Pat Silver aveva applaudito Paola Lari, poi era sgattaiolato al casino, a poppa dello stesso ponte del teatro. Aveva puntato distrattamente alcuni gettoni alla roulette, ma la sua attenzione era stata presto attirata dai tavoli dove i croupier distribuivano le carte ai giocatori. Pochi istanti dopo era seduto a un tavolo di Caribbean Poker, una variante del poker americano con cinquantadue carte, le cui regole mettono ancora di piu in vantaggio il banco.
Al bar Dioniso, intanto, Lionel Goose aveva insistito perche le consumazioni venissero addebitate sulla sua carta di credito di bordo e poi aveva lanciato un’idea.
«Perche non andiamo a dare un’occhiata al casino?»
Lisa Goose alzo gli occhi al cielo e spiego a Maggie e Derrick che il marito puntava ogni sera cinque dollari sul ventitre rosso. Se vinceva, continuava.
«Ma purtroppo», concluse con un sorriso, «non e mai successo.»
Nella sala da gioco la loro attenzione fu subito attratta da un folto gruppo di passeggeri assiepato al tavolo del Caribbean Poker.
Pat Silver giocava da solo contro il croupier: tutti gli altri giocatori avevano abbandonato la partita e seguivano la sfida, che sembrava pendere in una sola direzione. Pat aveva davanti a se diverse pile di gettoni, e la sua concentrazione sul gioco appariva evidente, almeno a giudicare dalle mani costantemente appoggiate alle tempie, sopra un paio di occhiali dalla spessa montatura nera.
«Che strano», commento Maggie rivolta a Derrick, «non avevo mai visto Pat con gli occhiali.»
Parigi. 19 marzo 1314
Auguste d’Auberge era un personaggio che Bertrand de Rochebrune conosceva molto bene dai tempi del suo soggiorno al Tempio di Parigi. Era il crudele comandante della guardia personale di re Filippo e, a poca distanza da loro, stava impartendo ai suoi sgherri l’ordine di mantenere la calma tra i curiosi ancora assiepati di fronte al macabro scenario dove la sera prima Jacques de Molay e Geoffroy de Charney avevano esalato l’ultimo respiro.
Sia Bertrand sia Luigi tenevano il cappuccio calato sulla testa per nascondere il viso. Ma una voce tonante alle loro spalle li fece gelare.
«Voi due siete di sicuro i frati incaricati di dare gli ultimi sacramenti alle spoglie di questi eretici», disse Auguste d’Auberge, avvicinandosi con passo tracotante. Quando fu a breve distanza, pero, noto il loro fisico possente e li scruto con attenzione.
«Avete un corpo da guerrieri e non da fraticelli di campagna. Qual e il vostro convento?» chiese con tono dubbioso, portando la mano alla spada.
«Veniamo da Assisi, patria del nostro fondatore Francesco», rispose pronto Luigi, marcando il suo accento italiano. Intanto Auguste aveva estratto la spada, facendo cenno a due sgherri di avvicinarsi.
«Due buoni fraticelli d’Assisi, sicuro. Ma vorrei che il Signore mi illuminasse facendomi vedere» — e d’Auberge infilo repentinamente la punta della spada nel cappuccio di Bertrand — «le vostre pie facce.»
Sgrano istantaneamente gli occhi, esclamando in tono incredulo: «Bertrand de Rochebrune! Il traditore…» Ma le sue parole si spensero in un gorgoglio di sangue.
Il pugno di Bertrand lo aveva colpito in pieno volto con una forza tale da frantumargli l’osso del naso e fargli perdere i sensi. Nello stesso istante Luigi si era gettato sui due sgherri, cogliendoli di sorpresa. Estratto il pugnale che portava sotto il saio, ne aveva avuto ragione in pochi attimi.
Adesso pero avevano il problema della fuga. Alle loro spalle scorreva la Senna e, se vi si fossero gettati, la temperatura gelida li avrebbe sicuramente uccisi in breve tempo. Davanti a loro, invece, cercando di sfondare l’argine creato dai corpi dei soldati di Filippo, ondeggiava il muro umano degli spettatori del rogo.
Si lanciarono senza esitazione da quella parte, pronti ad aprirsi un varco anche con le armi. Come per miracolo, la marea umana si apri davanti a loro, richiudendosi subito sugli inseguitori.
Mentre scappavano, Bertrand si sfilo il saio e Luigi lo imito. Ormai erano stati scoperti: il travestimento non sarebbe servito ad altro che a impacciarli.
«Presto, signori, di qua», sentirono gridare mentre correvano in una via stretta e buia.
Una megera in abiti logori e sudici li chiamava dall’uscio di una cadente casa di legno. I capelli le scendevano grigi e unti sulla faccia. Si precipitarono da quella parte e, non appena furono dentro, la vecchia li spinse in un antro sotto una botola di legno.
Dalla strada si sentirono arrivare lo scalpiccio dei cavalli e le voci concitate dei soldati, quindi Bertrand e Luigi udirono bussare con violenza alla porta, mentre una voce stentorea ingiungeva: «Aprite, in nome del re!»
«Hai per caso visto due fuggiaschi, due pericolosi assassini, vecchia?» chiese ancora la stessa voce, piu distinta, mentre nella casa risuonavano i passi di alcuni soldati che avevano fatto irruzione con il loro comandante.
«Qui c’e soltanto una grande miseria, ufficiale e, se va bene, qualche famiglia di ratti», menti spavaldamente la donna.
Poco dopo i soldati abbandonarono la casa, e la vecchia apri il nascondiglio. Sebbene fosse giorno, la luce che filtrava a stento nella casa non bastava a illuminarla.
«Mi riconoscete finalmente, de Rochebrune?» chiese la donna.
«Mio Dio…» esclamo Bertrand, dopo averla scrutata attentamente. «Voi siete… siete la contessa de Serrault.»
«Proprio, sono la madre di Jean Marie, e per questa orribile colpa il re mi ha fatto privare di tutto. Ma, ditemi, che ne e di mio figlio?»
«Sta bene ed e al sicuro in Scozia presso i vostri cugini, i conti di St Clair. Mi ha detto che nessuno dei messaggeri che vi ha inviato e mai riuscito a trovarvi.»
«Oh, chi potrebbe mai trovarmi in questo laido antro?» disse amaramente la megera a cui era ridotta una delle donne un tempo piu belle e influenti di Parigi. Ma il sollievo per la notizia che suo figlio stava bene era evidente. «Adesso veniamo a voi», continuo in tono pensoso. «Bisogna trovare il modo di farvi tornare in tutta fretta alla costa atlantica a cercare un imbarco per la Scozia.»
PARTE QUARTA
IL DISEGNO DEL MALE
15

Mediterraneo. 18 luglio 1999
Quella notte il dottor Redjia aveva dormito poco e male. Ma di buonora era gia ugualmente nello studio adiacente all’ospedale di bordo. Lo angustiavano le condizioni di un membro dell’equipaggio. In tutta la sua carriera non aveva mai visto niente di cosi inquietante. I sintomi manifestati da Sebastian Chalag non corrispondevano a nessuna delle malattie che capitasse normalmente di diagnosticare. E la sua esperienza andava indubbiamente al di la del normale.
Anche quel giorno, come faceva sempre prima di un’esercitazione di abbandono nave, Arthur Di Bono riuni gli ufficiali. Conosceva troppo bene il mare per non sapere che nessuna nave poteva considerarsi totalmente sicura. Tempestivita e addestramento potevano salvare migliaia di vite umane. Per questo le esercitazioni di