fara quello che gli chiedete? No. Assurdo.»
«Non e detto» disse Boardman, pacato.
«Gli spiegherete la tattica che avete pensato di usare, dopo avergli detto che non potra guarire e che dovra intraprendere una missione rischiosa?»
«Preferisco non discutere adesso la strategia del futuro.»
«Io do le dimissioni» disse Rawlins.
Boardman si era aspettato qualcosa del genere. Un gesto nobile, un momento di ribellione, un attimo di generosita. Abbandonando l’atteggiamento freddo e distaccato, Boardman alzo gli occhi e li fisso deciso in quelli di Rawlins.
«Ti dimetti?» disse, calmo. «Dopo tutto quello che hai detto sulla dedizione del genere umano? Abbiamo bisogno di te, Ned.»
«Per me, nel genere umano, e compreso anche Muller» disse Rawlins, in tono aspro. «Ho gia commesso un delitto abbastanza grave nei suoi confronti. Se non mi rivelate il resto del vostro piano, giuro che non alzero piu un dito.»
«Ammiro i tuoi sentimenti.»
«Le mie dimissioni sono ancora valide.»
«Capisco perfettamente il tuo atteggiamento» disse Boardman «e certamente non sono fiero di quello che dobbiamo fare…»
«Come farete a ottenere la collaborazione di Muller? Lo drogherete? Lo torturerete? Gli praticherete il lavaggio del cervello?»
«Niente di tutto questo.»
«E allora? Parlo sul serio, Charles. La mia parte in questo gioco finisce qui, se non mi dite che cosa avete intenzione di fare.»
Boardman tossicchio, vuoto il bicchiere, mangio una pesca e ingoio tre pillole, l’una dopo l’altra. La ribellione di Rawlins era stata prevista, quindi non l’aveva colto di sorpresa, ma era comunque seccante. Adesso era venuto il momento di correre un rischio. «Capisco che bisogna smettere di fingere, Ned. Ti diro che cosa c’e in programma per Dick Muller, ma tu devi considerare il progetto da un piu ampio punto di vista. Non dimenticare che il gioco, in corso su questo pianeta, non riguarda soltanto noi.»
«Vi ascolto.»
«Bene. Dick Muller deve andare dai nostri amici extragalattici per convincerli che gli esseri umani appartengono a una specie intelligente. Sei d’accordo? Soltanto lui e in grado di farlo, perche soltanto lui e incapace di nascondere i suoi pensieri.»
«D’accordo.»
«Non e necessario convincere gli stranieri che siamo gente perbene, tipi che meritano di essere amati. Devono unicamente sapere che abbiamo un cervello in grado di pensare. Che possediamo sentimenti, sensi, che siamo diversi da una macchina, sia pure perfezionatissima. Per ottenere il nostro scopo, non ci importa che cosa Dick irradiera, basta che irradi qualcosa.»
«Comincio a capire.»
«Percio, quando sara fuori del labirinto, gli diremo quello che dovra fare. Senza dubbio si infuriera perche l’abbiamo ingannato, ma puo darsi che, malgrado la furia, riesca a capire qual e il suo dovere. Almeno lo spero. Tu non ne sembri convinto. Comunque, non importa: non gli sara piu permesso scegliere, una volta che avra lasciato il suo rifugio. Lo porteremo sul mondo degli extra-galattici e lo consegneremo a loro perche stabilisca un contatto.»
«Che collabori o no, non ha importanza, dunque» disse Rawlins lentamente. «Verra scaricato, come un sacco di patate.»
«Un sacco pensante. E i nostri amici lo capiranno presto.»
«Io…»
«No, Ned. Non dire niente, adesso. Lo so che cosa stai pensando. Detesti questo piano. E naturale! Anche a me non piace. Ma adesso vattene, e pensaci con calma. Esamina accuratamente tutti gli aspetti della questione prima di prendere una decisione. Se domani sarai ancora dello stesso parere, faremo a meno di te. Ma promettimi di dormirci sopra stanotte.»
