Pietro Vassalle era imbarcato sulle navi delle Maritime Cruise Lines da sette anni. Era sempre stato con il comandante Di Bono, salendo via via di grado. Parlava l’inglese con un accento ricco d’inflessioni della regione italiana dov’era nato, la Liguria.
Quando udi il messaggio attraverso gli altoparlanti di bordo era in plancia e, mentre si chiedeva che cosa potesse mai essere successo, ricevette una telefonata del comandante.
«Dia l’ordine di fermare le macchine, signor Vassalle. Da questo momento il colonnello Mills e i suoi uomini prendono il comando della nave», si senti dire. «Le raccomando di eseguire ogni loro ordine. Ne va della sicurezza della nave e dei passeggeri. La raggiungero in plancia tra pochi minuti.»
Pietro Vassalle capi subito che stava succedendo qualcosa di molto grave. Prese immediatamente la chiave dell’armeria dal mazzo che portava sempre alla cintura e, entrato nella sala ufficiali, rimosse un grande quadro e la inseri nella serratura che esso nascondeva.
Le dieci Beretta bifilari 7.65 erano allineate su altrettante sagome di legno. Poco piu in alto c’erano quattro fucili a pompa Winchester. Vassalle limito la sua scelta a tre armi corte e ad alcune scatole di colpi. Quindi fece sparire i tre scalmi di legno dove erano alloggiate le pistole.
Probabilmente i suoi timori erano eccessivi, e il comportamento del comandante dovuto a un aggravarsi dell’epidemia. Ma, conoscendo bene Di Bono, sapeva che non avrebbe mai abbandonato il comando della sua nave prima che fosse affondata fino «all’albero dell’apparato radio». Era una frase che aveva imparato da suo padre, per lungo tempo comandante dei transatlantici italiani.
Maggie e Gerardo rimasero nel loro nascondiglio finche l’uomo con la tuta bianca non fu passato loro davanti una seconda volta.
«Dobbiamo rimanere nascosti, Maggie, almeno fino a quando non riusciremo a capire che cosa sta succedendo», le mormoro lui.
Appena sentito il messaggio del comandante, Lionel Goose prese disciplinatamente la moglie sottobraccio e si avvio con lei verso il luogo di riunione.
Si era messo in colonna con gli altri passeggeri, quando vide un primo uomo in tuta bianca. Si stupi non poco che un membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanita impugnasse una mitraglietta. C’era qualcosa che non andava. Pochi istanti piu tardi ebbe conferma del suo sospetto.
Pat Silver fu svegliato di soprassalto dal rumore di una porta che sbatteva con violenza. Un secondo schianto lo indusse ad alzarsi e ad affacciarsi nel corridoio. Vide due uomini armati, in tuta bianca, che stavano spalancando tutte le porte, quasi volessero accertarsi che le cabine fossero state evacuate. La cosa non gli piacque per niente.
Richiuse silenziosamente la porta e rimase immobile. I rumori si facevano sempre piu vicini, fra poco sarebbe toccato alla sua cabina. Attese che i due uomini fossero entrati nell’appartamento di Maggie e, quando senti che ne uscivano di nuovo, si precipito sul balcone e scavalco la balaustra che lo aveva portato tra le braccia della donna che amava. Un attimo dopo i due uomini entrarono nella sua cabina, trovandola deserta.
Pietro Vassalle decise di non aspettare Di Bono in plancia, come gli era stato ordinato. Conosceva quella nave in ogni suo recesso. Non gli sarebbe stato difficile sparire finche la situazione non si fosse chiarita.
Ordinato al timoniere di fermare le macchine, lascio la plancia e scomparve nel ventre della nave. Aveva con se, in una borsa, due delle tre pistole e le munizioni. La terza Beretta la teneva infilata nella cintura dei pantaloni, nascosta dalla giacca.
Haifa. 22 luglio 1999
L’elicottero militare israeliano impiego meno di mezz’ora per percorrere i novantacinque chilometri che separano Tel Aviv da Haifa. A bordo, Oswald riesamino punto per punto le ultime, tragiche notizie. Era profondamente perplesso: non riusciva a capire le mosse del nemico.
