In quel momento nessuno dei due si sarebbe mai potuto immaginare l’incredibile avventura che avrebbero vissuto.
Aeroporto internazionale Costa Smeralda. Giugno 1999
Didier Fosh scese la scaletta del Lear Jet e fu costretto a portare la mano ai pochi capelli per ripararsi dal torrido vento di maestrale.
Il forte aroma di mirto e dell’estate ormai prossima si mescolava a quello acre del carburante. C’era un’auto ad attenderlo. Si sistemo sul sedile posteriore, godendo il sollievo dell’aria condizionata.
Le ginestre in fiore coloravano di un giallo intenso un paesaggio per il resto quasi monocromo. L’auto si avvio per una strada tortuosa, tra rocce granitiche quasi da paesaggio lunare. Si vedevano baie incantevoli su un mare turchese.
Fosh non ricordava nemmeno piu quante volte fosse venuto li per conto del suo Institut Bancaire de Lausanne. Aveva seguito tutte quelle che definiva «colonizzazioni» di quell’esclusiva zona di vacanze. Prima per curare gli interessi dei potenti italiani, molto attenti a nascondere al fisco i propri affari. E la sua piccola banca era una maestra nel settore. Erano poi venuti gli arabi, che con i loro petroldollari avevano acquistato a peso d’oro dagli italiani le sontuose ville della Costa Smeralda. Chi avrebbe potuto mettere a profitto il loro immenso potere economico meglio dell’Institut Bancaire de Lausanne?
Infine era stata la volta dei nuovi ricchi dell’Est, con i loro interessi al limite tra l’illegalita e le sconfinate possibilita in un’economia in tumultuoso sviluppo. Ed era proprio nella casa di vacanze di un russo che Fosh si stava recando, per concludere l’affare piu importante e rischioso della sua carriera.
Aspettandolo, Iosif Bykov usci nel patio della villa che dava sul golfo di Cala di Volpe, portando con se un bicchiere di Martini e vodka. Il trascorrere degli anni non aveva addolcito il suo sguardo.
Godendo lo splendido panorama, sorrise pensando alla baracca nella steppa siberiana. Un ricordo ormai lontano. Ne aveva fatta di strada, da allora. Aveva distrutto a colpi di Kalashnikov ogni ostacolo e vendicato ogni torto subito. Tra di essi, l’omicidio del suo unico amico e socio, Chalva Tanzic.
Delta del Nilo. 1313
Ibn ben Mostoufi scruto il mare aperto oltre il braccio del Grande Fiume. Cominciava a sentire il peso degli anni e della solitudine impostagli dall’impossibilita di avere figli. Maledisse ancora una volta il mare in tempesta che gli aveva portato via la sua Shirinaze, morta tra i flutti o, peggio, venduta come schiava.
L’emiro era un uomo molto ricco: poteva permettersi quattro mogli e almeno trenta concubine. Quando i medici gli avevano detto che la terribile setticemia aveva leso le sue capacita di riproduzione, non si era dato per vinto. Aveva provato e riprovato, nella speranza che una donna del suo harem potesse dargli un figlio. Ma si era dovuto rassegnare alla triste realta. Alla sua vita sarebbe mancato il vero motivo per essere vissuta; il suo percorso terreno non avrebbe avuto la naturale continuazione di un figlio.
Per Shirinaze aveva pianto, come non ricordava di aver mai fatto in vita sua, e ogni volta che pensava a lei i suoi occhi s’inumidivano ancora.
Mille volte aveva sfidato temerariamente il mare, sperando che riuscisse a dargli l’ultima pace. Ma il malvagio non aveva voluto: lo aveva soltanto reso sempre piu ricco.
Stoccolma. Giugno 1999
Lionel Goose era sul terrazzino della sua suite al quattordicesimo piano della
Voltatosi, torno nella camera da letto. Seduta alla toilette per il trucco, sua moglie si stava preparando per quella serata speciale. Lionel la guardo: e la trovo ancora bella. La lunga vita in comune impediva loro di vedere i segni del tempo. L’amava come il primo giorno, niente al mondo sarebbe riuscito a separarli. Tranne quell’inesorabile male.»
