altri due di accomodarsi.

«Abbiamo molto sofferto per le notizie riguardanti il Tempio arrivate dalla Francia. Il nostro cuore ha sanguinato per quei Cavalieri al cui fianco abbiamo vissuto tante vicissitudini. Siamo anche stati divisi da profondi contrasti, ma abbiamo sempre lottato per lo stesso fine. Non ho mai incontrato Bertrand de Rochebrune, ma ho sentito molte volte parlare di lui. Ne conosco il valore e la dedizione all’Ordine».

E il Gran Maestro degli Ospedalieri fece una lunga pausa, passandosi nervosamente le dita nella barba rada.

«Ma, accorrere in aiuto del Tempio», riprese con voce bassa ma ferma. «Ahime, giovane amico, come possiamo? Siamo troppo lontani e stiamo vivendo anche noi tempi calamitosi. L’aver trovato una nuova sede in questa isola non significa che abbiamo raggiunto la sicurezza. D’altra parte, gia da tempo ho ritenuto di lasciar cadere la proposta dello sfortunato Gran Maestro de Molay di realizzare un’unione dei nostri due Ordini onde rafforzarli di fronte alle mire dei comuni nemici: sapete bene chi intendo.

«No, giovanotto», concluse in tono amaro ma secco, alzandosi e facendo capire che l’udienza era terminata. «Riferite a Bertrand de Rochebrune che, seppure profondamente angosciati, non possiamo fare niente. Leveremo le piu fervide preghiere al Signore perche protegga il Tempio.»

Mosca. 1° luglio 1999

Iosif non riusciva a dimenticare il ricatto: l’avrebbe fatta pagare cara a Fosh. Ma intanto aveva la sgradevole sensazione che le pretese del suo banchiere non sarebbero finite li.

Aveva effettuato consegne in Bosnia, in Cecenia, nel Corno d’Africa e in Kosovo. I suoi aerei erano atterrati su impossibili piste in terra battuta per scaricare mezzi cingolati. Aveva rifornito ogni genere di guerriglia in buona parte del globo terrestre, ma non gli era mai capitato di fare una consegna su una lussuosa nave da crociera. Era un fatto perlomeno singolare, come del resto la merce richiesta.

Ciascuna delle dieci testate appena acquistate dal comandante russo aveva una capacita dirompente cinque volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima.

Iosif si concesse un sorriso pensando a Leonid Uradov e al suo equipaggio, che in quel momento se la stavano probabilmente spassando in qualche paradiso dei Caraibi, sperperando i venti milioni di dollari che la banca svizzera aveva versato sui loro conti cifrati.

Ma basto l’idea di banca a rendergli livido il sorriso. Gli venne in mente lo sguardo viscido di Fosh.

Neanche per un attimo penso al suo enorme guadagno personale. Quei soldi non gli interessavano, ma sarebbero serviti per farla pagare a chi lo aveva ricattato.

New York. 3 luglio 1999

Come ogni sabato le telecamere delle quattro maggiori emittenti televisive erano state ammesse nel luogo piu protetto della US Gambling Lotteries, una stanza blindata di dieci metri per dieci, senza alcuna apertura esterna oltre alla porta corazzata, il cui unico mobilio era costituito dai due enormi computer piazzati al centro e da qualche poltroncina.

Le macchine stavano immagazzinando i dati e procedendo in diretta all’estrazione dei sette numeri vincenti. L’eventuale vincitore si sarebbe aggiudicato otto milioni e duecentomila dollari.

La voce meccanica del computer comincio a scandire i numeri estratti, che contemporaneamente apparivano in un maxischermo su una delle pareti bianche: «2… 5… 7… 11… 17… 31… 63».

La tensione era alta tra i presenti come tra i milioni di telespettatori con lo sguardo fisso sul tagliando della giocata. Nessuno poteva accorgersi che Pat Silver, in un angolo, stava digitando i numeri vincenti sulla tastiera del suo portatile.

