personalmente visto il suo sguardo illuminarsi di un lampo di cupidigia. Temo che l’oro lo abbia abbagliato: i suoi esausti forzieri ne trarrebbero immenso vantaggio. Contrariamente a quanto vi ho scritto in precedenza, credo dunque che non sia opportuna una Vostra venuta a Parigi. Sono convinto che Filippo stia architettando qualcosa per impadronirsi dei nostri beni, e la Vostra presenza qui potrebbe essere pericolosa per Voi. Fortunatamente mi sono fatto buoni amici nella cerchia del Re e ho ricevuto la solenne promessa che qualsiasi eventuale atto contrario al Tempio mi sara tempestivamente segnalato. Devotamente Vi saluto e rimango in attesa di Vostre istruzioni.»

Il breve soggiorno del sovrano gli aveva infatti permesso di stringere una solida amicizia con Jean Marie de Serrault, un giovane nobile la cui famiglia era molto vicina a Filippo, ma che non ne condivideva le idee, al punto che nel suo palazzo si svolgevano frequenti riunioni che molto poco sarebbero piaciute al re e ai suoi lacche.

Il giovane conte aveva perso da tempo il padre, e alla gestione dei beni di famiglia provvedeva l’energica e coraggiosa madre. De Serrault aveva un fisico fragile, a cui corrispondeva forse un equilibrio instabile della mente. Ma in lui Bertrand trovo una delle poche persone di cui potersi fidare.

Alla fine di luglio, pero, un altro evento inquietante lo indusse a scrivere una nuova lettera al Gran Maestro.

«Ancora una volta, signore, sono costretto a riferirvi un fatto che suscita in me apprensione e sgomento. La mattina del 22 luglio gli sgherri di Filippo IV hanno incarcerato in un solo giorno tutti gli ebrei stanziati sul territorio francese, confiscando ogni loro bene onde rimpinguare le magre casse del sovrano. Vi scongiuro, signore, non tornate. Ho la netta sensazione che presto tocchera ai Cavalieri del Tempio. Qualsiasi cosa accada a Parigi, Cipro e un luogo sicuro per riorganizzarsi. Dal canto nostro, sapremo vendere cara la pelle.»

La riposta arrivo due mesi piu tardi. Nonostante le raccomandazioni di Bertrand, Jacques de Molay aveva deciso di aderire all’invito di Clemente V e si apprestava a partire per Parigi. Era convinto che Filippo IV avesse aderito al suo progetto di fusione tra l’Ordine del Tempio e quello dei Cavalieri dell’Ospedale di San Giovanni. E comunque, aggiungeva nella sua lettera, era pronto ad affrontare qualsiasi traversia e accusa.

Non poteva purtroppo sapere che dietro l’invito del pontefice c’era l’abile regia di Guillaume de Nogaret, astuto mestatore del re di Francia. Quello stesso Nogaret che era entrato ad Anagni e aveva preso in ostaggio Bonifacio VIII.

Jacques de Molay sbarco in Francia con un seguito di sessanta Cavalieri e un tesoro di centocinquantamila fiorini d’oro. Assai piu di quanto sarebbe servito per rimettere in sesto le finanze del re.

Castello di Valnure. 21 dicembre 1998

«Residenza del conte di Valnure», rispose impeccabile Giacomo.

«Sono Paola Lari. Vorrei parlare con il signor conte.»

Pochi istanti piu tardi Gerardo era in linea con la cantante.

«Che piacere sentirti, Paola.»

«Mi avevi detto di chiamarti non appena fossi tornata dalla Francia. Mi e spiaciuto molto per quello che ti e successo in albergo. Hai avuto notizie della roba sparita dalla tua camera?»

«Era soltanto un computer portatile con una parte dei miei appunti. Comunque il ladro non sapra che cosa farsene, visto che e protetto da una serie di password insuperabili.»

«Spero che il tuo lavoro non sia andato perduto.»

«No, soltanto qualche riflessione. I miei dati importanti sono nascosti in un posto molto piu sicuro.»

«Meno male. Comunque saro a Milano per un paio di giorni da domani. Che cosa ne diresti d’invitarmi a cena?»

«Con vero piacere. Se hai modo di raggiungermi a Piacenza, saro molto onorato di averti mia ospite domani sera, sempre che tu possa.»

«Potro senz’altro. A domani.»

Quando Paola arrivo al castello con un’auto di piccola cilindrata, era gia buio, e i fari sapientemente disposti dagli architetti illuminavano l’edificio in tutto il suo splendore. Lui la aspettava nei pressi del cancello.

