Quasi paralizzato dal senso d’impotenza, Breil cerco di farsi forza e di non rassegnarsi. Ma a questo punto soltanto un miracolo avrebbe potuto evitare il disastro.

«Quattro minuti all’impatto», scandi l’ufficiale.

Sulla corvetta regnava il silenzio piu assoluto. L’impatto avrebbe costituito soltanto l’inizio della catastrofe, ma nessuno poteva sapere dopo quanto tempo sarebbero esplose le testate nucleari.

Pat Silver non riusciva a darsi per vinto. Aveva provato con una serie di parole d’ordine intuitive, in base alle poche informazioni carpite ai terroristi. Provo di nuovo, inserendo nelle tre caselle delle password la parola ‹MILLS›. Ma ancora una volta la macchina gli nego l’accesso.

Gerardo di Valnure ebbe un’illuminazione improvvisa: «Provi con ‘gassa d’amante’».

Silver inseri l’espressione nella prima casella, e la macchina rispose di nuovo che era una password non valida. Stesso risultato per la seconda casella. Angosciato, Pat provo con la terza casella, e finalmente, quasi fosse Sesamo, il computer si apri, consentendo l’accesso ad almeno una parte dei suoi segreti.

«Adesso tocca a lei, Di Bono», esulto Pat. «Guardi li. Il comando che abbiamo appena sbloccato e quello che controlla la rotazione dell’elica di sinistra, delle porte antincendio e delle comunicazioni. Pero non so ancora quale parola d’ordine protegga il controllo della velocita, del motore di destra e delle barriere stagne.»

Di Bono non lo ascoltava gia piu: era corso verso la plancia.

«Un minuto all’ingresso in porto. Un minuto e venti secondi all’impatto.»

Oswald seguiva la traccia sul radar in silenzio, impugnando nervosamente il microfono della radio con cui aveva tentato piu volte di mettersi in contatto con la nave, senza esito.

Attraverso un oblo della sala comando vedeva la Queen of Atlantis procedere ad alta velocita verso il porto.

In quel preciso istante accadde cio che nessuno osava piu sperare.

Quando Arthur Di Bono raggiunse la plancia, la prora della nave era a poche centinaia di metri dall’imbocco del porto.

Non potendo controllare la velocita, agi sul joystick di comando dell’elica di sinistra, invertendone il senso di marcia. La nave comincio a vibrare in modo pauroso, rallento la sua corsa suicida e poi, inclinandosi pericolosamente a sinistra, comincio a virare facendo perno su se stessa.

Su un raggio di duecento metri la Queen of Atlantis inverti la rotta. Di Bono agi nuovamente sul comando dell’elica e finalmente punto la prora verso il mare aperto, facendo esplodere un urlo di gioia agli altri tre, che lo avevano raggiunto.

Ma sulla Queen of Atlantis incombeva un’altra minaccia, ancora piu terribile.

Terre dei mori. Giugno 1314

L’emiro Ibn ben Mostoufi guardava con affetto il piccolo Lorenzo, armato di una spada di legno, combattere un’immaginaria battaglia con altri bambini nel cortile del palazzo.

Il suo nipotino cresceva bene, dando un grande sollievo al dolore per la morte di Shirinaze. Aveva imparato rapidamente l’arabo, e la pelle scura non lasciava capire che nelle sue vene scorreva sangue europeo.

Lorenzo corse verso il nonno con aria stanca ma trionfante. «Ho vinto!»

L’emiro lo strinse tra le braccia con commozione. «Bravo, piccolo mio», disse, accarezzandogli la testa. «Ti chiamero Muqatil, il Guerriero.»

Ma gli occhi bruni del bambino si riempirono di malinconia.

«Quando rivedro mio padre, nonno? Lui si che e un vero guerriero: ha una grande spada affilata.»

«Presto, molto presto, Muqatil. Tra qualche mese andremo a Piacenza e lo vedremo.»

Mediterraneo meridionale. 23 luglio 1999

«Siamo rfusciti a stabilire un contatto, signor vice ministro», disse l’ufficiale, e Oswald calzo immediatamente la cuffia, accostandosi il microfono alla bocca.

