti prego.»
«Ma la cura della casa…» provo a ribattere lui.
«Posso benissimo occuparmi di tutto, e intanto eviterei la noia di stare qui ad aspettarti.»
«Vedro che cosa posso fare, ma non ti garantisco niente», taglio corto lui.
Ekaterinburg. Settembre 1986
Il
Iosif lesse e rilesse con la massima cura tutte le testimonianze raccolte da Sokolov e i verbali dei sopralluoghi ai Quattro Fratelli. Sentiva di essere a un passo dalla soluzione, ma non riusciva a raggiungerla.