misteriosi Templari. Di quello che si dice e mormora di loro, quanto e leggenda e quanto realta?»

«Mio Dio», rispose Gerardo, «sono ben lungi dal sapere tutto. Come ha detto lei stessa, si tratta di una vicenda avvolta nel mistero, almeno per la sua conclusione.»

«Ma noi americani ne sappiamo poco o niente», intervenne il padrone di casa. «Ci illumini, per favore.»

Gerardo di Valnure sorrise e comincio la sua rapida lezione.

«L’Ordine Templare», disse, «fu fondato a Gerusalemme attorno al 1120 da un nobile francese originario della Champagne, Hugues de Payns. Arrivato li con altri otto cavalieri, godette a lungo dell’ospitalita di re Baldovino II in un’ala del palazzo reale. Un edificio costruito nientemeno che sulle rovine del Tempio di Salomone.

«I Templari si assunsero essenzialmente il compito di proteggere i pellegrini in viaggio per la Terrasanta. Costituivano dunque un Ordine militare, ma i suoi appartenenti prestavano i voti monastici di poverta, castita e obbedienza.

«Agli inizi vissero di donazioni dei nobili europei, ma in seguito arrivarono ad accumulare ricchezze tali da far invidia a un potente dell’epoca come Filippo IV re di Francia, detto il Bello. E questo significo la loro rovina e il fitto mistero che la circonda.»

«Un autentico mistero», intervenne la giornalista rivolta agli altri commensali. «State a sentire.»

«Sara opportuno procedere con ordine», sorrise Gerardo di Valnure. «Nel 1128 l’Ordine Templare ottenne il riconoscimento di papa Onorio II e, sotto la guida spirituale del potente abate di Chiaravalle — il futuro san Bernardo —, si diede una ‘Regola’, sancita dal Consiglio di Troyes. In realta consentiva diverse interpretazioni a seconda delle lingue in cui veniva tradotta.

«La lingua in uso tra i Cavalieri dell’Ordine Templare era infatti il francese, essendo quella dei fondatori. Ma in seguito Hugues de Payns e i suoi reclutarono proseliti nella piu ampia nobilta europea, soprattutto tra gli ultimogeniti, che erano destinati alla vita religiosa.

«I Cavalieri veri e propri, ovvero quelli che combattevano, vestivano una tunica con una croce rossa sul petto e sulla schiena, mentre gli ecclesiastici portavano una veste verde, anch’essa con la croce rossa.»

«Ma il mistero?» incalzo il padrone di casa.

«Le leggende sui Templari sono molteplici, anche se in genere puramente fantasiose. C’e chi dice che siano entrati in possesso di antichissimi documenti rinvenuti sotto il Tempio di Gerusalemme e risalenti all’epoca di Mose, chi sostiene che abbiano nascosto sacre reliquie chissa dove. E cosi via.

«Il vero problema, invece, consisteva nella loro potenza e ricchezza, che stavano per diventare una minaccia per i potenti del tempo. Con il risultato che Filippo IV il Bello, le cui finanze rischiavano la bancarotta, il 13 ottobre 1307 fece arrestare tutti i Templari di Francia, confiscando i loro beni e consegnandoli all’Inquisizione. Era un venerdi, e da li discende la superstizione che sconsiglia d’intraprendere attivita a rischio di venerdi 13. E anche quella che, qui in America, vieta i piani e le camere numero 13.

«Sotto le torture dell’Inquisizione molti Cavalieri confessarono colpe che andavano dall’eresia alla cospirazione, dalla stregoneria alla sodomia, e chi piu ne ha piu ne metta. Finche nel marzo del 1314 fu arso vivo a Parigi l’ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay: l’Ordine dei Templari era distrutto. Ma c’e chi pensa che cosi non sia.»

«Cioe?» chiese ancora la giornalista.

«Be’, per esempio, in certi rituali d’iniziazione massonica sopravvivono simbologie templari. E un’associazione che prende il nome dagli antichi Cavalieri esiste ancora oggi, ma esercita prevalentemente fini assistenziali e filantropici. A riti templari facevano riferimento certe sette che di recente hanno fatto molto scalpore con i loro suicidi di massa. E altre sette ancora, piu o meno potenti od oscure. Ma non esistono documenti tali da far supporre che gli eredi dei Templari siano ancora tra noi.»

«Se invece vi fossero, secondo lei che cosa farebbero?» non riusci a trattenersi dal chiedere Maggie.