«Qui Arthur Di Bono, comandante della Queen of Atlantis», si senti dire. «I terroristi hanno abbandonato la nave, e ne abbiamo ripreso da poco il controllo, anche se non completamente.»

«Qui Oswald Breil, vice ministro della Difesa di Israele. Magnifica manovra, comandante. E sicuro che i terroristi non siano piu a bordo? E puo rassicurarci sulla salute degli ostaggi?»

«Affermativo, signor vice ministro. Ho visto io stesso il commando abbandonare la nave utilizzando il tubo di scarico delle acque reflue. Quanto agli ostaggi, abbiamo avuto qualche perdita, ma gli altri dovrebbero star bene: non abbiamo ancora avuto modo di verificare. Soltanto pochi istanti fa siamo riusciti a rimuovere i blocchi elettronici che impedivano al computer di bordo di funzionare. Ma soltanto in parte. Comunque adesso sono in grado di aprire le porte antincendio dietro cui sono chiusi passeggeri ed equipaggio.»

«In caso di abbandono nave, siete in grado di cavarvela da soli? Io dispongo soltanto di una quindicina di guastatori, e ho intenzione di utilizzarli in un altro modo. E per di piu la vostra piattaforma di atterraggio e ingombrata dal container scaricato dall’elicottero dei terroristi. I miei uomini si dovrebbero quindi calare con le funi, limitando di molto le attrezzature.»

«La prego di confermare, signor vice ministro. Ha detto: ‘abbandono nave’? Non capisco il motivo, visto che il pericolo e ormai scongiurato. Basta riuscire a riprendere il pieno controllo del computer di bordo e…»

«Purtroppo non e cosi, comandante. La manovra per scagliare la Queen of Atlantis sulle banchine del porto di Haifa era soltanto l’inizio del piano dei terroristi. Ma c’e sotto molto di piu. Lei deve allontanare il piu possibile la sua nave dalla terraferma e mettere in salvo i passeggeri. Ho motivo di ritenere che abbiate a bordo dieci testate nucleari pronte a esplodere.»

Di Bono mantenne una calma straordinaria. «Ricevuto, signor vice ministro. Attivero il piano di abbandono nave. Il mio equipaggio e perfettamente addestrato, anche se non e facile calare le scialuppe in mare da una nave lanciata a venti nodi.»

Durante la conversazione radio tra Di Bono e il vice ministro, Lionel Goose era rimasto in silenzio, rievocando nell’intimo il ricordo delle giungle asiatiche e degli ordigni inesplosi che vi erano disseminati.

Come artificiere dei Berretti Verdi, aveva dovuto occuparsi di spolette convenzionali e mine di fabbricazione sovietica, e conosceva bene quel genere di rischio.

Con l’aiuto di Pat Silver e della sua dimestichezza con l’elettronica, decise, sarebbe probabilmente riuscito a cavarsela anche con la spoletta di una testata nucleare moderna. Sempre ammesso che fossero riusciti a trovarle.

«Penso di poter fare qualcosa», disse finalmente.

Foresta di Torwood. 27 giugno 1314

Un vento leggero dalle colline rinfrescava i partecipanti al banchetto con cui re Robert aveva voluto festeggiare la vittoria. Aveva personalmente chiesto a Bertrand de Rochebrune di sedere al suo fianco.

Il primo brindisi fu proprio per lui.

«Questa vittoria e stata favorita dal tuo valore e da quello dei tuoi Cavalieri. Brindo a te, Gran Maestro Bertrand de Rochebrune», esclamo Robert the Bruce levando il calice.

«Brindo a te», gridarono all’unisono gli alti ufficiali riuniti attorno alla tavola.

Ma nel silenzio in cui tutti portavano il calice alla bocca, dal fondo della tenda si levo una nuova voce che fece girare i commensali in quella direzione.

«Brindo a te anch’io.»

Jean Marie de Serrault, pallido ed esangue, teneva la destra alzata in segno di amicizia. Ma il suo sguardo era vacuo.

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