«E hai il coraggio di chiamare ‘casa’ questa magnificenza?» gli chiese lei, ridendo e abbracciandolo.

Saliti all’appartamento di Gerardo, trovarono ad attenderli sulla porta Giacomo, in giacca bianca con i bottoni dorati.

«Vuole affidarmi il soprabito, signora?» chiese quest’ultimo con un leggero inchino.

«Giacomo e un cuoco insuperabile, come scoprirai», spiego Gerardo. «Posso intanto offrirti un aperitivo?»

Paola continuava a guardarsi attorno come abbagliata. Non le era mai capitato di trovarsi in un edificio cosi bello, oltre che cosi ricco di storia.

«Ecco il mio buon ritiro», continuo Gerardo. «E qui che mi rifugio quando torno dai miei viaggi.»

Quando finalmente ebbero finito di cenare e furono rimasti soli, Paola si mise comoda sul divano, accavallando le lunghe gambe fino a lasciar intravedere il confine tra la seta delle calze nere e la pelle.

Senza una sola parola, attiro a se Gerardo e lo bacio sul collo, risalendo fino alla bocca. Lui la strinse, infilando le mani sotto la camicetta di seta bianca.

Sapeva che sarebbe stata l’avventura di una notte. Si era lasciato raramente coinvolgere in relazioni durature.

Parigi. Mattino del 2 ottobre 1307

Un militare raggiunse Bertrand mentre si trovava a colloquio con il Gran Maestro de Molay.

«Chiedo perdono, Cavalieri, ma un mendicante chiede di conferire con Bertrand de Rochebrune. E logoro e sudicio e si rifiuta di fornire le sue generalita, ma adduce motivi della massima importanza.»

«Ricevetelo, Bertrand», disse Jacques de Molay. «Possiamo senz’altro rimandare la nostra conversazione.»

Arrivato al cospetto del Templare, il mendicante si tolse il cappuccio del mantello, e, con un tuffo al cuore, Bertrand riconobbe Jean Marie de Serrault.

«Presto, Bertrand, dovete fuggire tutti», gli disse senza indugio il giovane, cereo in volto e con le mani scosse da un tremito. «Il re intende farvi imprigionare.»

«Spiegatevi meglio, vi prego.»

«Lo scorso 14 settembre il re ha deliberato il vostro arresto in massa, e il 22 gli ordini di cattura sono stati diramati in tutta la Francia, anche se dovranno essere aperti soltanto il 13 di ottobre. Dovete mettervi in salvo.»

«E di che cosa saremmo accusati?»

«Eresia, adorazione di idoli satanici come Bafometto, insulto ai sacri simboli religiosi, baci indecenti, sodomia. E sono soltanto i piu gravi degli oltre cento capi d’accusa. Ma avete ancora il tempo di fuggire.»

«Sareste disposto a ripetere al nostro Gran Maestro quanto mi avete riferito?»

«A chiunque. Tanto ormai e in pericolo anche la mia vita. Il Tempio di Parigi e molte altre sedi templari sono sotto stretta sorveglianza da diversi giorni, ed e probabile che uno degli sgherri del re mi abbia riconosciuto.»

Dopo qualche tempo, ascoltatolo attentamente, Jacques de Molay riflette qualche istante con espressione cupa e poi sbotto: «Non abbiamo niente da temere. Sono accuse prive di qualsiasi fondamento, e a fronte di esse sta il nostro operato al servizio della Cristianita. Nessun tribunale potra mai credere a simili infamie».

«Permettetemi d’insistere», grido quasi de Serrault. «E una congiura architettata dalla mente diabolica del Nogaret. Vi arresteranno e tortureranno, e molti di voi cederanno. Le loro ammissioni, per quanto estorte, basteranno per condannare l’intero Ordine del Tempio.»

«Vi ringrazio per quello che avete fatto per noi, conte de Serrault. Sapremo tenerne conto. Ma adesso vi prego di lasciarmi conferire con il Cavaliere de Rochebrune», taglio corto de Molay.

«E ormai troppo tardi per mettere in salvo l’intero Ordine», continuo non appena rimasero soli. «E in ogni caso non posso fuggire davanti ad accuse cosi infamanti. Devo difendere me stesso e tutti voi. Quindi ti chiedo ancora una volta di mettere in salvo cio che ci e sacro. E un ordine. La nostra flotta e pronta a salpare da La

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