La nave di Aniello aveva lasciato ormai da molte ore il porto e, dopo aver costeggiato la costa settentrionale dell’isola fino alla sua estrema punta occidentale, aveva virato a sinistra verso il Mediterraneo aperto, diretta a Malta per proseguire nel suo viaggio e nelle sue attivita commerciali.
Ancora oppresso dal rifiuto ricevuto dai Cavalieri di San Giovanni, Luigi di Valnure era appoggiato alla murata di dritta, con lo sguardo perso nell’immensita del mare, da cui il sole faceva levare violenti barbagli.
Il mercante amalfitano gli si avvicino e gli poso affettuosamente una mano sulla spalla destra, stringendogliela. Di piu, per dargli conforto, non avrebbe potuto fare.
«Non crucciarti, Luigi», disse. «Hai fatto il tuo dovere. Avevo avvertito Bertrand che si trattava di un tentativo disperato, ma era giusto farlo. Il rifiuto dei Cavalieri di San Giovanni lo amareggera, ma non poteva andare diversamente. Checche possa averti detto Folco de Villaret, gli Ospedalieri aspirano all’assegnazione dei beni rimasti del Tempio, come ha suggerito a Filippo il Bello il suo giurista Pierre Dubois. Dovrete cercare aiuto altrove.
«Adesso, pero», continuo Aniello, «dovremo tenere gli occhi molto aperti. Come vedi, il forte vento che scende dal Peloponneso ci sta mettendo a dura prova. E non e raro che i mori arrivino fino a qui con le loro navi nei loro commerci con i correligionari turchi Mentesce, che dominano molte zone costiere dell’Anatolia sottratte a Costantinopoli. Siamo in una stagione in cui di solito evitano questa canicola, ma non si sa mai.»
Castello di Valnure. 4 luglio 1999
«Si parte il 15 da Venezia», annuncio allegramente la voce di Paola Lari nella cornetta. «E le Maritime Cruise Lines hanno mostrato una grande signorilita: ci e stato assegnato un appartamento extra lusso. Pensa, sono soltanto due su piu di milletrecento cabine.»
«Magnifico, ma voglio contribuire per la mia quota. Che tu sia ospite della compagnia e logico, ma io…»
«Non pensarci nemmeno. L’ufficio pubbliche relazioni delle Maritime Cruise Lines mi ha spontaneamente offerto ospitalita per un accompagnatore.»
Non appena conclusa la telefonata, Gerardo torno alle ricerche che stava facendo su Internet, finche dal computer senti arrivare uno scampanellio. Lo stava chiamando Sara Terracini.
Chiusa la pagina che stava consultando in rete, apri immediatamente il programma di linguaggio criptato. ‹TROVATO QUALCOSA DI NUOVO?› vide scorrere nella finestra in basso sul suo monitor.
‹NIENTE D’INTERESSANTE. E TU?›
‹RICORDI QUEL MIO AMICO IMPORTANTE?›
‹QUELLO CHE MI HA PROCURATO I DOCUMENTI PER ANDARMENE ALLA CHETICHELLA A ROSLIN?›
‹ESATTAMENTE. DOPODOMANI SARA A ROMA PER UNA VISITA UFFICIALE. E UN PERSONAGGIO ‘MOLTO’ IMPORTANTE. MI HA CHIESTO SE POSSIAMO VEDERCI TUTTI E TRE PER PARLARE DEL FAMOSO NODO MARINARO. PUOI?›
‹NON POTREI MAI MANCARE. A CHE ORA E DOVE?›
‹IL MIO AMICO VERRA DA ME NEL PRIMO POMERIGGIO.›
‹ARRIVO ALLE DUE E MEZZO.›
Quando si furono salutati, Gerardo torno ai motori di ricerca di Internet, ma con suo profondo disappunto fu nuovamente interrotto dal telefono.
«Scusami se ti disturbo di nuovo», gli disse Paola. «Presa com’ero dalla notizia della crociera, mi sono scordata di chiederti ospitalita per dopodomani.»
«La mia casa e sempre aperta per te. Hai le chiavi. Io pero rientrero piuttosto tardi. Ho da fare a Roma nel primo pomeriggio.»
«Un incontro galante?»
