«La colonna di Enoch!» esclamo in tono emozionato, facendo scorrere le dita sui caratteri dell’antica lingua scolpiti qualche millennio prima.

«Colonna di Enoch?» chiese Bertold.

Senza distogliere l’attenzione dal tentativo di aprire il grosso baule di legno massiccio, fu Toni Marradesi a rispondergli: «Secondo un’antica leggenda, molto prima dei tempi di Abramo, il profeta Enoch predisse un avvenimento apocalittico che avrebbe disseminato la morte sulla terra, devastata da inondazioni e incendi. Il profeta volle pero che il livello di conoscenza fino ad allora raggiunto non andasse perduto. Quindi incise su due colonne, una in mattoni e l’altra in pietra, rispettivamente i segreti dell’edilizia e della scienza».

«Inoltre le due colonne avrebbero ornato i lati del Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme», aggiunse Sara.

Il cofano era in legno massiccio e aveva resistito integro ai secoli e alle vicissitudini. La tradizione della famiglia St Clair tramandava che un antenato, lo stesso William cui era dovuta la costruzione del Tempio di Rosslyn, in occasione di un incendio divampato nel castello, prima ancora che dell’incolumita degli abitanti si fosse preoccupato di certi cofani.

Era una vicenda che Toni conosceva bene, e proprio per questo stava dedicando ogni suo sforzo ad aprirlo: era convinto che potessero esservi celati i segreti del Tempio e della Cristianita stessa. Rimuovere il coperchio non fu facile, ma finalmente, con uno scricchiolio, ruoto sui cardini che l’aria asciutta della cripta aveva protetto dalla ruggine. Le mani esperte di Toni Marradesi scostarono con delicatezza i panni di lana che proteggevano il contenuto.

I rotoli di rame erano in discrete condizioni, e Toni si senti prendere da un tremito vedendo le iscrizioni in ebraico. Erano lunghi circa trentacinque centimetri e sembravano avvolti su di se almeno quattro volte. Dovevano essere una quindicina.

«Che cosa hai trovato, Toni?» chiese Sara, che fremeva.

«Forse abbiamo scoperto addirittura il segreto su cui si fonda il Cristianesimo», sbotto lui, visibilmente emozionato. «Credo pero che sia meglio rimettere questo tesoro nello scrigno che lo ha salvato nei secoli. Per svolgere i rotoli di rame e decifrarli dobbiamo portarli nel nostro laboratorio o in una struttura adeguatamente attrezzata.»

«Gia, ma come facciamo a portarli via sotto il naso del sovrintendente?»

«Il problema non si pone», echeggio una voce dura dagli ultimi scalini. «Voi rimarrete per sempre accanto a cio che avete scoperto. Quei documenti potranno servire soltanto al Nuovo Ordine per dimostrare chi davvero e a conoscenza della Parola di Dio. Presto, a terra in quell’angolo.»

E la pistola impugnata dallo sconosciuto emise sinistri bagliori alla luce delle torce elettriche.

«Addio per sempre», concluse l’uomo, strappando la sicura di una bomba a mano e lanciandola verso di loro.

Bertold si getto su di lui con un guizzo. Lo sconosciuto segui il suo movimento con la pistola e sparo un paio di colpi, ma senza colpirlo. L’arma di Bertold, invece, non lo manco, centrandolo con due colpi.

La bomba a mano era caduta a poca distanza dai piedi di Karin, e la giovane agente la raccolse, gridando: «Presto, tutti a terra!»

Ma sapeva bene che, se l’ordigno fosse esploso in quell’ambiente angusto, nessuno di loro avrebbe avuto scampo. Il grosso cofano con i rotoli di rame era ancora aperto. Senza la minima esitazione, Karin vi poso la bomba, conficcandola nello spesso strato di panni di lana. Quindi, chiuso di schianto il pesante coperchio, si butto anche lei a terra il piu lontano possibile.

Il cofano esplose, disseminando schegge e frammenti per tutta la cripta, ma smorzando di molto la potenza della bomba.

