furono feriti dallo spiraglio di luce che filtrava attraverso il boccaporto. Evidentemente distratto dall’approssimarsi di un attacco, Denis si era scordato di chiudere dall’esterno la botola.
Luigi tento di liberarsi dalle catene che gli cingevano le caviglie. Gia da tempo aveva notato sul fondo della stiva una barra di ferro dimenticata e, strisciando sulla schiena, riusci a prenderla. Inseritala nel cavallotto, si provoco profonde ferite alle gambe e dovette stringere la lingua tra i denti per non gridare, ma finalmente riusci a scalzarlo. Era libero. Senti rinascere in se forza e determinazione.
Afferro il piccolo per la vita e si apposto vicino al boccaporto, in attesa che lo scontro avesse inizio. Non appena senti le grida di battaglia, spalanco il pertugio. La luce accecante lo feri agli occhi, costringendolo a chiuderli qualche istante, ma quando riusci a riaprirli, vide che la nave era accerchiata da decine di piroghe cariche d’indigeni armati di arco e frecce.
«Il prigioniero sta fuggendo», senti gridare alle sue spalle, ma era troppo tardi: superata la murata con un balzo, scomparve sott’acqua con il figlio.
Quando riemersero, furono bersagliati da un lancio di frecce, ma non molto nutrito. Sulla nave erano troppo impegnati nella battaglia. Luigi continuo a nuotare furiosamente e, quando capi di essere fuori tiro, si volto verso la nave, tenendo la testa del bambino fuori dall’acqua e nuotando a ritroso con le gambe per tenerla d’occhio. Con profondo sollievo vide che nessuno si metteva al suo inseguimento.
Sulla nave, Shirinaze era stata lasciata sola nell’alloggio del comandante e, sentendo le grida degli assalitori, era riuscita ad affacciarsi cautamente sulla porta dell’alloggio. Aveva visto Luigi gettarsi oltre la murata con il bambino e pregato fervidamente che riuscisse nella sua impresa.
Non poteva vederlo in mare, ma aveva sentito de Ceillac urlare: «Lasciateli perdere, imbecilli, ormai sono fuori tiro. Ciascuno al suo posto di battaglia. A quei due bastardi penseranno gli squali».
Marzo 1999
Paola era in vestaglia di raso, ma ancora allungata sul letto. Una pausa nelle sue tournee le aveva consentito di venire qualche giorno al castello di Valnure. Il telefono squillo mentre il padrone di casa si stava radendo.
«Puoi rispondere tu, per favore?» le grido Gerardo dal bagno.
«E una certa Sara Terracini. Le dico di richiamare?» lo informo dopo qualche istante la donna.
«No, no, vengo subito», disse lui, pulendosi con un asciugamano il viso insaponato.
«Spero di non disturbarti», si senti dire in tono ironico dalla giovane romana.
«Che cosa dici? Non potresti mai disturbarmi.»
«Sara, sara. Magari un giorno o l’altro mi spieghi a chi appartiene la voce da pantera che mi ha risposto. Comunque, volevo informarti di alcune cose che ho appena saputo su quella famosa questione.»
«Di gia? Dimmi.»
«Non credo che sia opportuno parlarne a voce. Ti mando un messaggio criptato via posta elettronica, e contemporaneamente ti spedisco via corriere un dischetto con la chiave per decifrarlo.»
«Quante precauzioni, Sara.»
«Credo siano opportune.»
Sara chiuse la comunicazione con un rapido saluto.
Dopo qualche istante Gerardo senti bussare, e sulla porta si affaccio Giacomo che reggeva sulle braccia uno smoking perfettamente stirato e una camicia candida.
«A che punto sei, Paola?» chiese lui.
«Ancora un attimo», rispose la cantante.
Quella sera il conte di Valnure era invitato a una cena di beneficenza a Milano.
«Chi mi conosce», disse con voce sicura Oswald Breil, «sa bene che non amo stare seduto dietro una scrivania. Sono un uomo d’azione. Quindi, in tutta sincerita, non so se saro all’altezza di una responsabilita di governo. Ma vi assicuro che, come sempre, ci mettero tutta la mia onesta e tutto il mio impegno.»
