«Avra modo di esporre le sue rimostranze nelle debite sedi», replico un altro degli agenti. «Intanto pero vorremmo sapere che cosa sa dirci di questo.»

E le mostro il cordoncino rosso trovato nella sua borsetta.

«E un pezzo di corda», rispose la donna senza tradire alcuna emozione.

«Temo che dovremo cambiare metodo, dottoressa.»

«Intendereste torturarmi?»

«Credo che una dose di Pentotal le schiarira la memoria.»

I due agenti si scambiarono un cenno d’intesa e uno di loro usci dalla stanza.

Senza che nessuno riuscisse a intervenire, la donna s’infilo qualcosa in bocca con un gesto repentino e degluti.

La sua fronte s’imperlo subito di sudore, e il suo colorito si fece cereo.

«Non riuscirete mai a sopraffare il nostro potere», furono le sue ultime parole.

Un sole caldo illuminava la primavera; Roma si stava svegliando dal torpore invernale. Il computer di Sara fece sentire il suo scampanellio.

Quasi fosse in costante contatto telepatico con il suo minuscolo amico, la giovane digito qualcosa nella finestra del messaggio prima ancora di aver verificato chi la stesse chiamando: ‹OSWALD?›

‹COME FACEVI A SAPERE CHE ERO IO?›

‹INTUITO FEMMINILE, CI SONO NOVITA?›

La risposta fu una parola sola: ‹ENCRYPT›.

Sara aziono il programma, dopo di che vide scorrere nella finestra: ‹PURTROPPO NON HO BUONE NOTIZIE, LA PEDINA CON CUI SPERAVO DI PARTECIPARE AL GIOCO SI E SACRIFICATA IN NOME DELLA CAUSA›.

‹CIOE?›

‹DOMANI APPARIRA LA NOTIZIA CHE ESTELLE DUFRAISNE, DIRETTRICE DEL MUSEO DI AKKO, E MORTA PER UN MALORE IMPROVVISO MENTRE STAVA ORGANIZZANDO UNA SPEDIZIONE ARCHEOLOGICA, IL MONDO SCIENTIFICO PIANGE LA SUA SCOMPARSA ECCETERA ECCETERA.›

‹UN’ALTRA MORTE… AGEVOLATA?›

‹NO. SI E UCCISA PER NON RIVELARCI NIENTE. L’UNICA COSA DI CUI SIAMO ENTRATI IN POSSESSO E UN CORDONCINO ROSSO IMPREZIOSITO DA UN FILAMENTO D’ORO ZECCHINO.›

Gennaio 1312

L’urlo di terrore squarcio la notte, mentre le grida degli assalitori si levavano alte. Diversi aggressori erano gia riusciti a superare la palizzata e correvano per il villaggio brandendo lance e torce.

Luigi si sveglio di soprassalto, stringendo istintivamente a se il figlio, mentre un fumo acre e denso invadeva la capanna. La torcia scagliata da un guerriero Calusa aveva incendiato le foglie di palma del tetto.

Immediatamente lucido, copri la bocca e il naso del bimbo con una mano e si getto in un angolo, mentre il tetto della capanna crollava. Il crollo aveva pero aperto un varco nella parete di tronchi, attraverso cui si lancio all’esterno.

Il villaggio era in preda al caos. A terra si vedevano molti corpi, in maggioranza di donne e bambini. Luigi capi che per salvare se stesso e il figlio doveva combattere.

I bagliori delle fiamme illuminavano alcune canoe tirate in secca. Adagio Lorenzo sotto una di esse, capovolta, raccomandandogli di non muoversi per nessun motivo, quindi torno indietro, raccogliendo una lancia posata a terra accanto al corpo senza vita di un guerriero.

Tutto attorno, smarriti, i Tequesta correvano senza ordine in ogni direzione, incapaci di organizzare una difesa.

Luigi si butto tra i nemici con la lancia in pugno, e la sua improvvisa apparizione, se da un lato disoriento i Calusa, dall’altro sembro infondere nuovo vigore nei guerrieri Tequesta, che serrarono finalmente i ranghi e si lanciarono all’assalto.

