convento. Bertrand de Rochebrune sbarco invece con i suoi militari, tenendo gelosamente stretto il cofanetto consegnatogli dal Gran Maestro dell’Ordine.

Akko. 23 ottobre 1998

Gerardo di Valnure accese il suo computer portatile, apprestandosi come ogni sera a inserirvi con metodo tutti i nuovi particolari della ricerca e le sue impressioni. Digito le tre password necessarie per l’accesso e comincio a scrivere.

‹FINO A QUESTO MOMENTO IL MIO VIAGGIO IN TERRASANTA E STATO DEL TUTTO INUTILE. HO VISTO SOLTANTO LE ROVINE DI UN’ANTICA CITTA CROCIATA E UNA DIRETTRICE DI MUSEO FURIOSA CON INDIANA JONES COMPANY. EPPURE CONTINUO AD AVERE LA NETTA SENSAZIONE CHE LA STORIA CHE MI INTERESSA COMINCI DA QUI, ANCHE SE PER IL MOMENTO NIENTE ME LO CONFERMA. TRANNE, OVVIAMENTE, LA MEDAGLIA›

Scosse la testa, rassegnato. Aveva ormai deciso di trattenersi soltanto qualche altro giorno, concludendo li il suo viaggio e tornando in Italia. Scrisse ancora alcuni appunti, quindi spense il computer e ando a letto.

Intanto, al museo di Akko, Estelle Dufraisne stava parlando con un uomo dai lineamenti duri, che pero le si rivolgeva nel tono di rispetto di un subalterno.

La donna poso sulla scrivania un cordoncino rosso intessuto con un filo d’oro, annodandone le estremita. L’altro fece passare nell’asola un capo di un cordoncino identico e ne annodo le estremita come aveva fatto lei, in modo che le corde fossero unite da due nodi identici: due gasse d’amante.

«Che cosa ti ha chiesto?» le chiese.

«Aveva una medaglia con il simbolo del nostro Ordine.»

«Sara uno dei soliti cacciatori di miti. Stanno diventando un’epidemia.»

«No. Sapeva il fatto suo e mi e parso molto risoluto. Per questo mi sono rivolta al Gran Maestro, che ha subito contattato te», ribatte Estelle.

«Non dubitare, lo terremo d’occhio.»

Il mattino dopo Gerardo di Valnure si reco di buon’ora nella zona nord della citta antica. Erano ancora in corso alcuni scavi, ma, come ogni sabato, la zona era deserta. Gerardo supero le transenne che delimitavano gli scavi e, attraverso una ripida scaletta in ferro, s’introdusse in un cunicolo che conduceva nel luogo dove un tempo c’era Porta Sant’Antonio.

Immerso nel buio di quella specie di cripta, trovo a tentoni l’interruttore generale, e la scena s’illumino. A poca distanza da lui era stato riportato alla luce l’antico muro di cinta. Il terreno era scavato in piu punti e coperto da un reticolo in filo di ferro. Osservo a una a una le grosse pietre delle mura e prese da terra un pennello usato dagli archeologi per rimuovere gli strati di polvere.

Lavorando con cautela e metodo, a poco a poco arrivo a ripulire una zona dove la pietra era stata incisa utilizzando una punta sottile, forse di chiodo o di pugnale. Tolse da una delle tasche della giacca multifunzionale una piccola torcia, accostandola alla zona, che intanto continuava a ripulire. E davanti al suo sguardo eccitato vide comparire un’iscrizione che sulle prime gli parve incomprensibile.

La studio con attenzione spasmodica per qualche istante, e a poco a poco i caratteri gotici gli svelarono il loro mistero. Si accorse che, sebbene l’ambiente fosse quasi gelido, era madido di sudore.

Con dita tremanti tolse da un’altra tasca il taccuino e vi copio le parole scritte in francese antico, traducendole mentalmente in italiano: «La citta sta per cadere nelle mani degli infedeli. Nessuno di noi si salvera. Ma Bertrand de Rochebrune ha raggiunto il mare, portando con se il Testamento. Dio vegli su di noi. G.d.B».

«Guillaume de Beaujeu!» esclamo Gerardo, lasciandosi andare a sedere su una grossa pietra: il Gran Maestro caduto nella difesa di San Giovanni d’Acri. Il cerchio si stava chiudendo.

