sudorientale dell’Italia. A cena avrebbe ospitato al suo tavolo Paola Lari, la cantante italiana che la sera dopo si sarebbe esibita per gli ospiti della nave, e il suo accompagnatore, uno studioso di storia medievale discendente da una nobile famiglia del Norditalia. Non voleva arrivare in ritardo.
E incredibile, penso, come il tam-tam di bordo sappia diffondere le notizie in un lampo. Paola Lari si era appena imbarcata, e gia lui sapeva molte cose non soltanto di lei, ma anche del suo accompagnatore. D’altra parte, cogliere i mormorii di bordo rientrava nei suoi compiti: era un metodo per tastare il polso agli ospiti. Non doveva soltanto condurre un colosso da centoventimila tonnellate: gli spettava anche la responsabilita di dispensare spensierate vacanze a migliaia di croceristi.
La pericolosa consegna che doveva effettuare non consentiva a Iosif Bykov di godere la gaia atmosfera di bordo. Trascorreva gran parte del suo tempo in cabina, in preda a una sensazione di disagio e impotenza che andava crescendo con il passare delle ore. Affacciato alla balconata del suo appartamento, stava osservando senza veramente vederla la scia della nave, quando senti squillare il telefono.
«Benvenuto a bordo, signor Bykov», disse in buon russo la voce all’altro capo della linea. «Sono l’incaricato del ritiro. Mi rifaro vivo quanto prima. Buona crociera.»
Il comandante assegno i posti alla sua tavola, facendo accomodare Paola Lari al suo fianco e Gerardo di Valnure vicino al primo ufficiale, un giovane italiano dai modi simpatici. Poi, come sempre, si dilungo a descrivere le caratteristiche salienti della nave.
Quando si mise a parlare fittamente con Paola, il giovane ufficiale italiano si piego verso Gerardo, dicendogli sottovoce: «Lei dev’essere un ottimo cliente per l’Institut Bancaire de Lausanne».
«Institut Bancaire?» chiese Gerardo, perplesso.
«Be’, i due appartamenti di lusso sono stati prenotati da quella banca svizzera, e credevo… Insomma, ho immaginato che fossero destinati a clienti a cui tengono molto. L’altro infatti e occupato da un ricco uomo d’affari russo, che pare stare moltissimo a cuore a quella banca, almeno a giudicare dalle raccomandazioni che abbiamo ricevuto noi di bordo.»
«Ah», commento Gerardo in tono neutro, osservando Paola. Era tutta presa nella sua conversazione con il comandante e non sembrava aver sentito il suo dialogo con il giovane ufficiale italiano.
Mentre lui, alcuni giorni prima, l’aveva sentita
Parigi. 18 marzo 1314
Bertrand e Luigi erano rimasti defilati rispetto alla calca che si ammassava davanti alla tribuna allestita per l’occasione. Avevano comunque riconosciuto i prigionieri condotti al cospetto del vescovo di Sens e dei tre messi papali.
Il Gran Maestro Jacques de Molay precedeva il Precettore di Normandia Geoffroy de Charney e altri due Cavalieri. Tutti e quattro apparivano profondamente provati dagli anni di carcere duro, torture, isolamento e privazioni.
Circondati da uno stuolo di guardie del re e cercando comunque di mantenere un’andatura dignitosa, arrivarono davanti agli ecclesiastici. L’unico scopo della messinscena era notificare pubblicamente al Gran Maestro e agli altri la sentenza. Un’ulteriore umiliazione voluta da Filippo IV.
I Cavalieri non avrebbero avuto diritto di replica, tanto piu che, se avessero ritrattato le accuse estorte con la tortura, sarebbero stati tacciati di eresia e condannati a morte.
«Nel nome di Dio», tuono l’arcivescovo di Sens zittendo ogni mormorio, «e per espressa delega di Sua Santita Clemente V e di Filippo IV re di Francia. Voi tutti siete rei confessi dei reati che qui elenco per sommi capi: rinnegamento del Cristo e profanazione della Croce, adorazione di un idolo satanico, celebrazione di sacramenti distorti, omicidi e baci rituali, utilizzo di simboli eretici, alto tradimento. Per tutto questo io vi condanno, Jacques de Molay, Geoffroy de Charney, Hugues de Pairaud e Geoffroy de Gondeville, al carcere a vita…»
A questo punto il Gran Maestro de Molay si alzo e chiese di parlare. La parola gli venne negata piu volte, e la folla riprese a tumultuare. Consultatosi con i messi papali, l’arcivescovo di Sens decise allora di concedergliela, anche se non era previsto. Era sicuro che de Molay avrebbe confermato le confessioni gia rese: a un reo confesso non era permesso ritrattare, pena il rogo.
