«Bene, riferiro a Sara che puo partire, e aspettiamo la nave», concluse Oswald facendo un rapido calcolo. «Dovrebbe metterci poco piu di dieci ore ad arrivare a Haifa.»
Fatta sistemare nella seconda camera operatoria l’attrezzatura da analisi disponibile, Annie chiese di esaminare il cadavere di Sebastian Chalag.
La pelle era costellata di ecchimosi, indice delle violente emorragie interne che lo avevano ucciso. L’attenzione della virologa si concentro in particolare su una, all’altezza della coscia destra, di dimensione almeno tripla rispetto alle altre.
Al centro si vedeva un forellino rosso, ma Annie non gli diede particolare peso. Doveva ancora visitare i tre ammalati per valutare con attenzione i sintomi e poi prelevare campioni di tessuto e sangue dal cadavere, anche se sapeva benissimo di non aver alcuna possibilita di eseguire la maggior parte degli esami di laboratorio necessari per attribuire con assoluta certezza le cause del decesso a un filovirus.
Nel suo ufficio, intanto, Arthur Di Bono stava ricevendo una chiamata dalla terraferma.
«Sono Farek, il responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanita nell’area mediorientale», si senti dire. «La chiamo su segnalazione del ministero della Sanita di Israele. Le comunico che una task-force elitrasportata sta per raggiungere la sua nave. Le raccomando di fornirle la massima assistenza. Sono circa venti persone, tra medici e personale paramedico, e dispongono di tutta l’attrezzatura necessaria per scongiurare il diffondersi di epidemie.»
Preparandosi per andare a letto, Gerardo di Valnure tolse dalla tasca dello smoking il libriccino per appunti e rimase un attimo interdetto. Proprio al centro della copertina della
«Hanno cercato di bucarmi con un ago», esclamo. Quando poteva essere successo? In un lampo gli torno in mente l’urto con Hans Holoff.
Non poteva parlarne con Paola: se i suoi sospetti erano fondati, lei e quell’uomo si conoscevano.
Usci precipitosamente, e vicino al bar centrale incontro Maggie Erriot, che gli chiese in tono preoccupato: «Che cosa ne pensa del pericolo di epidemia, signor conte?»
«Su questa nave ne succedono di tutti i colori», sbotto. E si tolse di tasca l’agenda, indicando il liquido bruno ormai seccato sulle pagine. «Sembra che qualcuno abbia tentato d’inocularmi qualcosa con un ago, che pero, per fortuna, e stato fermato da questo ostacolo.»
Proprio in quel momento una cameriera stava entrando nell’appartamento contiguo al suo, dopo aver bussato due volte. Sperava che quel russo sempre con il muso fosse finalmente uscito, consentendole di mettere in ordine. La mandava sempre via.
Quando vide la sagoma sotto il lenzuolo, spense subito la luce e scappo precipitosamente, sperando di non aver svegliato quello scorbutico signore. Avrebbe potuto ricevere un rimprovero.
Naturalmente non vide la macchiolina circolare bruna sul lenzuolo. L’unica traccia lasciata da Hans Holoff.
Bykov sapeva che il
L’impatto con l’acqua scura, circa trenta metri sotto di lui, era stato violento. Era sprofondato diversi metri sotto, e i vortici provocati dalle eliche si erano impadroniti del suo corpo, impedendogli a lungo di tornare in superficie. La mancanza d’aria stava facendogli scoppiare i polmoni, sottoponendolo a un autentico supplizio, quando finalmente la sua testa riemerse. L’aria gli gonfio i polmoni con un sibilo.
Recupero immediatamente la cima che si era legato alla caviglia e si isso faticosamente sulla zattera gonfiabile, seguendo con lo sguardo la
Attivo il segnalatore satellitare. I suoi uomini avrebbero dovuto recuperarlo nel giro di un’ora.