La platea della riunione elettorale, organizzata nella sala conferenze del Carlton di Tel Aviv, si alzo e applaudi calorosamente. E finalmente Breil parve tradire un attimo d’imbarazzo. Ma il suo sguardo acuto aveva gia valutato il numero dei presenti: gli elettori favorevoli alla sua candidatura stavano aumentando.
Quando la cena per raccogliere fondi si concluse, lascio la sala dopo avere stretto decine di mani. Raggiunta la sua camera, si abbandono sul letto. Era stanco, ma sapeva che la tensione della serata gli avrebbe reso difficile prendere sonno.
Quindi torno ad alzarsi, prese il computer portatile dalla sua custodia e, dopo averlo collegato al telefono, apri il programma di videoconferenza, nella speranza di trovare Sara Terracini ancora in ufficio. Ci passava praticamente la vita, povera ragazza.
Proprio allora Sara aveva appena terminato di spedire a Gerardo il messaggio criptato e stava per spegnere il computer. Lo scampanellio della macchina la blocco.
Vide comparire sul monitor la figura sorridente di Oswald Breil.
«Benedetta e santa donna. Ero quasi sicuro di trovarti, ma, perdiana… Dalle tue parti dovrebbero essere le due di notte.»
«Uffa, Oswald, ho avuto da fare. Non ti succede mai? Caspita, sei vestito da pinguino. Dove diavolo sei?»
«In un albergo di Tel Aviv. Ho appena concluso una riunione elettorale e sono distrutto. Ti ho chiamato per farmi confortare.»
«Carino, il duro politico che ha bisogno di conforto.»
«Carino lo sono senz’altro, bella mia, ma ci vorranno mesi perche impari a muovermi nelle sabbie mobili della politica.»
«Ma va’. Basteranno pochi giorni e nessuno riuscira a tenerti dietro. I terreni insidiosi sono quelli che ti piacciono di piu.»
«Be’, prima di tutto devo essere eletto, e non e facile. Comunque mi hai gia confortato. E le tue ricerche? Procedono?»
«Ho appena finito d’informare il mio amico delle tue congetture.»
«Mi raccomando, usa la massima precauzione, e dillo anche a lui. Se quello che immagino e vero, su un terreno davvero insidioso ci siete voi.»
«Ho seguito a puntino i tuoi insegnamenti.»
«Brava. Sei la migliore delle mie allieve.» E il volto dell’omino si apri in un caldo sorriso.
Gerardo di Valnure guidava con mano sicura, e la vecchia Maserati Mistral restaurata rispondeva docilmente ai suoi comandi.
Seduta accanto a lui, Paola tese la sinistra ad accarezzargli la nuca. Con un vago senso di panico, lui considero che le si stava affezionando. Preferi pensare alla notte che li aspettava.
Raggiunsero il castello in poco piu di quaranta minuti, e Paola gli si strinse mentre salivano le scale. Non appena furono entrati, Gerardo noto con stupore che la luce del suo studio era accesa. Liberatosi con delicatezza dalla stretta di Paola, vi si diresse rapidamente.
Giacomo era sulla poltroncina di fronte al computer. Sulla sua fronte si stagliava netto il foro di entrata di un proiettile. Dalla ferita usciva un rivolo di sangue rappreso, il viso contratto in una smorfia di terrore.
Ottobre 1311
Proprio quando le forze stavano per abbandonarlo, Luigi avverti finalmente la sabbia soffice sotto i piedi. Il poco fiato rimasto gli basto a stento per l’ultimo sforzo; sentendosi addirittura mordere i muscoli dalla stanchezza, si trascino sulla spiaggia bianca e la supero, portando il piccolo al sicuro tra la vegetazione. Poi gli si lascio cadere accanto, esausto, ansimando penosamente.
Ormai lontana sul mare, Shirinaze era rientrata nell’alloggio del comandante e si era buttata sul letto. Ma i suoi occhi erano asciutti. Il modo in cui de Ceillac aveva abusato di lei l’aveva riempita di un sordo furore che vietava le lacrime.