volte.
Karin era paffuta e rotonda, sebbene di andatura imprevedibilmente agile. Portava spessi occhiali in tartaruga sopra due guance rosse che le davano un’aria da sciatrice agonistica. Bertold parlava un buon italiano, sebbene con una cadenza del tutto particolare. Ufficialmente, due archeologi dell’Universita di Bonn.
Espletata con cautela la procedura di riconoscimento, il quartetto si avvio verso il check-in in due gruppi. La procedura prevedeva infatti un diversivo: mentre Sara e Toni si accodavano alla lunga fila di un volo per Nairobi, Karin e Bertold fecero quella piu corta del volo per Edimburgo.
Quando i due giovani agenti del Mossad ebbero effettuato il check-in per tutti e quattro, Sara e Toni, fingendo di avere dimenticato qualcosa, lasciarono la loro fila, seguendoli con un giro tortuoso.
Nonostante tutta la loro cautela, pero, nessuno dei quattro aveva notato un’austera suora seduta in una poltroncina dell’atrio partenze.
Non appena ebbero attraversato il cancello di sicurezza verso l’uscita del loro vero volo, la suora fece comparire un cellulare e digito un numero, dicendo semplicemente: «Vanno a Edimburgo».
Roslin. Marzo 1314
Jean Marie de Serrault era nella tenda dei soldati inglesi, di fronte a Auguste d’Auberge, il comandante delle Guardie di Filippo IV. Il suo sguardo vacuo era venato di follia.
«Quei due malfattori si sono fatti scudo di vostra madre per lasciare la Francia», disse lo sgherro francese. «Hanno raggiunto Calais e credevano di averla fatta franca, ma ai miei informatori era arrivata notizia di quello strano drappello.
«Speravamo di bloccarli prima che trovassero un imbarco, ma purtroppo non ci siamo riusciti. Ho quindi requisito una nave veloce e ho raggiunto l’Inghilterra con una lettera personale del nostro re per Edoardo, che mi ha messo a disposizione questo drappello di soldati. Abbiamo spronato i cavalli giorno e notte per arrivare in tempo a salvare vostra madre, ma ahime…
«Quando siamo arrivati qui, i due assassini avevano gia ucciso la povera donna, divenuta ormai un ostaggio inutile. Dovete vendicarvi, signor conte.»
Robert the Bruce sedeva a capo della lunga tavola in legno massiccio. Con lui c’erano i due luogotenenti, Sir James Douglas e Sir Thomas Randolph, con altri nobili scozzesi. Entrato nella sala con Bertrand e Luigi, St Clair li presento al re di Scozia con espressioni lusinghiere.
«Conosco il valore dei Cavalieri del Tempio e la loro devozione», rispose Robert. «Proprio per questo mi sono rifiutato di credere a una sola delle infami accuse che vi sono state rivolte. Nel mio Paese i Templari saranno sempre bene accolti. La vostra esperienza ci puo essere di grande aiuto per lo scontro con gli inglesi. Le nostre forze sono molto inferiori a quelle di cui puo disporre re Edoardo. Ma la Scozia rimarra un Paese libero.»
L’assemblea fu finalmente sciolta, e Robert the Bruce parti per la foresta di Torwood, dove stava raccogliendo truppe da ogni angolo della Scozia. Ma si trattava perlopiu di uomini scarsamente addestrati e armati alla bell’e meglio, seppure ricchi di coraggio e determinazione.
Uscito dalla sala, Bertrand chiese subito notizie dei conti de Serrault al comandante della guardia e, apprendendo che la signora non era arrivata e nemmeno Jean Marie era tornato, fu preso da una profonda apprensione.
Le ricerche cominciarono subito e si protrassero diversi giorni, ma Jean Marie de Serrault e sua madre sembravano scomparsi nel nulla.
Mediterraneo meridionale. 22 luglio 1999
Il comandante Di Bono arrivo in plancia scortato da alcuni terroristi in tuta bianca e da un uomo in cui molti riconobbero un passeggero. Dal modo come quest’ultimo trattava il sedicente colonnello Mills, si capiva benissimo chi fosse il vero capo della sporca operazione.
«Ci dica dov’e l’armeria e ci consegni la chiave, comandante», ordino infatti Hans Holoff.