«Purtroppo», disse Annie Ferguson al dottor Redjia, «non posso eseguire ne un isolamento virale in coltura cellulare, ne test Elisa o Western Blot o d’immunofluorescenza che possano confermare con assoluta certezza la diagnosi di un virus Eboia o Marburg. Anche se i sintomi sembrano evidenti, ho ancora qualche dubbio che si tratti davvero di un filovirus.»
«Per esempio, dottoressa?» chiese il medico.
«La febbre, che nel cuoco filippino e stata riscontrata diverse ore dopo la comparsa dei sintomi, mentre negli altri tre ricoverati non si sono ancora rilevate temperature fuori della norma. Nelle infezioni virali che sospettiamo compare una febbre altissima come primo sintomo, e non come estrema conseguenza di emorragie e infezioni.»
«A quali conclusioni sarebbe giunta?»
«Senza i miei strumenti di laboratorio non posso azzardarne. Comunque, analizzando i soli effetti neurotossicologici, mi sembra che potremmo trovarci di fronte a un avvelenamento piuttosto che al virus Eboia.»
«Di qualsiasi cosa si tratti, stiamo per scoprirlo: il comandante mi ha appena informato che una squadra dell’Organizzazione Mondiale della Sanita sta per raggiungere la nave con tre elicotteri. La loro attrezzatura ci consentira la certezza. Terremo fra poco la prima riunione con loro: dovrebbero atterrare tra una decina di minuti.» E Redjia si alzo, sfilandosi il camice e indossando la giacca della divisa.
Uscirono assieme, e Redjia si diresse immediatamente alla riunione.
Annie, invece, ando verso il ponte. Aveva bisogno di una boccata d’aria fresca. Appoggiatasi al parapetto, si strinse le tempie fra le mani. C’era qualcosa che non la convinceva, e, se non fosse stato per la limitata attrezzatura della
Senti una mano su una spalla e si volto.
«Abbiamo bisogno di te», le disse Maggie in tono agitato. Con lei c’era il nobile italiano che le aveva presentato all’inizio della crociera.
I tre elicotteri si avvicinarono alla nave in formazione. All’ultimo era appeso un container metallico, assicurato con solidi cavi di acciaio.
Le operazioni di avvicinamento alla piattaforma di atterraggio, esattamente sopra la plancia comando, furono ostacolate da un leggero vento al traverso. I primi due elicotteri si rialzarono non appena ebbero terminato di scaricare. Come nella sequenza di un film di fantascienza, ne erano smontati alcuni uomini in tuta stagna bianca, con un cappuccio dall’ampia visiera trasparente.
A differenza degli altri due, il terzo elicottero non atterro, limitandosi a depositare il container metallico nel quale evidentemente c’era il materiale per quel tipo di emergenza.
L’ufficiale addetto ai servizi accompagno immediatamente la task-force sanitaria dal comandante.
Intanto, nella camera operatoria attrezzata a laboratorio, Annie aveva prelevato un campione da una pagina dell’agenda datale da Gerardo di Valnure e l’aveva esaminato al microscopio convenzionale che aveva a disposizione.
Era rimasta diversi minuti con l’occhio incollato allo strumento, staccandolo di quando in quando dall’oculare per consultare alcuni libri.
Ma finalmente si rialzo con un’espressione di trionfo e lascio precipitosamente il laboratorio. Il dottor Redjia doveva essere ancora nell’ufficio del comandante con gli uomini dell’Organizzazione Mondiale della Sanita. Doveva avvertirli subito di cio che aveva scoperto.
Il responsabile della task-force entro nell’ufficio del comandante con due dei suoi, senza che si fossero mai tolti la tuta stagna. Tesa la mano guantata a Di Bono, si presento come colonnello medico Mills.
Il dottor Redjia aveva preparato una relazione esauriente sui casi osservati, ma con suo stupore Mills non la degno neppure di uno sguardo, rivolgendosi nuovamente a Di Bono in tono perentorio.
«Da questo momento assumo il comando della nave, comandante», disse con una voce che usci distorta e metallica dai filtri per la respirazione inseriti nel cappuccio.