sicurezza non venivano svolte come noiosa routine ma con grande impegno.
Verso la fine della riunione, Di Bono si rivolse al giovane ufficiale italiano addetto ai servizi, tra cui quello di sicurezza.
«Mantenga i suoi uomini in stato di allerta, signor Vassalle. Siamo sempre in zone a rischio per una nave che batte bandiera americana, e tra pochi giorni arriveremo in Israele.»
«Stiamo eseguendo controlli scrupolosi sui passeggeri a ogni imbarco, signore, e tutti i bagagli vengono passati ai raggi X. Siamo perfettamente consapevoli del pericolo di atti terroristici in queste regioni.»
I sette fischi di sirena diedero inizio all’esercitazione di abbandono nave, e tutti gli ufficiali si avviarono verso la postazione assegnata.
L’ordine impartito per altoparlante di recarsi ai punti di raccolta per l’esercitazione costrinse invece Pat Silver a lasciare il tavolo del Caribbean Poker, dove, contrariamente al giorno prima, stava perdendo. Giocava in un modo stranamente distratto.
«Che cos’hai intenzione di fare, Maggie?» chiese Timothy a sua moglie, quando altri sette fischi di sirena segnalarono che l’esercitazione era conclusa, aggiungendo senza aspettare risposta: «Nella sala cinema stanno per dare un vecchio film che mi interessa. Che cosa ne diresti di vederci tra un paio d’ore direttamente al buffet della piscina?»
Maggie annui. Da quando si era abbandonato a quella disgustosa scena di violenza, qualsiasi cosa lo tenesse lontano da lei le dava sollievo. Da quel momento si sentiva sporca. Aveva continuamente necessita di sentirsi scorrere acqua sul corpo.
Torno in cabina e si allungo qualche istante sul letto, giusto il tempo che la vasca per l’idromassaggio si riempisse. Poi s’immerse, ma non servi a niente: l’orribile scena vissuta con il marito non le usciva di mente.
Anche Pat Silver stava facendo una doccia. Il ponte dove aveva dovuto stare pazientemente inquadrato con gli altri passeggeri, infagottato in un ingombrante giubbotto salvagente, era caldissimo. Rimase sotto il potente getto d’acqua per diversi minuti, quando la sua attenzione fu richiamata dai rumori che venivano dal bagno confinante. Quello di Maggie.
La parete che separava i due locali, sebbene rivestita di marmo, doveva essere troppo sottile, o non abbastanza insonorizzata. Spero che si trattasse proprio di Maggie, e la sua fantasia si mise a galoppare.
Avvoltosi nell’accappatoio bianco, usci sul balconcino panoramico, sporgendosi a guardare un branco di delfini che giocavano con la scia della nave. Ma dopo qualche minuto un nuovo lieve rumore lo fece girare verso il terrazzino della cabina di Maggie.
La vide seduta sulla
«Che cosa succede, Maggie?», esclamo Pat, allarmato.
«Niente», rispose lei con voce rotta. «Ordinarie questioni di famiglia. Cose che non conosci. Beato te.»
«Nessuno e niente deve mai far piangere la mia Venere Nera. Lo proibisco», provo a scherzare lui, ma lo sfogo di Maggie lo aveva riempito di una sconosciuta voglia di sincerita.
«Ogni volta che penso a una mia possibile famiglia, mi vieni in mente tu, Maggie. Sei l’unica cosa veramente pulita che io abbia mai avuto.»
I loro sguardi s’incrociarono, e lei si senti pervadere da un fremito. Oh, penso in un lampo, se quelle poche parole me le avessi dette allora. Quante cose sarebbero potute andare diversamente per entrambi.
Si alzo come un automa dalla sdraio e raggiunse il divisorio da cui si sporgeva Pat. Senza dire una parola, lo prese per la nuca e lo attiro a se, baciandolo.
Pat si sporse ancora di piu e la strinse a se. Rimasero cosi, abbracciati fuori del parapetto, per alcuni lunghi istanti, finche Pat non scavalco agilmente la balaustra del suo terrazzino e, reggendosi su una sporgenza, salto in quello di Maggie.
