«Vengono convocati a uno a uno nella residenza di Clemente V, e li devono esprimere un voto palese.»

«Quindi non sono liberi di agire secondo coscienza», concluse Bertrand con apprensione.

«Ho anche sentito dire che il re di Francia raggiungera presto Vienne. Se il processo andra come temo, non appena Filippo giungera qui, sarete consegnato ai suoi sgherri.»

Durante la battaglia, de Ceillac era stato ferito da una freccia. Era rimasto qualche tempo tra la vita e la morte, ma adesso stava riprendendo le forze. E di pari passo cresceva in lui la sete di vendetta nei confronti degli indigeni.

La sua ferita aveva concesso un periodo di tregua a Shirinaze, ma la sventurata sapeva che, quand’anche de Ceillac fosse morto, molti pretendenti si sarebbero disputati l’ambita preda del suo corpo.

Gli ex Templari avevano occupato una delle tante isole dell’arcipelago. La piu distante dalla costa e non scelta a caso: nell’ipotesi di un nuovo attacco degli indigeni, avrebbero avvistato con molto anticipo le loro piroghe. La costruzione di un forte si era protratta per due mesi. La cerchia esterna, costituita da una doppia fila di robusti tronchi dalle punte acuminate, era stata ultimata da tempo, e si stavano completando alloggi e scuderie.

Il periplo dell’isola era di poco superiore alle tre miglia e la costa era quasi completamente circondata da un’insidiosa barriera corallina. Durante la bassa marea, tra le rocce emerse si apriva soltanto un varco in corrispondenza di un’ampia baia dov’era all’ancora la nave.

Incuneato nel taglio di uno sperone di roccia vulcanica, il forte dominava la scena dall’alto. Raymond de Ceillac si fece aiutare a salire la ripida scala a pioli per la torre di avvistamento, che dava sul mare. Voleva accertarsi che da quella postazione fossero ben visibili le altre due torri, costruite sui rilievi dell’isola.

«Quei pagani seminudi troveranno pane per i loro denti», ringhio, massaggiandosi la ferita ancora dolorante.

Akko. Aprile 1999

Estelle Dufraisne aveva un’aria stanca. Spense il computer e fece scorrere lo sguardo sul suo ufficio, al secondo piano del museo. Come al solito si era attardata molto oltre l’orario di chiusura. Data un’occhiata all’orologio, prese la borsetta e s’infilo il soprabito.

Stava avviandosi verso la porta, quando senti una voce maschile alle sue spalle chiedere: «Possiamo aiutarla a preparare le sue cose, dottoressa?»

Sonia trasali: non era nessuno dei suoi collaboratori. Si volto di scatto.

I due uomini che vide mostravano modi cortesi ma risoluti.

«Chi siete? A quest’ora il museo e chiuso. Come avete fatto a entrare?»

«Dobbiamo accompagnarla in una missione archeologica, dottoressa.»

«Non ho in programma nessun tipo di missione.»

«Comincia precisamente adesso.»

L’altro uomo le apri davanti agli occhi un foglietto, che poi poso sulla scrivania della segretaria. Le poche righe, scritte in una calligrafia identica alla sua, informavano i collaboratori che la direttrice era dovuta partire senza preavviso.

«Che cosa significa? E un vero e proprio sequestro. Le autorita sapranno reagire.»

«Qui dentro, le persone piu vicine alle autorita siamo noi, signora», taglio corto il primo uomo.

L’ennesima cena elettorale stava ormai volgendo al termine. Oswald Breil interruppe la conversazione con il suo vicino di tavola e, scusatosi, si tolse di tasca il cellulare che stava ronzando con insistenza.

«L’arrosto e in forno, signor vice ministro», gli disse Erma, il capo del Mossad.

«Grazie. A presto», rispose semplicemente Oswald, chiudendo il telefonino e riprendendo la conversazione.

Dicembre 1311

«Il Concilio ha sospeso il dibattito», annuncio il giovane in tono concitato.

«Che cosa puo significare?»

