torno al lavoro. La parte destra del suo volto era sfigurata e lo rendeva ancor piu cupo e terrificante. La mascella si chiudeva a stento con un sinistro scricchiolio, udibile anche a qualche distanza.
«Drostin, nel mio ufficio», ordino, piantato sul cancello della fabbrica con le mani sui fianchi.
L’unica differenza nel solito sgabuzzino era la scrivania sgombra: in assenza del capo reparto, qualcuno aveva provveduto a mettere ordine.
«Mi vedi, Drostin?» tuono Kaplan, coprendo il rumore delle macchine. E cosi dicendo espose alla luce della lampada da tavolo il profilo destro del viso. «Vedi come mi ha ridotto un maledetto figlio di puttana?»
Lo zigomo destro sembrava risucchiato nella guancia. Sotto la pelle, devastata dalle cicatrici, si vedeva l’innaturale movimento articolare della mascella.
Iosif rimase impassibile, limitandosi ad annuire.
«E sono convinto che quel gran figlio di troia giri ancora per questa fabbrica con la faccia in ordine», continuo Kaplan, guardandolo come se volesse incenerirlo. «Magari un po’ sporca di carbone, ma sempre una faccia normale, regolare.»
Iosif sapeva che cosa stava per dirgli, ma continuo a rimanere zitto, guardandolo dritto negli occhi.
«Sono sicuro che tu e quel figlio di puttana siete molto legati, Drostin. Anzi, magari siete la stessa persona. Non appena ne avro la certezza, non ti denuncero di sicuro alla polizia, ma ti spezzero l’osso del collo con queste mani.»
Iosif abbasso lo sguardo su quelle manacce minacciose, a poca distanza dalla sua faccia.
«Lavoro qui per mangiare. Non c’entro con quello che ti e successo.»
«Ti spezzero l’osso del collo», ripete Kaplan con uno sguardo omicida.
Iosif gli volto le spalle e usci.
Durante la pausa gli si avvicino Tanzic. «Che cosa ti ha detto quel bastardo?»
«E convinto che sia stato io a ridurlo in quello stato.»
«Tu invece sai chi e stato, ma non lo dirai a nessuno. Vero, vecchio mio?» replico Tanzic a voce bassissima, facendo vagare gli occhi tra gli operai in cerca di qualche possibile spia di Kaplan.
Iosif scosse la testa.
«Mai?» incalzo l’altro, tendendogli la mano.
«Mai», rispose lui, stringendola.
Maggio 1981
Quando le tredici persone attorno al tavolo ovale ebbero pronunciato la formula di rito: «
«Il desiderio di conoscenza e giustizia», fu la risposta pronunciata in coro.
«Il momento non puo essere lontano, Cavalieri di Cristo», annui il Maestro. «Come e stato predetto, il mondo corre verso la fine. Chi lo traghettera verso il suo inesorabile destino? Le forze del Male che lo hanno governato sino a oggi? O i credenti, pronti all’estremo sacrificio? Sara Satana o saranno i Cavalieri di Cristo? Fratelli: la Profezia di Hugues de Payns, primo Gran Maestro dell’Ordine Templare, non e lontana dall’avverarsi.»
Timothy Hassler viveva in un appartamento da scapolo al terzo piano di St Mark’s Place, al Greenwich Village. Maggie si sveglio di soprassalto al suo fianco.
«Timothy, svegliati, ti prego!»
Hassler fatico ad aprire gli occhi. «Che ore sono?»
«Quasi le nove. Ascoltami, ti prego. Ho avuto una visione orribile.»
«Ho ancora i fusi orari sballati…» ribatte lui sfregandosi gli occhi. Era infatti appena rientrato da un viaggio di lavoro in Italia e aveva preso alcuni giorni di vacanza. Ci volle un po’ prima che fosse completamente sveglio.
«Ho visto un uomo vestito di bianco su un’auto in uno dei luoghi piu famosi del mondo: piazza San Pietro, a Roma», gli spiego Maggie, agitatissima. «Era il papa, ed era gravemente ferito. Sono convinta che attenteranno alla sua vita.»
«E stato soltanto un brutto sogno, Maggie», cerco di tranquillizzarla lui. «Perche non provi a riaddormentarti? Vedrai che quando ti sveglierai sarai piu tranquilla.»
«Ho visto il papa ferito», tenne duro Maggie, in tono ormai quasi disperato.
«E che cosa vorresti che facessi? Che alzassi il telefono e chiedessi al centralino di passarmi il Santo Padre perche la mia fidanzata lo ha sognato?»
«No, pero potresti muovere qualche tua conoscenza.»
«Va bene, ma calmati. Mi mettero al piu presto in contatto con il mio ufficio.» E cosi dicendo l’abbraccio, facendo scorrere le mani sulla sua pelle ambrata. Lei non seppe opporgli resistenza.
Quando, tre ore piu tardi, Timothy chiamo finalmente il suo ufficio, era troppo tardi: a Roma, un’ambulanza stava trasportando Giovanni Paolo II al Policlinico Gemelli. Era in serio pericolo di vita.
«Non avremmo potuto fare niente, Maggie», disse Hassler con aria sconsolata. «Dal momento in cui hai avuto la tua
«Un ragazzino mi e apparso in sogno», spiego Maggie, «e mi ha detto: ‘La Signora Lucente lo salvera’. Poi mi sono svegliata di soprassalto e ho avuto la visione dell’attentato.»
«La Signora Lucente?» replico Hassler in tono scettico.
2
Ekaterinburg. Marzo 1986
La giovane bibliotecaria seduta dietro il bancone di legno osservo con attenzione il tesserino e lesse il nome. Era bionda e di figura slanciata. Gli indumenti non riuscivano a dissimulare un seno prosperoso. Gli occhi azzurri brillavano sotto una frangetta tagliata con cura e sopracciglia appena accennate.
«Come mai e interessato al destino dei Romanov, compagno Drostin?» chiese, scoccando un’ulteriore occhiata al tesserino. Ma il suo sorriso era franco e cordiale.
«Mio nonno faceva parte del corpo di guardia di Casa Ipat’ev, signorina… signorina?»
«Nadja Vessirova», rispose immediatamente lei.
«Come le dicevo, Nadja», continuo Iosif sfoderando il suo migliore sorriso, «vorrei riuscire a ricostruire una parte della storia della mia famiglia, che vanta un Eroe della Rivoluzione: appunto mio nonno Igor.» E istintivamente nascose sotto il bancone le mani callose.
La vita in fabbrica si faceva sempre piu dura: Kaplan sembrava avere occhi soltanto per lui e rimproveri soltanto per il suo scadente modo di rendersi utile alla collettivita.
«Ecco, questo e tutto cio di cui la biblioteca dispone sui Romanov. Almeno per quanto concerne le pubblicazioni
«
«Be’, i testi sui Romanov sono molti di piu di cio che ci autorizzano a tenere in biblioteca.»
Iosif capi che la giovane doveva sapere parecchio su questi testi
«Potrei cominciare con questa roba e poi passare al resto, casomai riuscissi a trovare qualcosa d’interessante sul mercato nero.»
La giovane lo lascio con un sorriso, facendo dietrofront e tornando al suo bancone.
Iosif ebbe la netta sensazione che avvertisse il suo sguardo puntato su di lei e ne provasse piacere.