All’improvviso, tra le paurose onde apparve la galea cristiana. Era piu veloce, e quasi certamente aveva a bordo il doppio, se non il triplo degli uomini dell’imbarcazione moresca. L’unica via di scampo sembrava la fuga.

«Nave a dritta!» grido la vedetta della galea, superando il frastuono delle onde. «Reca il vessillo degli infedeli.»

«Abbiamo a bordo duecento donne e bambini, non possiamo ingaggiare battaglia», disse Bertrand al comandante, un veneziano esperto e scrupoloso.

«E vero, signore. Li incroceremo, e sarebbe facile avere ragione di loro, ma dobbiamo anzitutto pensare a questa povera gente.»

Tutt’altro clima regnava a bordo della piccola fusta di Ibn ben Mostoufi. «Virate di bordo, allontanatevi dalla loro rotta, proveremo a fuggire», grido l’emiro.

«Ma cosi offriremo il fianco alla tempesta, effendi», obietto uno dei marinai. «La nave si capovolgera.»

«Se non viriamo finiremo in bocca agli infedeli, e sapete bene come riducono i prigionieri.»

Tra i cristiani era infatti diffusa la leggenda che, prima di lanciarsi all’attacco, i mori ingoiassero gioielli e oro. Quindi ogni saraceno catturato veniva sbudellato in cerca di quelle ricchezze.

A Ibn ben Mostoufi stavano a cuore due cose: le preziose stoffe di cui aveva stipato le stive, ma soprattutto una bambina di soli sette anni, l’unica figlia concessagli da Allah misericordioso prima che una grave setticemia lo rendesse sterile.

La navicella moresca viro improvvisamente, resistendo a una prima serie di onde, ma improvvisamente si capovolse.

«Non c’e alcuna speranza che sopravvivano», commento Bertrand, affacciato alla battagliola di prora tra il ribollire degli spruzzi, indicando al comandante alcuni naufraghi che cercavano disperatamente di tenersi a galla sul mare in tempesta.

Quando raggiunsero il punto del naufragio, non si vedevano piu tracce di vita. Soltanto cadaveri e relitti alla deriva. Ma l’attenzione di Bertrand fu attirata da un pezzo del cassero di poppa della fusta, che rimaneva miracolosamente eretto tra il tumulto delle onde. Il giovane aguzzo lo sguardo, e cio che vide lo fece rabbrividire.

Rannicchiata in un angolo del relitto c’era una bambina di pochi anni, nera come la notte. Anche da quella distanza si vedeva che i suoi occhi bruni erano sbarrati e pieni di paura. Quel rifugio di fortuna avrebbe potuto reggerla ancora pochi istanti, prima di capovolgersi.

Bertrand non poteva rimanere inerte: ben altro gli ordinava la pieta cristiana che, come ogni Templare, aveva giurato di perseguire a ogni costo. Si spoglio e si getto nel mare in tempesta.

Con la testa sanguinante, aggrappato a un relitto poco lontano, fu l’ultima cosa che gli occhi appannati dell’emiro poterono vedere. Poi Ibn ben Mostoufi perse i sensi.

Bertrand era un buon nuotatore, ma stava affrontando un’impresa ai limiti delle possibilita umane. Riusci comunque a raggiungere il relitto, mentre la galea arrestava la sua corsa, mettendosi con la prora al mare e al vento. Il comandante manovro in modo che la nave facesse da scudo al soccorritore, mettendosi sopravvento.

Bertrand senti il fasciame del cassero scricchiolare e fece appena in tempo ad afferrare la bambina per i capelli, mentre il relitto si sfasciava. Le tenne la testa fuori dall’acqua, cercando faticosamente di riguadagnare la nave, la cui murata sembrava invece allontanarsi.

Era esausto, le forze stavano per abbandonarlo, e cominciava a disperare, quando si senti afferrare da una mano forte. Incrocio lo sguardo del comandante della galea, sporto dalla murata su una scala di corda. Accanto a lui, un marinaio era gia riuscito a sollevare dal mare la piccola.

Quando si isso a bordo, Bertrand fu accolto da un’acclamazione. Tutti avevano seguito con ansia la sua impresa, commossi dal coraggio del Cavaliere del Tempio che metteva a repentaglio la sua vita per salvare quella di una giovane infedele.

