sotto le mura dell’ultimo baluardo cristiano in Terrasanta. Tra pochi giorni avrebbe sferrato il primo di una lunga serie di attacchi. Ogni ponte levatoio di San Giovanni d’Acri era stato alzato, anche quelli verso il porto, unica via di scampo per i cristiani. A parte i civili, le milizie assediate ammontavano a diecimila uomini, compresi ottocento Cavalieri, tra Templari, Ospedalieri e Teutoni, mentre al-Ashraf disponeva di centomila guerrieri.

Guillaume de Beaujeu, Gran Maestro del Tempio, osservava le manovre dei mori dall’alto delle mura. Sembrava quasi che non avessero fretta. Ma Guillaume sapeva che dietro quella lentezza si nascondeva una strategia. Lo avevano infatti informato che al-Ashraf stava facendo affluire molte macchine da guerra, di cui pero non si vedeva ancora traccia.

«Sono almeno dieci volte piu numerosi di noi», commento al suo fianco Bertrand de Rochebrune, giovane e valente Cavaliere.

«Il Signore ci aiutera.»

Guillaume era convinto che il papa non li avrebbe abbandonati alla loro sorte, vista l’importanza di quella roccaforte cristiana in Terrasanta. Ma, dopo la caduta di Tripoli, i possedimenti cristiani si erano ridotti a San Giovanni d’Acri e a due castelli fortificati sulla costa. E papa Niccolo IV sarebbe forse stato costretto a rinunciarvi.

Il ventenne Bertrand de Rochebrune era Cavaliere Templare da un anno. Vestiva con orgoglio la tunica crociata ed era pronto a sacrificare la vita. I capelli corvini spuntavano dall’elmo sopra una barba ancora rada. Era alto, atletico e abilissimo con la spada.

«Bertrand, provvedete che donne e bambini siano pronti per evacuare in qualsiasi momento», gli ordino il Gran Maestro. «Poi scegliete cinquanta fanti e quattro sergenti. Proteggerete un primo contingente di civili, qualora si riesca a farli fuggire dalla citta.»

«Permettete, signore, preferirei rimanere al vostro fianco e combattere fino all’ultimo.»

Sul viso di Guillaume de Beaujeu comparve un’espressione contrariata. «Oltre alle donne e ai bambini, abbiamo molte cose da mettere in salvo. Saranno affidate a voi, per una missione che reputo della massima importanza», taglio corto in un tono che non ammetteva repliche.

Piacenza. Castello di Valnure. Ottobre 1998

Le prime foschie autunnali nascondevano le antiche dimore padronali tra i campi perfettamente coltivati. Il castello dei conti di Valnure sembrava un miraggio dai contorni ovattati.

La torre principale proteggeva il lato orientale, l’unico un tempo esposto agli assalti, essendo gli altri tre lambiti dal corso di un fiume. All’interno della prima cinta di mura c’era l’antico borgo che, totalmente ristrutturato, adesso ospitava due ristoranti, un’enoteca e diversi appartamenti concessi in affitto. Il castello vero e proprio era protetto da un’ulteriore cinta muraria alta piu di dieci metri. Il tutto in uno stato di conservazione ammirevole. Aiuole ben curate circondavano le basi di alberi secolari. Le visite guidate si susseguivano all’interno del villaggio medievale come nel castello. Nelle sei ore giornaliere di apertura, tre guide gestivano un flusso pressoche costante di visitatori.

L’abitazione di Gerardo di Valnure era di grande signorilita, e vi regnava una sorta di caos organizzato, in cui sembrava che soltanto il proprietario sapesse orientarsi. Il salotto era letteralmente invaso dai libri. In un angolo c’era un computer di ultima generazione con collegamento a Internet.

Gerardo aveva posato sul letto a baldacchino due borse da viaggio e si aggirava in cerca del necessario per il suo viaggio in Terrasanta.

«Sei anni», borbotto. Sei anni alla ricerca di un indizio mai trovato. Il mistero del nodo rimaneva tale, e l’antica iscrizione gli rodeva la mente come un tarlo.

«Posso essere d’aiuto, signore?», chiese con deferenza Giacomo, l’anziano maggiordomo.

«No, grazie. Ho molta fretta: l’aereo parte da Milano fra tre ore. Devo sbrigarmi, se non voglio perderlo.»

