merci, rinnovare le provviste di bordo e imbarcare alcuni uomini di scorta. Poi ripartiremo subito per la tua terra.

«Allah, Allah», concluse, genuflettendosi sul pavimento e battendosi il petto, «mi hai gia molto beneficato, ma, Ti prego, concedimi ancora la grazia di abbracciare Shirinaze e mio nipote.»

New York. 10 luglio 1999

Maggie doveva sbrigarsi a preparare tutto. Tra meno di una settimana avrebbero preso l’aereo per l’Italia, dove, dopo una breve sosta a Venezia, si sarebbero imbarcati sulla nave passeggeri piu grande del mondo.

Gli ingredienti per cercare di rimettere in sesto il rapporto con suo marito c’erano tutti, ma, nonostante le continue attenzioni di Timothy, non riusciva a dimenticare la terribile frase circa l’eventualita di avere un figlio.

«Arrivati in Italia dovrai concedermi una sosta di poche ore a Roma, prima di ripartire per Venezia», le disse Timothy. «Ho un appuntamento con la direzione dell’antiterrorismo italiano. Sara una cosa rapida, ma mi costringera a prendere il volo per Venezia successivo al vostro. Ti raggiungero all’Hotel Danieli.»

Cominciamo bene, penso mestamente Maggie, limitandosi ad annuire.

Pat Silver entro nell’ufficio di Grant con stampato in faccia un sorriso radioso. Derrick gli fece cenno di sedersi mentre terminava una telefonata.

«Devo chiederti scusa per i miei dubbi», gli disse non appena ebbe posato la cornetta. «Quella schedina e autentica e perfettamente valida. Dopodomani la US Gambling Lotteries accreditera sul conto del mio studio gli otto milioni e duecentomila dollari. Devi soltanto farmi sapere gli estremi del conto sul quale girarli.»

«Li ho scritti qui», rispose Pat, porgendogli un foglietto con le coordinate di un conto bancario cifrato presso una banca di Innsbruck. «Deduci pure il tuo onorario.»

«Non parlarne nemmeno. E un favore che ti ho fatto volentieri. Piuttosto, sei pronto ad affrontare la tua prima vacanza da Paperone?»

«La prima di una lunga serie, mi auguro.»

Roma. 10 luglio 1999

Dopo aver bussato con forza, Toni Marradesi fece letteralmente irruzione nell’ufficio di Sara Terracini senza aspettare risposta.

«Ti vedo sempre con immenso piacere, Toni», lo accolse ironicamente Sara. «Quindi, la prossima volta, butta pur giu direttamente la porta, invece di perdere tempo a bussare. Sospetto che tu abbia qualcosa d’importante da dirmi.»

«Guarda qui», sbotto Toni, porgendole un volume molto vecchio. «Ma fai attenzione, ne esistono pochissime copie.»

«Ho una certa abitudine a maneggiare anticaglie, non credi?»

«Gia, e vero, scusa, ma sono molto agitato. Insomma, l’anticaglia che hai in mano e una pubblicazione privata di un autore che ha preferito rimanere anonimo: un misterioso esperto di sette segrete. Guarda il titolo: Secret Societies of the Middle Ages. E stato edito nel 1846. Leggi il punto dove ho messo il segnalibro.»

Aperto il volume alla pagina indicata, Sara lesse: «Con ogni probabilita i Templari sfuggiti alla cattura si riunirono in sette segrete allo scopo prevalente di destabilizzare i poteri che avevano agito contro di loro, distruggendo per sempre l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Gerusalemme. Si puo pensare che alcune di queste sette segrete operino ancora oggi».

«Accidenti», esclamo. «Il tuo anonimo conferma le nostre tesi. Ma che cos’e quel sorriso sornione? Che cos’altro hai in pentola?»