Ma che cosa poteva essere quel «Testamento»? Quanto importante era per ridurre Guillaume de Beaujeu a far fuggire uno dei suoi Cavalieri proprio quando ne avrebbe avuto piu bisogno? Che fossero le sue ultime volonta? E chi era Bertrand de Rochebrune?

Costa adriatica. 30 maggio 1291

Bertrand aveva trovato alloggio con i suoi nella rocca dei marchesi di Recanati, a poca distanza dal convento dov’era ricoverata la piccola Shirinaze, di cui si recava spesso a controllare le condizioni.

«Si e ulteriormente aggravata», gli disse un mattino il Priore. «Soltanto un miracolo potrebbe salvarla.»

Shirinaze aveva il viso imperlato di sudore. Bertrand s’inginocchio accanto al giaciglio e prego a lungo, stringendole la mano che sentiva ardere di febbre. Rimase li diverso tempo, ma che cosa poteva fare lui, uomo d’armi? Quando lascio il convento era gonfio d’angoscia.

Mentre tornava verso il castello dei marchesi di Recanati, si vide venire incontro a precipizio Paul, il suo giovane scudiero. Un ragazzo dai capelli rossi che gli era profondamente affezionato.

«Con licenza, signore», lo senti dire in tono concitato, «devo parlarvi. Tra i nostri soldati comincia a serpeggiare il malcontento.»

«E perche mai?»

«Molti di loro sono lontani dalla Francia da anni, e non vedono l’ora di rientrare in patria. Li irrita l’idea che ci attardiamo qui a causa di una giovane infedele.»

«Il viaggio e stato lungo, e ci resta molta strada da fare per raggiungere la Francia. Alcuni giorni di riposo non possono che giovarci. Comunque non devo rendere conto a loro delle mie decisioni.»

«Perdonatemi ancora, signore, ma se fossi in voi non sottovaluterei questo malumore. Molti di loro sono veterani, e mal sopportano il comando di un Cavaliere cosi giovane.»

«Che cosa potrebbero fare? Tentare una diserzione? Saprei bene come reagire. Non preoccuparti. Ogni malumore cessera non appena ci saremo rimessi in viaggio. Quanto alla bambina a cui ho salvato la vita, i monaci dicono che questa notte sara determinante. Se riuscira a superarla, ci sono buone probabilita che tra una ventina di giorni sia in grado di ripartire con noi.»

Ma Bertrand scosse la testa. Non ci credeva lui stesso. Dubitava fortemente che Shirinaze riuscisse a vincere la malattia.

Invece quella notte avvenne il miracolo: la febbre comincio a calare e i momenti d’incoscienza della bambina cominciarono a lasciare il posto a sprazzi sempre piu ampi di lucidita. I decotti di corteccia di salice erano riusciti ad abbattere la febbre.

Appresa la confortante notizia, Bertrand raduno i suoi uomini nella corte del castello. «Soldati, capisco il vostro desiderio di rientrare al piu presto in Francia. E anche il mio. La casa chiama anche me. E tra poco ci rimetteremo in viaggio. Vi chiedo soltanto qualche giorno», concluse. Ma l’urlo di gioia che si aspettava dai militari non arrivo.

«Perdonate, signore», intervenne invece il veterano Beranger, «non vogliatemene, ma cio che sto per dirvi rispecchia l’opinione di molti di noi. Se fossimo partiti non appena sbarcati, a quest’ora potremmo essere molto vicini a questa ‘casa’ cui anelate tanto. Ma voi ci chiedete di aspettare ancora. Quanto?»

«Dio ha voluto che la nostra vita fosse salva, mentre possiamo avere pochi dubbi sulla sorte dei nostri confratelli rimasti a San Giovanni. Questa attesa non dovrebbe rendervi impazienti, ma piuttosto indurvi a ringraziare il Signore per la sua benevolenza.»

«E sia reso grazie a Dio», ribatte il veterano. «Ma non ci piace rimanere qui ad aspettare i comodi di una piccola infedele.»

«Comodi?» replico Bertrand con tutta l’autorita di cui era capace. «Chiami cosi la grave malattia di un giovanissimo essere umano? E questo il tuo timore di Dio? E cosi che Lo ringrazi? Basta, partiremo quando decidero io.»

E Bertrand fece scorrere uno sguardo di fuoco sui militari. Noto alcune espressioni di disappunto, ma nel complesso gli parve che avessero accettato il suo ordine.

Invece quella stessa notte Beranger e altri ventuno soldati disertarono, abbandonando l’accampamento dopo aver rubato cavalli e viveri.

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