Si strinsero in un abbraccio quasi disperato, baciati dal sole.
«Ti ho sempre desiderato, Maggie. Sei la cosa piu bella che io conosca.»
I lembi dei due accappatoi si erano scostati, e lei senti sul ventre l’eccitazione di Pat. Le parve di fuoco. Si lascio adagiare sulla sdraio e si apri per accoglierlo.
Iosif Bykov aveva deciso che durante la navigazione tra Santorini e Rodi avrebbe finalmente rivelato all’emissario del cliente dov’erano le dieci testate: nei cinque involucri di frigorifero imbarcati a Venezia. Ma era sempre convinto che da allora la sua vita sarebbe stata in pericolo. Doveva quindi essere pronto a far scattare il piano che aveva predisposto, e a farlo funzionare.
Vedendo le effusioni di due giovani a pochi passi da lui sul ponte, probabilmente sposini in viaggio di nozze, fu preso da un’intensa malinconia. Come sarebbe stata diversa la sua vita se Nadja fosse rimasta al suo fianco.
Non si era mai posto il problema di come venissero utilizzate le armi che lui vendeva a chiunque potesse pagarle. Ma il pensiero di Nadja, il ricordo della sua fresca e pulita onesta, lo spinse per la prima volta a chiedersi che cosa potesse mai farsene delle dieci testate nucleari quell’ignoto cliente.
La spiegazione datagli da Fosh — che si trattava di un Paese mediorientale che voleva incrementare il suo arsenale atomico — lo aveva soltanto fatto sorridere. C’era sotto ben altro. Un simile potere di distruzione costituiva un pericolo per l’umanita intera.
Intanto, un altro inquietante e sfuggente pericolo incombeva sulla piccola umanita chiusa in quella nave.
«Chalag e addirittura peggiorato», disse al dottor Redjia uno dei collaboratori. «E anche subentrata una fortissima febbre, che assolutamente non riusciamo a far recedere. I momenti di lucidita sono sempre piu rari. Non ho mai visto niente di cosi aggressivo.»
Isola di Santorini. Grecia. 19 luglio 1999
Attraverso la vetrata panoramica accanto al suo letto, Lionel Goose stava vedendo uno spettacolo senza uguali. La nave aveva dato fondo quasi al centro di un grandissimo cratere vulcanico invaso da un’acqua cristallina. Ringrazio Dio di avergli regalato ancora quella giornata.
La prevista escursione fu di particolare interesse: la visita ai resti di un’antica citta che alcuni sostenevano essere addirittura la leggendaria Atlantide. I croceristi visitarono poi la citta moderna e ridiscesero all’imbarcadero in parte a dorso di mulo e in parte con una teleferica.
Maggie dedico tutto il suo interesse ai reperti millenari illustrati dalla guida e non incrocio mai lo sguardo di Pat. Se lo avesse fatto, sapeva che sarebbe stata costretta ad abbassare gli occhi. E non capiva perche. Non la sfiorava nemmeno l’ombra di un rimorso, eppure aveva paura di arrossire come una adolescente colta in fallo.
Be’, si disse con un sorriso amaro: come sarebbe arrossita la studentessa che era quando aveva conosciuto Pat. E da allora — decise finalmente di ammetterlo — non aveva mai smesso di amarlo.
Avevano optato tutti e cinque per la discesa al porto a dorso di mulo e risero per tutto l’impervio tragitto, gridandosi incitamenti e battute.
Raggiunto il livello del mare dopo circa quaranta minuti di perigliosa cavalcata, si meravigliarono per la severita dei controlli, cominciati ancora prima dell’imbarco sulle lance e conclusi sulla
Arthur Di Bono pigio tre volte sul pulsante della sirena, e i fischi di saluto echeggiarono amplificati dalle pareti del cono vulcanico.
Quindi il comandante si affretto a raggiungere il suo ufficio, da dove chiamo il primo medico di bordo. In tanti anni di navigazione con il dottor Redjia non gli era mai capitato che gli inviasse un rapporto scritto sulle condizioni di un paziente. Anzi, aveva avuto piu volte modo di constatare come il medico di origine indiana sapesse cavarsela egregiamente anche in circostanze critiche.