angolo del suo alloggio, situato nel padiglione a poppa della nave.

Il giovane Cavaliere s’interrogava spesso con ansia sulla sorte dei suoi compagni rimasti nella citta assediata, ma non nutriva speranze. Avevano sicuramente capitolato ed erano morti. Per vincere il senso di angoscia e impotenza, spostava subito il pensiero al cofanetto nascosto nel suo alloggio, provando un intenso sollievo: era vivo e avrebbe potuto adempiere al giuramento fatto al Gran Maestro Guillaume de Beaujeu.

Quando Bertrand rientro nel suo alloggio, era notte fonda. Si accorse che Shirinaze era scossa da brividi di febbre e la copri con il suo mantello crociato, inginocchiandosi accanto a lei e pregando che il buon Dio non la portasse via. Si sentiva profondamente legato a quella piccola dai grandi occhi bruni e dalla carnagione scura. Le aveva praticamente ridato la vita, la considerava quasi una figlia.

Il mattino seguente incontro come sempre sul ponte il comandante, che gli chiese subito notizie della piccola.

«Non sta bene», rispose, «ha le convulsioni per la febbre alta. Temo che si stia aggravando.»

«Se riusciremo a mantenere questa velocita, fra tre o quattro giorni dovremmo raggiungere un porto dell’Adriatico, dove conosco un convento di monaci che potranno Drestarle le cure necessarie. Vi siete affezionato, eh, Bertrand?»

«E tanto piccola e innocente. Che colpa ha di tutto questo? Sono sicuro che diventera un’ottima cristiana. Ormai mi sento responsabile del suo futuro. E prego Dio di concederglielo.»

Akko. 20 ottobre 1998

Le origini della citta si perdono in tempi remoti. La sua prima descrizione appare in antichi testi egizi del XVI secolo avanti Cristo. S’incunea nel mare come uno sperone di roccia, costituendo uno dei porti naturali piu sicuri del Mediterraneo e per certo il piu sicuro della Terrasanta.

Per conquistare quel baluardo sul mare erano state combattute tante aspre battaglie. Vi erano entrati gli eserciti di Giulio Cesare e gli Omayyadi di Damasco. Gli arabi l’avevano presa nel 636, convertendola all’Islam. I crociati se ne erano impossessati nel 1104, facendone il porto principale in Terrasanta e la residenza dei loro re. A parte una piccola parentesi, la citta era poi rimasta sotto il dominio cristiano sino al 1291.

Vicende storiche che Gerardo di Valnure conosceva a memoria. Si stava aggirando per le cosiddette Sale dei Crociati, studiando con estrema attenzione le colonne nella speranza di trovare qualche iscrizione utile, incisa come d’uso da un crociato durante l’ansiosa attesa dell’ordine d’attacco.

La citta crociata era stata riportata alla luce soltanto di recente. Attraversando la parte piu antica degli scavi, Gerardo raggiunse lo stretto cunicolo che portava al refettorio e permetteva di arrivare al porto passando sotto i bastioni. Se chi gli interessava era riuscito a fuggire da San Giovanni d’Acri assediata, lo aveva fatto passando di li.

Quando, concluso il percorso sotterraneo, Gerardo si trovo di nuovo all’aperto, fu costretto a socchiudere gli occhi. Nel porticciolo stazionavano alcune imbarcazioni da diporto, e piu lontano, verso il mare aperto, vide alcune barche da pesca. Si figuro la scena di settecento anni prima. Le galee alla fonda, le macchine da guerra, i fuochi dei bivacchi e, chiuse tra le solide mura, migliaia di persone in sgomenta attesa dell’attacco di al-Ashraf. Gli sembrava di averla li, davanti agli occhi.

Invece, per quanti sforzi imponesse alla sua immaginazione, non riusciva a venire a capo del mistero che lo interessava. Punto a passo risoluto verso il museo, a poca distanza dalla citta antica. Poteva esservi celato qualche indizio.

La direttrice, l’archeologa francese Estelle Dufraisne, gli fece fare una decina di minuti di anticamera, prima di riceverlo con un atteggiamento chiaramente infastidito.

«In che cosa posso esserle utile, signor di Valnure?»

«Sto effettuando una ricerca.»

«Sul Sacro Graal? Sull’Arca dell’Alleanza? Sappia che sono letteralmente assediata da questo genere di ‘ricercatori’. Ma io mi occupo solamente di ricerche storiche serie, non di fantastoria», replico bruscamente la donna.