Mediterraneo meridionale. 23 luglio 1999

La Sa’ar 5 si era mantenuta a circa venti miglia dal punto dove si era inabissata la Queen of Atlantis. Non appena l’orizzonte in quella direzione si coloro di una luce bianca, l’interfono scandi i precipitosi ordini del comandante.

«Macchine avanti al minimo per rotta nord-ovest. Personale ai posti di combattimento. Attivare gli schermi antiradiazione. Prepariamoci a fronteggiare un maremoto.»

«E il momento della verita», commento Oswald, mettendosi l’elmetto da combattimento e stringendo i legacci di un giubbotto salvagente troppo grande per lui. «Tra poco dovrebbe raggiungerci l’onda d’urto dell’esplosione. Se quella luce e stata prodotta dallo scoppio di tutte le testate, non potremo mai raccontare questa avventura.»

Rosslyn. 23 luglio 1999

Il terribile dolore ai timpani fece capire a Sara che era ancora viva. Ma si tasto tutto il corpo, aspettandosi di trovarlo coperto di chiazze di sangue. Non avendone trovata nessuna, apri finalmente gli occhi e si tiro a sedere.

La polvere da cui era invaso l’ambiente la fece tossire. Il buio era assoluto e, anche se avesse ancora avuto la torcia, la sua luce non sarebbe stata sufficiente a perforare la fitta nube.

Chiamo gli altri tre compagni. Toni le rispose subito, informandola di essere ferito, ma lievemente. Bertold non aveva subito danni, mentre Karin temeva di avere la gamba destra fratturata.

Attesero in silenzio che la polvere si depositasse, finche Bertold non trovo a tentoni la sua torcia, e un fascio di luce illumino il sotterraneo. Tergendosi il sangue che gli colava dalla fronte, Toni guardo verso la cassa dei documenti, ma vide soltanto alcuni brandelli di legno fumante.

Scuotendo amaramente la testa, si chino accanto alla giovane israeliana ferita e cerco di tranquillizzarla, mentre Bertold le prestava le prime cure.

«E la prima volta che non mi sento di condannare una persona che ha distrutto un documento cosi prezioso», disse, sfiorandole con dolcezza il volto sofferente. «Ti dobbiamo la vita, Karin. Grazie.»

«Mi spiace, Toni, ma era l’unica cosa che potevo fare», rispose la giovane agente del Mossad, stringendo i denti per il dolore.

Mediterraneo meridionale. 23 luglio 1999

L’onda si stagliava come una muraglia crestata di bianco sulla linea chiara dell’orizzonte. Avanzava minacciosa verso la corvetta, dove ci si preparava a fronteggiarla.

«Motori pari avanti tutta. Mantenete la prora all’onda.»

La massa d’acqua colpi come uno schiaffo violento; la prora della corvetta s’incuneo nell’enorme ricciolo dell’onda e la nave rimase sommersa per diversi secondi, ma finalmente la Sa’ar 5 riemerse, pronta a fronteggiare le ondate minori che sarebbero seguite.

«Mi dica la sua opinione, comandante. Vediamo se concorda con la mia», disse Oswald, non appena si accorse che il peggio era passato.

«Un’onda degna di una tempesta forza otto-nove. Violenta, ma perfettamente affrontabile dalla mia nave come da quelle che hanno portato soccorso ai naufraghi. Non credo che la violenza del maremoto possa essere tale da impensierire le strutture costiere o le popolazioni. Lei sa gia come la penso, signor vice ministro. A bordo della Queen of Atlantis era rimasta una sola testata e, come previsto, e esplosa quando la nave era mille metri sotto la superficie dell’acqua.»

«Proprio cosi», si limito a commentare Oswald, ma la gioia di aver evitato una catastrofe era velata dall’angoscia per il potenziale nucleare ancora in mano ai terroristi.

Doveva contattare subito Sara per sapere a che punto fossero le sue ricerche. Ma, soprattutto, chi meglio di lei poteva forse spiegargli le ultime parole di Fosh circa una «antica strada della Citta Eterna»?

Era sicuro che dietro di esse si celasse il luogo dove si riuniva il Gran Consiglio della setta.

Notte del 23 luglio 1999

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