«Posso chiedere per quanto tempo il signor conte sara assente?»

«Non lo so, forse un mese, forse pochi giorni. Chissa.» E Gerardo sorrise. Giacomo era con la sua famiglia da sempre, lo conosceva fin da bambino. Tra loro si era sviluppata una profonda confidenza.

Il maggiordomo preferi non insistere: sapeva che, quando il conte rispondeva in quel modo evasivo, era inutile farlo. Sapeva delle sue ricerche e, finche l’eta glielo aveva consentito, lo aveva accompagnato piu volte.

«Dove potro rintracciarla in caso di necessita?»

«Nei primi giorni il mio indirizzo sara quello che ti ho dato, e a ogni spostamento mi faro vivo io per telefono.»

Il mattino dopo Gerardo di Valnure si sveglio al Palm Beach Hotel, affacciato su un Mediterraneo battuto da un sole ancora caldo. Poco lontano si scorgeva la citta che oggi porta il nome di Akko, ma che un tempo era San Giovanni d’Acri.

San Giovanni d’Acri. 18 maggio 1291

Gli uomini schierati da al-Ashraf Khalil avanzavano ordinatamente disposti su tre linee. La prima era schierata a imitazione della testuggine romana, e i soldati si proteggevano con grossi scudi. La seconda era seminascosta dal fumo di vasi di pece infuocata e petrolio. L’ultima era formata dagli arcieri. La citta stava per cadere.

Sulle torri gia fortemente danneggiate dalle catapulte, Guillaume de Beaujeu chiese a Bertrand de Rochebrune: «Avete radunato tutte le donne e i bambini che possono trovare riparo su una delle nostre galee?»

«Si, signore, sono circa duecento e mi aspettano all’inizio della seconda galleria che conduce al porto.»

In quel momento gli assalitori si divisero in due tronconi, il piu consistente dei quali punto verso Porta Sant’Antonio.

Il Gran Maestro li osservo qualche istante, poi ordino: «Andate, Bertrand, presto. Stanno dirigendosi verso il lato opposto rispetto al porto. Correte a portare in salvo i vostri protetti. Noi cercheremo di tenerli impegnati.»

«Il Signore sia con voi, Gran Maestro.»

Bertrand s’inchino e le mani di Guillaume tracciarono una croce nell’aria.

«Ci rivedremo, Bertrand, qui o in Cielo. Dio vi protegga.»

Gli attacchi dei mori erano stranamente concentrati sulla cittadella e non sul porto, che, protetto da un baluardo fragile, sarebbe stato piu facile da conquistare. Nell’insenatura naturale erano alla fonda quattro galee, con gli equipaggi pronti a salpare.

Il cunicolo che correva sotto le mura verso il. porto era angusto e maleodorante. Le donne e i bambini, in lacrime, si tenevano per mano. La catena umana avanzava incerta nel buio illuminato da poche torce, e Bertrand e i suoi la incitavano ad affrettarsi.

Quando finalmente fu tutta raccolta a ridosso delle mura del porto, i soldati condussero donne e bambini a bordo della galea pronta a salpare.

I mori si accorsero di loro quando gli argani erano gia in tensione e la galea stava per lasciare gli ormeggi. Preoccupato, Bertrand li vide girare la catapulta puntata contro la Torre Nuova, mirando su di loro. Il primo dei grossi proiettili parti quando i remi della murata di dritta della galea stavano lambendo le acque. Altri massi sollevarono alti spruzzi d’acqua, ma si persero a poppa, sempre piu lontani.

Quello stesso giorno Guillaume de Beaujeu mori con molti dei suoi nella strenua difesa di Porta Sant’Antonio, e dieci giorni dopo, lunedi 28 maggio 1291, San Giovanni d’Acri cadde. Nessuno dei Cavalieri del Tempio rimasti abbandono la postazione: morirono tutti, come avevano giurato.

La fusta dell’emiro Ibn ben Mostoufi era in grave difficolta. Da due giorni e due notti gli uomini si affannavano senza tregua alle pompe, ma sembrava che l’acqua del mare in tempesta penetrasse da ogni parte. Il vessillo dei mori sventolava a poppavia, teso nel vento impetuoso.

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