«Papa, non ti accorgi che la mamma sta solo cercando di metter pace?»

McLeod si domando quando sua figlia aveva incominciato a usare con lui quel detestabile tono condiscendente…

«Lo vedi bene anche da te, vero, che i nostri timori non sono ingiustificati, e che puo rivelarsi pericoloso essere troppo amici dei mutanti?…» continuo Joanna.

Kelly alzo le spalle. «Mamma, capisco benissimo quel che stai cercando di dire. Ma se ci fossi stata io, nella situazione di Melanie, non avreste voluto che i miei amici venissero ad aiutarmi?»

«Be’, si capisce.»

«E allora, che differenza fa? Cosa importa se Melanie e una mutante? E mia amica, tanto basta. Senza contare, poi, che lei di quei poteri mutanti non ne ha nemmeno uno.»

«E la prima volta che sento dire una cosa del genere», intervenne brusco McLeod.

«Eppure e vero.»

«Certo che dev’essere dura, per lei», osservo Joanna aggrottando la fronte.

Per qualche istante anche il pessimo umore di McLeod non pote fare a meno di addolcirsi. Povera, piccola Melanie, pesce fuor d’acqua sia di qua che di la… Ma poi gli venne in mente il padre, il gelido, altero James Ryton, e la sua irritazione si risveglio.

«Ascolta, non metto in dubbio che questa Melanie incontri qualche difficolta, a scuola. Ma non e mica l’unica, sai? Un mucchio di gente deve lottare per tirare avanti. E alcuni non sono nemmeno mutanti. Lei avra di sicuro altre amicizie. Amicizie mutanti. Quindi non mi pare il caso che tu debba star li a compatirla.»

«Mi sarebbe piaciuto essere anch’io una mutante, per un quarto d’ora, la in quei gabinetti», dichiaro Kelly ridacchiando. «Avrei fatto volare Tiff Seldon dritta dritta dentro la tazza, e poi giu, una bella lavata di capo!…»

McLeod capi che sua figlia stava cercando di curargli l’umor nero mettendola sullo scherzo, e pur controvoglia si degno di sorridere. Ma un attimo dopo gli baleno in mente un’immagine del volto di Kelly… perfettamente identica all’originale tranne che per quei due estranei occhi dorati, e dovette fare uno sforzo per non mettersi a tremare. Si accorse che il gran fuoco della sua rabbia era bruciato completamente, lasciandosi dietro solo sparse braci vacillanti e una massiccia dose di depressione.

«Va bene, lasciamo perdere, incidente chiuso, d’accordo? Vedi magari se puoi metterti addosso qualcosa di pulito…» Cio detto, si distolse dalla famiglia e accese il grande schermo a parete, sintonizzandosi sulla finale del campionato di pallacanestro a gravita zero. Aveva urgente bisogno di pensare a qualcosa di assolutamente diverso dai mutanti…

La casa era buia, punteggiata appena qua e la dal tenue chiarore azzurroverde, grato agli occhi mutanti, delle minuscole lampade di sicurezza. Un canto gutturale, proveniente dai fonodinamici di rame tubulari piazzati in soggiorno, accolse Melanie. Era la preghiera della sopportazione tratta dal terzo libro delle Cronache, una delle invocazioni preferite di suo padre. Il resto della casa attendeva silenzioso. L’intero mondo esterno pareva remoto. Di piu: cancellato.

«Presumo che tu sia in grado di fornire una spiegazione, vero?» risuono gelida la voce di James Ryton dopo che ebbe levato lo sguardo sulla sua scarmigliata figlia. Melanie avrebbe voluto farsi piccola piccola, fino a scomparire. Era inutile attendersi una parola di conforto da quell’uomo. Se almeno fosse potuta rientrare insieme a Kelly…

«Allora? Che cos’hai da dire, signorina?»

Melanie cerco con lo sguardo sua madre, che, raggomitolata sul divano come un gatto, le rivolse un sorriso d’incoraggiamento. La ragazza trasse un respiro profondo, e si lancio.

«Due ragazze mi hanno assalito all’improvviso mentre ero nei bagni. Una era armata di coltello. Aveva bevuto. Voleva colpirmi.»

«Maledetti normali! Non saranno contenti finche non ci avranno sterminati dal primo all’ultimo!»

«James!» lo richiamo Sue Li lanciandogli un’occhiataccia. Quindi si rivolse a Melanie. «Vai avanti, cara. Dopo che cos’e successo?»

«E arrivata Kelly McLeod e mi ha aiutato a respingerle.»