«Sto documentandomi ulteriormente sulla Sindone di Torino, e mi sto facendo una certa teoria. Anzitutto, esaminata bene l’impronta, ho concluso che il corpo impresso nel telo non doveva essere adagiato su una pietra funebre, ma su un giaciglio morbido, con almeno un paio di cuscini dietro la schiena. Se il corpo fosse stato steso su una superficie rigida, le braccia non si sarebbero potute distendere in quella posizione, ma sarebbero rimaste molto piu in alto rispetto al bacino. E la parte dorsale avrebbe lasciato impresse soltanto le zone sporgenti, natiche e spalle, e non tutto il tronco, come si vede nella Sindone. Inoltre, con la testa appoggiata su una pietra piatta, i capelli tenderebbero a cadere verso il basso e non a incorniciare il viso, come invece succede se la testa e posata su un cuscino. E i capelli della Sindone circondano il viso. E sai perche quel corpo era stato adagiato su cuscini? Perche era quello di Jacques de Molay, stremato dalle torture dell’inquisitore ma ancora vivo.»

Sara lo ascolto in silenzio con la massima attenzione. Sapeva bene quanto il suo collaboratore fosse restio a parlare se non era piu che sicuro di quello che diceva.

«A rinforzare questa mia tesi», incalzo Toni, «c’e il fatto che la Chiesa non ha mai voluto considerarla una reliquia sacra. Ci sono lettere a papa Clemente VII da parte d’illustri prelati, dove, tra l’altro, si legge: ‘Sono convinto di non poter esprimere a sufficienza la deplorevole natura dello scandalo della Sindone, prodotto dell’ingegno umano e non di qualcosa di miracoloso’. Lo ha scritto il vescovo d’Arcis sul finire del XIV secolo. Insomma, la Sindone diventa reliquia cristiana soltanto in tempi recenti, ma senza il placet ufficiale della Chiesa. E vuoi che ti ripeta come la penso sul cordoncino rosso trovato nella Cappella del Guarini mentre il fuoco attaccava la teca della Sindone?»

Sara annui intenta, e Toni prosegui: «Sono sempre piu convinto che quel rogo misterioso fosse un segnale per i componenti della setta».

«Dove hai messo la tua proverbiale prudenza, Toni? Abbiamo gia discusso questa ipotesi, concludendo che, se dovesse rispondere al vero, ci sarebbe da avere una gran fifa. Mi sembra che tu stia fantasticando troppo su trame segrete e minacce incombenti», ribatte Sara, alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi al vetro schermato della finestra. A pochi metri dal portone vide alcuni operai intenti a sistemare il marciapiede.

Stavano evidentemente riparando i danni del presunto attentato mafioso fallito di cui avevano parlato i giornali. Ma Oswald le aveva spiegato bene che cosa era in realta successo.

Non vide pero l’auto con i due agenti israeliani che lo stesso Oswald aveva ordinato la tenessero sotto controllo giorno e notte.

Luglio 1313

Luigi si era completamente rimesso, ma quelle interminabili peregrinazioni per mare lo stavano estenuando. Trovava pero intenso sollievo nella prospettiva che tra pochi giorni avrebbe riabbracciato i suoi cari.

L’emiro non si stancava mai di sentirlo parlare di Shirinaze e Lorenzo, esplodendo sonore esclamazioni e battendo le mani felice come un bambino quando gli raccontava del profondo affetto che legava il piccolo alla madre.

Lasciatasi a poppa le coste della Sicilia, la nave stava ormai risalendo la penisola italiana.

Prima di sbarcare, l’emiro abbandono i lussuosi abiti moreschi per abbigliarsi da mercante cristiano del Levante, e altrettanto fecero i sette uomini che li avrebbero scortati fino a Piacenza.

Per la Cristianita Ibn ben Mostoufi rimaneva un nemico, ed era in territorio ostile. Ma il desiderio di riabbracciare la figlia e conoscere il nipotino cancellava ogni timore: avrebbe infilato la testa anche nella tana di un lupo.

Raymond de Ceillac aveva esaminato a uno a uno i cinquanta uomini concessigli dal re di Francia. Quindi aveva comandato loro di lasciare Parigi a gruppi di due, tre al massimo, per riunirsi con lui in una zona boschiva nei pressi del castello di Valnure.

Soltanto a quel punto li avrebbe messi al corrente dell’astuto piano che aveva in mente. Non era infatti pensabile cingere d’assedio il maniero dei Valnure: per avere ragione di quelle mura non sarebbero bastati tremila uomini e qualche anno. Bisognava agire d’astuzia.

Non appena furono finalmente tutti riuniti, spiego: «Mi serviro dell’affetto che lega Lorenzo a suo cugino

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