Sulla piazza calo di nuovo il silenzio, e il Gran Maestro prese a parlare, facendo fremere Bertrand, che ricordava la sua voce ferma e profonda e invece adesso la sentiva flebile e malata.
«Provero onta e vergogna per l’eternita», disse de Molay, «perche ho commesso il piu grave dei crimini.» E cosi detto fece una pausa.
«Il mio crimine», riprese, gettando tutti nello sconcerto, «e stato aver confessato quanto mi e stato estorto con la tortura. Ma l’ho fatto soltanto per porre fine a indicibili sofferenze e sevizie. Perfettamente conscio della pena a cui vado incontro ritrattando, posso ora gridare al mondo intero che l’Ordine e innocente.»
La voce di Geoffroy de Charney, che si associava alla denuncia del Gran Maestro, fu coperta dal trambusto esploso sulla tribuna, quindi le guardie ridussero al silenzio i due prigionieri. Il processo fu immediatamente sospeso, e i giudici si ritirarono in gran fretta tra il vociare sempre piu alto della piazza.
Roma. 17 luglio 1999
Sebbene fosse sabato, Sara Terracini era andata al laboratorio molto presto. Aveva parecchie cose da fare, trascurate per dedicarsi alle vicende del Tempio. Comunque la perfetta climatizzazione del suo laboratorio era un modo per sfuggire al caldo soffocante che opprimeva Roma.
«Mi ci vorrebbe proprio una bella vacanza», penso, scostando i capelli corvini dalle guance che avevano bisogno di un’abbronzatura. «Tipo quella che si sta godendo Gerardo di Valnure: su una nave da crociera sotto il bel sole del Mediterraneo.»
Il pensiero le fece illuminare la faccia da un bel sorriso, mentre controllava meccanicamente la sua casella di posta elettronica. Il messaggio che vi trovo veniva proprio da Gerardo. Poche parole, scritte da chi in quel momento aveva per la testa ben altro che le vicende dei Cavalieri del Tempio. Dalle quali, invece, Sara non riusciva proprio a distogliere la mente.
Dopo pochi minuti, infatti, nonostante tutti i buoni propositi di dedicarsi alle questioni del suo laboratorio, stava studiando per l’ennesima volta la copia del singolare sigillo.
Lasciata la scrivania, si avvio verso la fornitissima biblioteca del suo centro di ricerche. Scelse a colpo sicuro da uno scaffale un libro sui nodi e, tornata nel suo ufficio, vi cerco notizie sulla gassa d’amante. Oltre alle caratteristiche e alla modalita di esecuzione, trovo una breve descrizione in forma di fiaba: «
Perplessa, prese un pezzo di corda e provo a seguire queste singolari istruzioni. Al terzo tentativo ci riusci.
Mar Ionio. 17 luglio 1999
La donna estrasse il cordoncino rosso da una tasca dei pantaloni attillati. Composto il nodo quasi senza guardare la corda, lo lascio penzolare davanti all’uomo. Questi infilo il suo cordoncino nell’anello, assicurando le due estremita con una gassa d’amante. Soltanto allora Hans Holoff disse qualcosa.
Intanto Gerardo di Valnure aveva deciso di fare un po’ di moto, anche per smaltire la magnifica cucina di bordo. Messosi in tuta e scarpe da ginnastica, era quindi sceso alla pista da jogging. Quando usci sul ponte ebbe l’impressione che Paola avesse appena finito di parlare con un uomo dall’espressione stranamente dura. Ma fu soltanto una sensazione fugace, niente di piu. Eppure la faccia del possibile interlocutore di Paola gli aveva dato un senso di disagio, come se lo avesse gia incontrato in una situazione imbarazzante.
A un altro piano della nave, Iosif Bykov era seduto nel salotto del suo appartamento. Guardava oltre l’ampia vetrata il mare, che sembrava stesse montando. Una nave come la