«Non ce l’ho», menti Di Bono, accortosi subito che il primo ufficiale non era rimasto ad aspettarlo li come gli aveva ordinato.
«Ci consegni la chiave dell’armeria», ripete il capo dei terroristi, puntando una pistola alla tempia del timoniere e facendo scattare il cane.
Di Bono se la tolse di tasca e la getto sul tavolo da carteggio, indicando il pannello dietro cui erano custodite le armi. In quello stesso istante Hans Holoff premette il grilletto. Gli schizzi di sangue lordarono le vetrate del ponte di comando, mentre il corpo del timoniere si accasciava al suolo senza vita.
«Non serviva piu. Adesso saranno i miei uomini a condurre la nave», disse gelidamente Holoff, prendendo la chiave e aprendo l’armadietto.
Di Bono vide immediatamente che tre pistole non c’erano piu.
«Adesso», gli ordino ancora Holoff, «comunichi via radio alle autorita statunitensi e a quelle israeliane che la sua nave e in nostro possesso, e che da questo momento sara instaurato il silenzio radio.».
Gli otto agenti addetti alla sicurezza della
Pietro Vassalle doveva allertarli il piu presto possibile. La sua perfetta conoscenza della nave gli consenti di non servirsi degli ascensori per scendere verso i ponti inferiori. I passaggi erano deserti: croceristi ed equipaggio avevano gia raggiunto i punti di riunione indicati dal comandante.
Gerardo di Valnure e Maggie Erriot erano invece rimasti in silenzio nel loro nascondiglio. Dalla fessura della porta videro quattro uomini armati dirigersi verso i locali degli addetti alla sicurezza, a poca distanza dal loro sgabuzzino.
Poco dopo, vedendo l’ufficiale che avanzava cautamente nel corridoio con la pistola spianata, Gerardo riconobbe subito il simpatico italiano con cui aveva conversato al tavolo del comandante. Andava nella stessa direzione dei quattro terroristi.
Gerardo apri la porta e lo attiro nello sgabuzzino, spiegandogli a gesti il pericolo che stava correndo. In quello stesso istante risuonarono sinistri i tonfi delle mitragliette silenziate. E poco dopo i quattro uomini in tuta bianca passarono di nuovo davanti al nascondiglio.
A quel punto i tre si azzardarono a uscire, precipitandosi ai locali degli addetti alla sicurezza. Erano tutti morti. Colti di sorpresa, erano stati falciati dalle mitragliette dei terroristi.
Intanto il teatro era gremito da passeggeri e membri dell’equipaggio, che si assiepavano anche nei corridoi e nel salone del bar Dioniso. Il comandante Di Bono sali sul palcoscenico con il microfono in mano, esattamente come aveva fatto alcuni giorni prima durante la cerimonia di benvenuto. Ma questa volta l’atmosfera era del tutto diversa.
«Il colonnello Mills e i suoi uomini», disse, cercando di non far trasparire la preoccupazione, «hanno assunto con la forza il comando della nave. Vi invito ad attenervi scrupolosamente a ogni loro ordine per evitare inutili spargimenti di sangue.»
Il panico comincio a serpeggiare tra i passeggeri. Alcune donne urlarono, ma i colpi esplosi in aria da uno degli uomini in tuta bianca ristabilirono immediatamente un ordine carico di apprensione. Il sedicente colonnello Mills strappo il microfono dalle mani del comandante, intimando in modo perentorio: «Se non si verificheranno incidenti, non dovrete rimanere chiusi qui dentro per piu di ventiquattro ore. Non tentate gesti estremi. Sarebbero stupidi e, soprattutto, inutili. I miei uomini hanno l’ordine di uccidere a vista».
In quello stesso istante, nei punti strategici del teatro e del bar comparve una decina di uomini in tuta bianca con le armi spianate.
«Tra non molto saremo vicini alla costa israeliana. Le comunicazioni con la terraferma sono rigorosamente vietate, per cui vi ordino di consegnare immediatamente telefoni cellulari e apparecchi radio ai miei uomini. Le linee interne della nave sono gia state disattivate. Attenetevi a questi ordini, e non vi succedera niente.»