«Come ti chiami?» chiese Bertrand non appena ebbe ripreso un po’ di fiato, cercando di spremere tutto cio che poteva da una lingua che conosceva appena.

«Shirinaze, signore», rispose la piccola con una voce rotta dai singhiozzi.

Akko. Israele. 20 ottobre 1998

Erano trascorsi quindici giorni da quando Gerardo si era trovato a passeggiare in un mercatino d’antiquariato nei pressi di Recanati, in Italia. Era andato a Loreto per visitare il celebre santuario della Vergine, dove si dice che i Crociati in fuga da San Giovanni d’Acri abbiano trasportato, tra altre sacre reliquie, la Santa Casa di Nazareth.

La sua attenzione era stata richiamata da un medaglione poco piu grande di una moneta, esposto in un banco di numismatica. Lo aveva preso per osservarlo piu da vicino.

Era in argento massiccio, coniato in maniera artigianale, consunto e scarsamente leggibile per un occhio non addestrato. Su un lato portava inciso il classico simbolo templare: due crociati in sella allo stesso destriero. E sul retro Gerardo aveva immediatamente riconosciuto il nodo stilizzato: una gassa d’amante.

«Le interessa, signore?» gli aveva chiesto l’antiquario, un omino curvo sull’ottantina.

«Si, bella, bella», aveva commentato in tono fintamente distratto, cercando di dissimulare il suo profondo interesse per la medaglia, in modo che l’antiquario non ne aumentasse il prezzo.

«E uno degli ultimi pezzi che mi sono rimasti della collezione di antiche medaglie dei marchesi di Recanati.»

«Ce n’erano altri con lo stesso soggetto?»

«No, quello e il solo che raffiguri due Templari», aveva risposto l’anziano numismatico, dando l’impressione di sapere bene quale fosse il soggetto dell’iscrizione e, di conseguenza, quale ne fosse il valore.

«L’attuale Porto Recanati era un crocevia importante per i traffici dell’Adriatico», aveva continuato, «una tappa quasi obbligata per le navi che rientravano dalla Terrasanta. Per questo sono arrivate qui le pietre della Casa della Santa Vergine, ora a Loreto.»

«Ah», aveva commentato Gerardo di Valnure, continuando a fingere scarso interesse. «Quanto costa?»

Si era sentito chiedere una piccola fortuna, ma, dopo un’estenuante trattativa, la medaglia era finalmente stata sua.

Cosi era iniziata la sua nuova ricerca. E adesso, sulla costa nei pressi di Akko, la medaglia, opportunamente pulita e trattata, rifletteva il sole caldo del Mediterraneo meridionale.

Mediterraneo meridionale. 25 maggio 1291

La galea aveva fatto una breve sosta a Cipro per poi proseguire verso Venezia, suo porto di destinazione. In quei sette giorni Bertrand aveva stretto una cordiale amicizia con il comandante, un veterano che aveva solcato tante volte quei mari trasportando i crociati. Di nome Alvise Magri, navigava da molto tempo per un nobile veneziano che aveva donato quella galea all’Ordine del Tempio.

Patron Magri e lui trascorrevano lunghe ore sul ponte a discorrere di vicende marinare, a cui Bertrand de Rochebrune, ultimogenito di una nobile famiglia delle Alpi Marittime, sembrava molto interessato. Il comandante gli indicava le caratteristiche piu importanti di quella nave agile e veloce e gli spiegava i segreti della navigazione.

«Questo nodo mi riesce con particolare facilita», commento un giorno Bertrand.

«E un nodo importante per ogni marinaio», replico patron Magri, «saldo e facile da sciogliere.»

«In ricordo di questa avventura, voglio che una figura simile a questa adorni il mio sigillo personale», disse d’impulso Bertrand, indicando la gassa d’amante che aveva appena annodato. «Una volta tornato a casa cerchero un bravo incisore.»

«Non avete bisogno di aspettare fino ad allora. Il nostro fabbro lavorava per la zecca del Doge. Puo realizzarvi un sigillo o addirittura un conio.»

Nel frattempo la piccola Shirinaze si era ammalata, per cui Bertrand le aveva concesso di dormire in un

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