Lionel scaccio il pensiero e si lascio andare sul letto, guardandosi attorno compiaciuto: i pannelli in ciliegio riscaldavano l’atmosfera della stanza. Il letto king size era parallelo alla parete di vetro aperta sull’Oceano. Le luci erano distribuite con sapienza nel soffitto, anch’esso in ciliegio chiaro.
In ogni stanza c’era una tastiera simile a quella di un computer, collegata allo schermo del televisore con un sistema a raggi infrarossi. Attraverso quella meraviglia tecnologica ci si poteva connettere con un servizio centrale in grado di fornire le piu disparate informazioni: si poteva far comparire sullo schermo l’estratto conto aggiornato della propria cabina, ricevere notizie sulla crociera, effettuare prenotazioni di servizi particolari.
Il bagno era vasto, interamente rivestito in marmo e dotato di doppio lavabo e doppia vasca per idromassaggio. I servizi igienici erano separati da una sottile parete, anch’essa rivestita di marmo bianco di Carrara.
Il salotto attiguo dava sul terrazzino e aveva una zona divani attorno a un tavolo, dove, nei rari casi di maltempo, veniva servita la prima colazione. Altrimenti la facevano a quello sul terrazzino, un angolo rivestito in teak a strapiombo sul mare, oltre trenta metri sotto di loro.
Lisa si stava truccando con cura. Secondo tradizione, il comandante invitava al suo tavolo i croceristi in gruppi di quattro-sei. E quella sera sarebbe toccato a loro, gli ospiti della suite
Come negli hotel, le cabine erano infatti contrassegnate da numeri progressivi, le cui prime cifre rappresentavano il ponte. Le trenta suite avevano invece nomi presi dalla mitologia. Ma, come negli alberghi, il rispetto di eventuali suscettibilita superstiziose aveva eliminato il numero tredici.
Arthur Di Bono rimase in plancia sin quasi all’ora di cena. In quel tratto di mare del Nord il traffico era molto intenso, e lui preferiva rimanere a fianco del nocchiere. Di notte, diceva sempre, e difficile avere la percezione precisa della velocita e delle dimensioni di una nave che si sta incrociando, nonostante tutti gli strumenti di bordo. Il mare e sconfinato, ma la collisione e sempre in agguato.
La sala comando, a forma di ellisse appuntita alle estremita e protetta da un’ampia vetrata polarizzata, era in un’ala soprelevata rispetto al ponte piu alto della nave. L’antica ruota del timone aveva lasciato il posto a una cloche di tipo aeronautico, e due joystick sostituivano le scampanellanti manette di un tempo. Sui due lati del posto di guida c’erano postazioni dotate delle tecnologie piu sofisticate per la navigazione. Al centro i cinque schermi radar, sulla sinistra i video collegati al computer centrale, con informazioni aggiornate in tempo reale su apparato motore, stabilizzatori e allarmi di macchina. Sulla destra un’altra serie di monitor teneva sotto controllo il funzionamento dei servizi: dal livello dell’acqua nelle piscine allo stato dell’impianto di desalinizzazione, capace di potabilizzare duemilacinquecento tonnellate di acqua al giorno.
Le due cuspidi della sala comando sporgevano di qualche metro dalle fiancate per favorire la visibilita nella manovra di accosto. «I nostri specchietti retrovisori», li definiva Di Bono. Due postazioni di guida identiche a quella centrale erano fissate su ognuna delle soprelevazioni laterali della sala comando. Venivano utilizzate alternativamente nel corso della manovra in porto, a seconda che la nave ormeggiasse sul lato di dritta o su quello di sinistra. Davanti a ogni stazione di guida una fila di monitor ripeteva le immagini delle oltre ottanta telecamere a circuito chiuso collocate nei punti strategici della nave.
L’anima computerizzata della
Lisa Goose aveva indossato un abito lungo di taglio italiano, acquistato proprio per la crociera. Lionel, invece, si era strizzato a forza in uno smoking fatto quasi venti anni prima. Usciti dal loro appartamento, presero uno dei quattro ascensori panoramici per scendere nella sala ristorante, sette ponti piu in basso.
Il comandante Di Bono attendeva gli ospiti accanto al suo tavolo, a ridosso della parete di fondo del