Una donna stava correndo al centro del villaggio con un bimbo tra le braccia, urlando di terrore. Uno dei nemici la inseguiva brandendo una mazza. Rapido come un fulmine, Luigi gli fu addosso. Schivato un colpo, carico con la lancia. La punta d’osso si conficco nell’addome dell’avversario con un rumore orribile. Il Calusa strabuzzo gli occhi, poi la sua bocca si arrosso di sangue. La donna e il bambino erano salvi, e molti guerrieri Tequesta avevano visto tutto.

Appostati su un’altura poco distante, Raymond de Ceillac e i suoi seguivano gli alterni sviluppi della battaglia.

«Guardate la», grido improvvisamente Denis. «L’uomo che guida gli indigeni. E un bianco. Non lo riconoscete?»

«Luigi di Valnure!» esclamo de Ceillac in tono di esecrazione.

«I Calusa stanno battendo in ritirata verso il fiume», disse ancora Denis con aria inquieta. «Non mi pare il caso di scendere in campo. Le sorti della battaglia mi sembrano decise.»

«Hai ragione. Torniamo alla nave. Provvederemo ai Tequesta in un altro momento.»

Luigi aveva il viso madido di sudore e il corpo lordo del suo stesso sangue, mescolato a quello dei nemici uccisi. Combatteva con tenacia, guidando con il suo esempio una schiera di guerrieri.

Quando anche l’ultimo degli assalitori fu respinto, le urla di vittoria dei Tequesta si levarono alte.

L’alba illumino una scena di desolazione: molte capanne del villaggio erano ridotte ad ammassi di legna fumigante. Almeno cento guerrieri e duecento tra donne, vecchi e bambini giacevano a terra privi di vita.

Il vecchio Tucla raggiunse Luigi mentre si aggirava tra le rovine cercando di portare aiuto.

«Joti, il capo del villaggio, vuole parlarti», disse.

Quando entrarono nella sua capanna, videro in un angolo la donna salvata da Luigi.

«Il tuo valore», disse Joti tradotto da Tucla, «ha salvato la vita alla mia donna e a mio figlio. Da oggi non sarai piu un prigioniero, ma un uomo libero, un guerriero valoroso, un amico.»

«Sono giunti in citta gli emissari del re», disse la giovane guardia. «Dovete fuggire, Bertrand. E io vi aiutero. Di notte la sorveglianza e molto allentata. Colpitemi sulla testa. Colpitemi, vi dico», ripete concitatamente, vedendo l’espressione confusa del Cavaliere.

«Diro che ero entrato nella cella perche sembrava che foste morto, mentre si trattava di un tranello. Insomma, siete riuscito a evadere. Vi ho portato indumenti per travestirvi, e prendete anche la mia spada, potrebbe esservi utile.»

Poco dopo Bertrand percorreva furtivamente i sotterranei del castello di Vienne. Come aveva detto il giovane, la sorveglianza era quasi nulla. Anche nel corpo di guardia, presso il ponte levatoio abbassato, i soldati sonnecchiavano.

Tenendosi rasente ai muri, Bertrand de Rochebrune riusci a guadagnare la liberta.

Ma quale direzione prendere? Di li a poco le guardie avrebbero dato l’allarme, e le strade sarebbero state perlustrate.

Tuttavia le ricerche sarebbero quasi sicuramente state concentrate su quelle che portavano al Portogallo o al braccio di mare tra la Francia e l’Inghilterra, Paesi dove l’Ordine non era ancora stato messo al bando.

Punto quindi risolutamente a sud, verso l’Italia. Suo cugino Lorenzo di Valnure gli avrebbe sicuramente offerto un rifugio.

Aprile 1999

Sara Terracini non perse tempo. Non appena si fu accertata della presenza di Gerardo al castello, prese il primo treno per Piacenza. Doveva assolutamente parlare con lui faccia a faccia, lontano da orecchi indiscreti. Lo trovo ad attenderla in stazione.

«Spero di non aver guastato qualche tuo programma», gli disse, «ma avevo assolutamente bisogno di vederti.»

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