Le operazioni di spoglio iniziarono immediatamente, e i due maxicomputer cominciarono a esaminare a una a una tutte le combinazioni giocate.

Fu verso meta dello spoglio che una delle due macchine si blocco. Sul monitor comparve la scritta Bad Cluster. un dato era illeggibile.

«Autorizziamo l’intervento del tecnico», dichiaro subito il responsabile federale.

Impassibile, Pat si sedette alla tastiera, digitando con sicurezza alcuni comandi, ma scosse la testa.

«Devo collegare il computer centrale con il mio portatile», disse, «e sperare che i miei programmi di correzione riescano a superare il blocco.»

Quindi collego con mosse esperte il cavo e inseri un CD-Rom nel lettore del suo portatile. Un’icona sul monitor lo informo che i due computer erano in comunicazione.

Nessuno poteva sospettare che stesse modificando su tutte le memorie fisse e mobili del sistema l’unica schedina vincente, inserendovi i numeri appena sorteggiati.

«Fatto», disse finalmente in tono neutro, alzandosi, mentre la macchina principale riprendeva il suo sordo ronzio.

Poco piu tardi, con tutta la solennita richiesta dal momento, il responsabile federale si porto davanti alle telecamere.

«Lo spoglio ha evidenziato una sola vincita di prima categoria. Espletati i dovuti controlli, il vincitore ricevera otto milioni e duecentomila dollari.»

Pochi minuti dopo, la sede della US Gambling Lotteries era deserta. Pat era stato uno dei primi ad andarsene: per consentire l’espletamento dei «dovuti controlli», doveva precipitarsi a stampare con il suo terminale la schedina vincente.

Ventiquattro ore piu tardi la sera colse di nuovo Derrick Grant nel suo ufficio, ancora al lavoro.

«C’e l’ingegner Silver in linea, avvocato. Glielo passo?» gli chiese la segretaria.

«Ehi, Pat, qual buon vento?»

«Vento di poppa, Derrick. Se rimani in ufficio ancora un po’, vengo li. Ho da dirti una cosa molto importante.»

Esattamente diciotto minuti piu tardi i due ex compagni di campus si stringevano la mano con calore.

Derrick noto che l’amico si era appena rasato. Anzi, da certe zone chiare della faccia si sarebbe detto che per qualche tempo avesse portato i baffi. Anche i capelli sembravano tagliati di fresco.

Pat Silver prese dal portafogli una schedina di lotteria e gliela porse.

«Che cos’e?» chiese Derrick, guardandola.

«Un assegno al portatore di otto milioni, duecentomila dollari e spiccioli. E ti chiedo d’incassarlo.»

«Vuoi dire che hai vinto alla lotteria?»

«Esatto, Derrick. Ho vinto il primo premio dell’estrazione di ieri sera. Era un sacco di tempo che giocavo una serie di sistemi elaborati da me stesso. E adesso mi occorre un legale che si occupi dell’incasso, garantendomi l’anonimato. Non voglio trovarmi addosso tutti i parenti fino al ventesimo grado.»

Derrick stava girando e rigirando il tagliando tra le dita. «Sei proprio sicuro che sia la schedina vincente? L’hai giocata di persona? Non vorrei che si trattasse di una contraffazione.»

«E la giocata vincente, Derrick, autentica al cento per cento. E in ogni caso non rischi niente: sei un legale che assiste un cliente.»

«Sara.»

«Che cosa mi tocca sentire. Un avvocato esita a riscuotere una vincita alla lotteria, e poi magari non si pone nessun problema ad assistere un assassino.»

«Una cosa e il diritto alla difesa e un’altra il favoreggiamento di un reato. Comunque non voglio e non devo sapere altro: domattina faro presentare il tagliando vincente all’incasso.»

«Grazie, avvocato.»

«L’inattesa ricchezza non ti fara cambiare idea circa la crociera?»

«Neanche per idea. Al contrario. Ma, mi raccomando: acqua in bocca con tutti.»

«Segreto professionale», replico Derrick, strizzandogli l’occhio.

Mediterraneo. Giugno 1313

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