«Pare che, nonostante le intimidazioni, non tutti i prelati siano disposti a negare ai Cavalieri il diritto alla difesa, come vorrebbero il papa e il re», rispose la guardia. «Ma si dice anche che Clemente V aspetterebbe soltanto che le truppe di Filippo siano vicine a Vienne per proclamare ex autoritate la soppressione dell’Ordine.»

Il villaggio dei Tequesta era a poca distanza dall’estuario di un fiume che si gettava nell’oceano. Era composto di piccole capanne di tronchi, con un tetto spiovente in foglie di palma intrecciate. Soltanto quella del capo tribu era piu grande, con un lato di una ventina di passi. Gli uomini erano di notevole statura, molto piu alti degli europei, e coperti soltanto da un perizoma di pelle legato a una cintura sui fianchi. Le donne erano di grande bellezza, con seni prosperosi che esibivano senza vergogna.

La popolazione complessiva era di circa tremila persone, ma gli uomini validi poco piu di ottocento. L’abitato era circondato da una palizzata che lo proteggeva dagli assalti dei nemici e degli animali feroci.

Ogni giorno Luigi e suo figlio potevano trascorrere un po’ di tempo fuori dalla capanna dov’erano tenuti prigionieri per sgranchirsi le gambe e avevano la possibilita di lavarsi nel fiume, sia pure sotto scorta.

«Cavaliere Luigi», risuono improvvisa una voce tra il vivace brusio del villaggio.

Lui si giro, incontrando lo sguardo nero come la notte di un vecchio dalla pelle bruna. Lo riconobbe subito: era Tucla, un indigeno che Shirinaze aveva curato da una brutta febbre, riuscendo anche a insegnargli qualche rudimento di francese.

«Mio figlio ha riconosciuto in te l’uomo della gentile donna che mi ha salvato la vita», disse stentatamente l’anziano Tequesta. «Per questo tu e tuo figlio siete ancora vivi.»

«Ringrazio tuo figlio e te. Ma purtroppo mia moglie e prigioniera dei malvagi contro cui siete in guerra.»

«Una schiava», disse de Ceillac con un ghigno diabolico. «Sei la mia schiava. E lo sarai per tutta la vita.»

Shirinaze rimase impassibile, fissandolo con uno sguardo carico d’odio. Ma gia de Ceillac si stava rivolgendo ai luogotenenti convocati nel suo alloggio.

«Non ho nessuna intenzione di finire i miei giorni in queste terre selvagge», disse. «Presto ci rimetteremo in viaggio per l’Europa, ma prima voglio che le stive della nostra nave siano ben colme di oro e argento. Torneremo a casa straordinariamente ricchi, fratelli.»

Mentre gli altri si scambiavano occhiate gonfie di avidita, Denis obietto: «Come faremo, adesso che gli indigeni sono in guerra con noi? Ci sono venuti meno non soltanto l’accesso alle miniere, ma anche la mano d’opera per l’estrazione e il trasporto».

«Proprio di questo voglio parlarvi. Dobbiamo assoggettare di nuovo i Tequesta, a qualunque costo», ribatte de Ceillac con una luce sinistra negli occhi. «Anche se dovessimo decimarli.»

«Il rapporto e di quasi dieci a uno, e i Tequesta sono buoni combattenti», insistette Denis. «Dovremmo cercare di sfruttare la rivalita tra loro e i Calusa.»

«Ci avevo gia pensato, ma non sara facile. I Calusa ci sono sempre stati ostili.»

Aprile 1999

Oswald Breil ed Erma, protetti da un falso specchio, seguivano un interrogatorio nella sede del Mossad. La voce di Estelle Dufraisne giungeva loro nitida attraverso i due altoparlanti sui lati dello specchio.

«Che cosa sa dirci di questa setta segreta, signora Dufraisne?» chiese in tono duro uno degli agenti.

La donna rispose con altrettanta durezza: «Non appartengo a nessuna setta e protesto per questa procedura illegale».

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