«La prima cosa che mi viene in mente e che cercherebbero una rivincita nei confronti del papa, il discendente di quel Clemente V che, cedendo alle pressioni di Filippo il Bello, autorizzo i processi, le torture e i roghi dell’Inquisizione.»

«Crede che i Templari siano davvero depositari di qualche segreto?» chiese ancora Maggie, sgranando gli occhi bruni.

«Chi puo dirlo, signora Hassler? Posso soltanto rispondere che il mistero che avvolge la loro fine riporterebbe addirittura ad antiche profezie, agli albori della Bibbia, alle origini delle nostre tre religioni monoteiste. Si, un vero, straordinario e affascinante mistero.»

Mosca. Dicembre 1991

«Credo che dovresti diversificare il lavoro, Chalva», disse un giorno Iosif, che in pochi mesi era diventato il braccio destro di Tanzic. «In che senso?»

«Esistono altre attivita oltre alle puttane.»

«Cioe?»

«La droga, per esempio. O le armi, se vuoi mantenerti ai limiti della legalita. Nessuno verra mai a sindacare a chi vendi armi.»

«Gia, ma quelle che chiami puttane non richiedono i grossi investimenti necessari per la droga o le armi. Tutto quello che guadagno lo uso per vivere bene, quindi non ho la liquidita necessaria per comprare eroina o mitragliatori. E soprattutto non bisogna sottovalutare il fatto che i gruppi attivi a Mosca sono ormai assestati, specializzati per settori, e non ammettono la concorrenza. Se dovessimo invadere un campo altrui, scateneremmo una guerra.»

«Non dirmi che hai paura.»

«Mi conosci, Drostin. Ti sembro uno che puo avere paura?» ribatte Tanzic con gli occhi ridotti a una fessura. «Ma dove li trovo i soldi per buttarmi in attivita del genere?»

«Potrei forse esserti utile io, ricambiando quello che hai fatto per me.»

E all’espressione incuriosita dell’altro, Iosif continuo: «Non ho prove certe, visto che Kaplan mi ha sorpreso proprio mentre stavo per disseppellirlo, ma sono convinto di conoscere il nascondiglio di una parte del tesoro dei Romanov. Se cosi dovesse essere, e se mi aiuterai, il cinquanta per cento di cio che troveremo sara tuo».

Quindi prosegui ripercorrendo per sommi capi le tappe che lo avevano portato alla sua scoperta. Sapeva che senza l’aiuto di Tanzic gli sarebbe stato impossibile tornare a Ekaterinburg per completare la ricerca.

Tanzic lo ascolto con attenzione, annuendo piu volte. Decisero che il giorno dopo sarebbero andati da soli alla miniera dei Quattro Fratelli.

Le gomme chiodate dell’auto facevano buona presa sul ghiaccio. Avevano scelto un’utilitaria per non dare nell’occhio, e raggiungere Ekaterinburg richiese piu di sette ore. Parcheggiata l’auto all’inizio del sentiero, smontarono e presero le pale.

La radura dei Quattro Fratelli non era molto cambiata. Un manto bianco di neve si stendeva sulla vegetazione, quasi volesse celare i punti di riferimento. Ma Iosif li ricordava fin troppo bene.

Trovare l’anfratto dove aveva nascosto il corpo di Kaplan richiese pochi minuti. Vide subito il teschio con la menomazione allo zigomo: nessuno aveva violato la tomba del suo aguzzino.

«Il bastardo ha avuto quello che si meritava», commento Tanzic.

Iosif stese ancora una volta lo spago sulla neve e gli indico l’incontro delle diagonali.

«Dobbiamo scavare in questo punto», disse, passandogli una delle due pale.

Quando abbandonarono la ricerca era ormai sera. Tornarono all’auto. Tanzic avvio il motore e accese il riscaldamento. Avrebbero dormito fino all’alba.

Nell’eseguire lo scavo avevano usato una tecnica «a spirale», partendo cioe dal centro e procedendo verso l’esterno.

Nonno Igor non poteva aver avuto il tempo di scavare una buca molto profonda, per cui non erano scesi piu giu di novanta centimetri, sperando che gli anni non avessero fatto depositare grosse quantita di terra sulla zona.

Alle prime luci erano gia al lavoro, e a mezza mattina Tanzic urlo: «Qui, fratello, qui! Sento qualcosa!»

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