«Egregia signora Dufraisne», ribatte Gerardo in tono risentito, «ho all’attivo alcuni testi sul Medio Evo, e una ventina d’anni di ricerche storiche piu che serie. E non mi sono mai fatto incantare dalle fantastorie sul Sacro Graal o sull’Arca Perduta. Mi baso su cio che vedo, e cio che vedo e questo.»

La direttrice prese la medaglia d’argento che aveva posato sul tavolo e la studio.

«Sembrerebbe autentica. Una medaglia templare. Ne sono state scoperte diverse.»

«Si, ma questa ha sul retro un sigillo singolare.»

«Questo?» chiese la donna. «Sembrerebbe un pesce stilizzato. No, qui ad Akko non ho mai visto niente di simile.»

«Gia, un pesce con la coda annodata in quello che sembra un nodo marinaro.»

«Ripeto, non ho mai visto niente del genere. Conosco il simbolo stilizzato del pesce: si dice che fosse in uso tra i primi cristiani. Ma non ho notizia di nodi marinari.»

Gerardo si accorse che la donna stava per congedarlo e si affretto a prevenirla: «Signora Dufraisne, alloggero ancora per qualche giorno al Palm Beach Hotel. Se le venisse in mente qualcosa, le sarei veramente grato se volesse contattarmi».

Non appena Gerardo di Valnure fu uscito dalla sua stanza, Estelle Dufraisne si attacco al telefono.

Adriatico. 26 maggio 1291

La nave sbandava paurosamente. Le onde erano meno alte di quelle che li avevano investiti durante la fuga da San Giovanni d’Acri, ma non per questo meno insidiose.

La costa era ormai in vista, e patron Magri si era piazzato accanto al timone, pronto a correggere la rotta in caso di bisogno, anche se sapeva di poter contare sull’esperienza dei suoi uomini.

Fu il calafato a comunicargli che stavano imbarcando acqua e che la parte immersa aveva subito danni.

Lo scafo della nave era costituito da un lungo telaio orizzontale, detto «posticcio», due «correnti» longitudinali e due «gioghi» trasversali. E una delle «correnti» aveva ceduto nella parte prodiera. Non era un danno che per il momento potesse pregiudicare la navigazione, ma avrebbe richiesto lunghi lavori, impedendo per parecchio tempo alla galea di riprendere il viaggio verso Venezia.

Alle prime luci del mattino seguente, mentre il mare si andava calmando, la nave esegui le manovre di ormeggio nel porto di Recanati.

Bertrand aveva trascorso l’intera notte accanto a Shirinaze, che non riprendeva conoscenza. Il suo corpicino era scosso da brividi di febbre; dalla bocca le uscivano parole incomprensibili.

Aveva visto uomini morire — ne aveva anche uccisi molti —, ma questa era una cosa diversa. Quella bimba gli era ormai entrata nel cuore.

«Lo scafo ha riportato seri danni», gli spiego quel mattino il comandante. «La nave dovra rimanere in cantiere a lungo. Credo che una volta a terra ci dovremo separare.»

«Mi spiace davvero, patron Magri. Ho potuto apprezzare la vostra abilita, e il viaggio via terra sara senza dubbio molto piu faticoso.»

«Vedrete che al convento che vi ho indicato presteranno le cure necessarie alla piccola.» Quindi il comandante lo fisso con uno sguardo carico di simpatia. «Prima che ci congediamo, avrei piacere che accettaste un modesto ricordo, Bertrand.»

Poso una piccola borsa di pelle sul tavolato e ne estrasse tre medaglie d’argento. Su un lato era impressa l’effigie dei templari: due cavalieri sullo stesso cavallo. Sull’altro si vedeva un pesce stilizzato, la cui coda era costituita dai due capi di una fune serrata dal nodo che Bertrand conosceva bene.

«Le ha coniate il nostro fabbro. Spero che vi piacciano.»

Bertrand le prese e le osservo a lungo. «Non so come ringraziarvi, patron Magri. Ci avete portato in salvo e mi fate dono di quello che d’ora in avanti desidero sia il mio sigillo.»

«Non ringraziatemi, Bertrand. In tanti anni di navigazione, ho incontrato di rado una persona del vostro altruismo. Sono fiero di avervi conosciuto.»

La piccola Shirinaze, caricata su una lettiga, fu la prima a sbarcare per essere ricoverata nel vicino

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