«La figlia di McLeod ti ha aiutato? Una nonmutante?» domando Ryton in tono di evidente sorpresa.

«Be’, si.»

«Com’e che conosci quella ragazza?» le chiese dolcemente Sue Li.

«Ci si vede ogni tanto a scuola.»

Melanie osservava suo padre camminare inferocito avanti e indietro sul tappeto azzurro. Un’espressione sofferta gli incupiva il volto. Una vena gli pulsava sulla fronte, indubitabile brutto segno.

«E cosa stavi facendo, per averle indotte ad aggredirti?»

«Niente. Mi pettinavo.»

«Eri sola?»

«Si.»

«Innanzitutto non capisco per quale motivo tu debba frequentare un locale di nonmutanti. E poi dov’era Germyn? Credevo che stasera saresti uscita insieme a lei.»

«Se l’e filata non appena e cominciato il casino. Come al solito.»

Melanie scorse la bocca di sua madre contrarsi in quello che avrebbe potuto essere un sorriso, immediatamente dissimulato. Papa, invece, non parve trovarci nulla di divertente.

«Andarsene in giro da soli equivale a fare da bersaglio», dichiaro.

«Quindi sarebbe tutta colpa mia?» reagi Melanie stizzita. «L’ho chiesto io di farmi infilzare con un coltello?»

«Non usare quel tono con me, ragazza.»

Al che la mamma penso bene d’intervenire. «James, ora sei troppo alterato per discutere di questa faccenda. Non sarebbe meglio rimandare a piu tardi?»

«E inutile che cerchi di calmarmi, Sue Li. Le mie opinioni circa il socializzare coi normali le conosci benissimo. Troppo rischioso.»

«Si, certo, pero credo che in questo caso tu stia reagendo in modo eccessivo. Insomma, James, non siamo piu negli anni Novanta. E non vedo nulla di pericoloso nel fatto che Melanie trascorra un poco del suo tempo insieme ai normali.» Fece un attimo di pausa, quindi prosegui. «Tutti i ragazzi frequentano l’Hardwired. Melanie non c’e andata di sicuro in cerca di guai. E se ogni tanto capita che qualcuno alzi un po’ troppo il gomito e diventi aggressivo, be’, non possiamo certo farne una colpa a nostra figlia. Secondo me sarebbe potuta andare molto peggio.»

Immobile, imperturbabile, languidamente avvolta nel suo maglione rossofuoco, la mamma diede a Melanie l’impressione di un piccolo Buddha in versione femminile. Chissa che in quel preciso momento non stesse cercando di influenzare in meglio gli accesi umori che surriscaldavano l’ambiente… Non sarebbe stata certo la prima volta che Sue Li poneva fine a una disputa casalinga facendo sottilmente uso delle sue doti telepatiche.

«Sue Li, non ho la minima intenzione di farmi distrarre dalle tue chiacchiere», replico Ryton. «Il continuo coinvolgimento coi normali rappresenta un grave pericolo, per i nostri figli. E una situazione intollerabile!»

«Non vedo proprio come potrei fare altrimenti», intervenne Melanie. «Non siamo abbastanza per metter su una scuola riservata ai mutanti, e ad ogni modo non posso certo passare la vita intera standomene alla larga dai normali.»

«Gia, ma quanto meno potresti usare maggior discernimento nello scegliere dove andare e che cosa fare», la rimbecco suo padre con voce dura. «E tanto per cominciare ti proibisco di rivedere quella tale McLeod.»

«Ma papa», insiste Melanie con labbra tremanti, «Kelly mi ha aiutato. E vuole essermi amica.»

«Dentro il clan ne hai gia quante ne vuoi, di amicizie,»

«Eh si, figuriamoci. E invece lo sai benissimo che nel clan non c’e nessuno che desideri veramente entrare in amicizia con me. Oh, certo, sono tutti molto carini, come no, pero mi trattano come se fossi una deficiente, invece che semplicemente una neutra. E tu sei uguale agli altri.»

Una volta tanto, suo padre non seppe che cosa replicare. La fisso come se avesse di fronte un’estranea. Melanie si rendeva conto che avrebbe fatto molto meglio a piantarla li e a ritirarsi nella tranquilla intimita della sua stanza, ma non riusci a trattenersi. Le parole che per anni aveva soffocato le scaturirono fuori inarrestabilmente.

«A tutti quanti, faccio schifo!» grido. «A scuola mi danno addosso perche sono una mutante. A casa e alle

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