«Magari. Macche, un incontro con una grossa organizzazione turistica, per il castello», rispose Gerardo, preferendo ancora una volta la prudenza. Ma era lusingato dalla velata nota di gelosia nascosta nelle parole di Paola.
Mediterraneo. Giugno 1313
I timori di Aniello trovarono purtroppo conferma al tramonto. La sua nave da carico era ormai da tempo in mare aperto, quando nella sua scia apparve un vascello dall’inconfondibile sagoma moresca. Era una nave da guerra. In lontananza si vedeva una lunga fila di vele piu piccole, sicuramente una flotta di commercianti a cui la nave piu grossa faceva da scorta.
Si avvicinava a vista d’occhio, era impossibile sfuggirle. Aniello ordino di prepararsi allo scontro. Le armi apparvero come d’incanto, prese dai nascondigli, e ogni uomo occupo la sua postazione. Non era il primo arrembaggio da cui si difendevano. I mori avrebbero trovato un filo molto duro da torcere.
Quando furono a poca distanza, Luigi noto un febbrile movimento intorno alla catapulta a prora della nave nemica. Alcuni mori in caftano bianco e turbante erano alle prese con i verricelli che armavano il lungo palo con l’estremita a forma di cucchiaio. Sin da quella distanza si sentiva il gemito delle grosse funi su cui ruotava l’asse del palo, tese al massimo. Due uomini deposero un proiettile nel cucchiaio.
Ne aveva sentito parlare tante volte: erano i
Il «fuoco greco» si basava su una formula attribuita a un alchimista siriano del IX secolo, di nome Callinicos. La terribile miscela si otteneva mescolando zolfo, pece, lardo, salnitro e calce viva con un petrolio particolarmente leggero, detto «nafta».
«Al riparo, presto, copriti con una di quelle pelli umide», grido Aniello a Luigi.
Lo schianto del palo che sbatteva con violenza contro l’asse orizzontale dell’arco della catapulta fece calare un silenzio assoluto sulla nave amalfitana. Subito dopo si senti il sibilo del proiettile incendiario, che piombo in mare a poca distanza dalla fiancata.
«Maledetti. Sono straordinariamente precisi. Non vogliono darci la soddisfazione di morire con le armi in pugno», ringhio Aniello.
Pochi attimi piu tardi, infatti, si scateno l’inferno: la nave amalfitana, colpita da una serie di proiettili incendiari, prese fuoco come legna secca in un camino.
«Abbandonate la nave», ordino Aniello, avvolto da una nuvola fiammeggiante di fumo.
La nave s’inclino di lato, facendo rotolare fuori bordo uno dei barili della carne salata, principale nutrimento dell’equipaggio.
Visto che galleggiava, Luigi capi che era almeno parzialmente vuoto. Si tuffo e lo raggiunse con poche bracciate. Chiamate a raccolta le forze, vi si isso e, sollevato il coperchio, si lascio cadere all’interno con una capriola.
Il comandante della nave da guerra saracena ordino di raggiungere la zona dove era appena affondata quella cristiana. Il vento, rinforzatosi, aveva spinto lontano i relitti che offrivano una maggiore superficie alle raffiche. Ma l’acqua era comunque cosparsa di pezzi di fasciame, pelli, balle di tessuto, barili, tra cui nuotavano almeno cento naufraghi, molti dei quali feriti.
Il moro fece versare in mare grandi quantita di «fuoco greco», che si stese come una pellicola in tutta la zona. Quindi ordino al timoniere di portare la nave a distanza di sicurezza. Dal mare, Aniello e i suoi valorosi marinai videro i
Ormai lontano dalla macchia scura e oleosa, Luigi sollevo il coperchio della botte spinta dal vento, e l’orrore lo lascio senza fiato. Il proiettile traccio un arco di fuoco nelle ombre seguite al tramonto. Non appena tocco il mare, le fiamme si levarono, diffondendosi lente ma inesorabili sulla superficie increspata.
«Presto, presto», ordino il comandante moro ai suoi marinai. «Abbiamo ancora un po’ di luce. Raggiungiamo la flottiglia. La fusta in ritardo dovra cavarsela da sola. Non possiamo piu cercarla. Ma ormai siamo