Rawlins impallidi, poi le sue guance si fecero di fiamma. Boardman sorrise benevolmente. Ned strinse le labbra, s’irrigidi nello sforzo di dominarsi, e usci in fretta.
Un rischio calcolato.
Boardman prese un’altra pillola. Poi allungo la mano per afferrare la fiaschetta mandata da Muller. Verso due dita d’assaggio. Dolce, aromatico, forte. Un liquore eccellente.
22
A Muller, in fondo, gli Hydrani non dispiacevano. Anzi, la caratteristica che piu gli era rimasta impressa era la grazia dei loro movimenti.
Ricordava chiaramente quella sua impresa. Era atterrato in una zona umida e buia del pianeta, un po’ a nord dell’equatore, su un continente ameboide occupato da una dozzina di grandi pseudo-citta, ciascuna delle quali occupavaun’area di parecchie migliaia di chilometri. Il dispositivo che gli permetteva di sopravvivere, progettato appositamente per quella spedizione, era poco piu di un sottile foglio filtrante che gli aderiva al corpo come una seconda pelle, fornendogli aria attraverso migliaia di piastrine dializzatrici, e questo gli consentiva di muoversi facilmente, se non proprio comodamente.
Aveva dovuto camminare per un’ora nella foresta di alberi che parevano funghi giganteschi, prima d’imbattersi in qualche indigeno. Gli alberi raggiungevano altezze di centinaia di metri, forse per via della gravita, che li era poco meno della meta di quella terrestre. I tronchi non parevano molto robusti; probabilmente il sottile strato esterno di legno ricopriva una polpa satura di umidita. Le «cappelle» si incontravano al di sopra della sua testa, formando un baldacchino ininterrotto, ed escludevano quasi completamente la luce dal suolo della foresta. Poiche lo strato di nubi da cui era avvolto il pianeta lasciava filtrare soltanto una luce color perla e anche questa veniva intercettata dalle piante, la sotto l’atmosfera era davvero cupa.
Quando Muller incontro gli alieni, fu sorpreso di constatare che erano alti circa tre metri. Per un po’, rimase tranquillo, circondato dagli sconosciuti e torcendo il collo verso l’alto per incontrare il loro sguardo. Poi, con voce pacata, disse: «Mi chiamo Richard Muller. Vengo, ambasciatore di pace, dai popoli della Sfera Culturale Terrestre.»
Dopo di che s’inginocchio e traccio il Teorema di Pitagora sul terreno umido e molle.
Quando ebbe finito alzo gli occhi e sorrise. «E un concetto fondamentale della geometria. Uno schema universale di pensiero» disse.
Le narici verticali degli Hydrani tremarono leggermente, le teste si inclinarono. Muller penso che stessero scambiandosi occhiate perplesse: dato che erano dotati di occhi disposti a corona, in realta non avevano bisogno di cambiare posizione per osservare alcunche. Allora traccio una linea, sempre sul terreno. Poco piu in la, ne traccio altre due. Ancora piu distante, tre. Poi aggiunse i segni, nel modo seguente: I + II = III.
«Capito?» disse. «Noi la chiamiamo addizione.»
Le membra snodate ondeggiarono, e due degli spettatori si toccarono. Muller ricordo come avessero distrutto l’obiettivo del ricognitore, non appena scoperto, senza la minima esitazione: era pronto per affrontare una simile eventualita. Invece quelli ora ascoltavano, e la cosa gli parve di buon auspicio. Si alzo di nuovo e indico i segni che spiccavano sul terreno.
«Tocca a voi, adesso» disse forte. Sorrise e soggiunse: «Mostratemi di avere capito, parlatemi nel linguaggio universale della matematica.»
Dopo una lunga pausa, uno degli Hydrani avanzo, ondeggiando, allungo una zampa e la tenne sospesa sopra il terreno. Il piede a forma di sfera si mosse senza scatti, e le linee scomparvero, l’una dopo l’altra, lasciando il suolo perfettamente liscio.
«Bene» disse Muller. «Adesso disegnate voi qualcosa.»
Ma l’Hydrano torno al suo posto, in mezzo agli altri.