Erma gli aveva telefonato circa due ore prima per dirgli che il Mossad aveva captato una conversazione tra il comandante della nave e una persona che si era qualificata come il responsabile dell’Organizzazione Mondiale della Sanita per l’area mediorientale. Ma era bastata una telefonata dello stesso Erma al vero alto funzionario dell’Organizzazione, perche questi precisasse di non sapere niente della
L’elicottero si stava gia abbassando verso la corvetta lanciamissili
Losanna. 22 luglio 1999
Didier Fosh stava scendendo dal centro verso il Beau Rivage, il quartiere residenziale sul lago Lemano dov’era la sua villa. Gli piaceva molto guidare e quindi faceva spesso a meno dell’autista e della guardia del corpo, che utilizzava solamente per gli spostamenti lunghi.
Considerava Losanna un luogo del tutto sicuro anche per persone come lui, abituate a trattare affari molto azzardati.
A un semaforo nei pressi della stazione un taxi si affianco alla sua city car giapponese. Attraverso il finestrino gli apparve il viso di una splendida donna, che gli scocco un caldo sorriso.
Si raddrizzo istintivamente la cravatta, mentre i clacson delle auto in coda dietro di lui gli segnalavano nervosamente di ripartire, visto che il verde era scattato.
Ancora un semaforo, e di nuovo il taxi accanto alla sua auto. Fosh lancio alla donna uno sguardo che esprimeva tutta la sua ammirazione. Lei rispose con un cenno della mano, ammiccando.
Il centro caotico della citta si stava allontanando, e sul lungolago il traffico era sporadico. Accertatosi che il taxi lo seguisse ancora, Fosh aziono la freccia a destra e accosto in una piazzola.
Con soddisfazione mascolina, vide nello specchietto che il taxi eseguiva la stessa manovra. La donna scese e si avvio verso la sua auto. Era alta, bionda e formosa, con tratti somatici slavi.
Sali in auto senza dire niente, e il movimento delle sue gambe fece sollevare leggermente la gonna. Lo sguardo di Fosh diede una sbirciata libidinosa alla carne giovane e vellutata che gli veniva esposta, preparandosi a gustarla. Fu il suo ultimo pensiero. La sostanza soporifera spruzzatagli in faccia dalla bellissima sconosciuta ebbe un effetto fulmineo.
Si sveglio dopo qualche ora. Non riusciva a capire se l’insistente ronzio che sentiva venisse dall’esterno o dal suo cervello. Ci volle un po’ perche riuscisse a connettere. Ma finalmente la vista gli si schiari e capi di essere su un jet privato. Davanti a lui, seduto in un comodo divanetto, c’era Iosif Bykov.
Roma. Aeroporto Leonardo da Vinci. 22 luglio 1999
Sara Terracini aveva imparato molte cose dal suo minuscolo amico ex capo del Mossad, ma non a stare in guardia contro possibili pedinamenti. Non le era mai capitato, non ci pensava nemmeno.
Quindi, quando era montata sul taxi davanti al portone di casa sua, non aveva assolutamente notato l’auto che sporgeva dall’incrocio di una stretta traversa. E ancora meno aveva notato la donna in austeri abiti grigi seduta sul sedile posteriore.
Circa un’ora piu tardi era con Toni Marradesi, che si aggirava nella zona partenze dell’aeroporto come un animale in gabbia, brontolando: «Lo sai che odio volare. Perche devo infilarmi su quella scatola di ferro? Io vado dove vanno le mucche, non a diecimila metri di altezza. Lasciami qui, e vedrai che ti saro utile come se fossi al tuo fianco in quella Cappella… come diavolo si chiama».
«Si chiama Rosslyn, a Roslin», replico lei, ridacchiando. «Adesso pero cerca di piantarla. Non c’e niente da temere.»
Le due persone che stavano aspettando e che li avrebbero contattati con complicate formule di riconoscimento non erano infatti appassionati dell’Ordine del Tempio e delle sue misteriose ramificazioni, ma angeli custodi imposti da Oswald Breil. La lungimiranza del suo minuscolo amico le aveva gia salvato la vita diverse