odiava. Pur senza muoversi dalla sua postazione non la perdeva d’occhio un solo istante, e la odiava.

«Certo, Ryton, che per essere una mutante sei parecchio maldestra. Perche, dico io, invece di camminare non pigli su la tua roba e non te ne svolazzi via di qui… magari fino a Base Marte?» Era stato Gary Bregnan, terzino dei Piedmont Eagles, a sussurrarle quella frase in tono beffardo. Due compagni di squadra, seduti li accanto, ridacchiarono sotto i baffi. Poi, istigati da Bregnan, presero a salmodiare sottovoce: «Mutosa, mutosa, mutosa…» Brucianti lacrime di frustrazione incominciarono a colmare gli occhi di Mel. Tutti la odiavano. Ma se era per questo, anche lei li odiava. E anche lei li avrebbe spediti in blocco su Base Marte, se avesse potuto.

Raccatto dischi e oggetti personali e ando a cercarsi una cabina-computer libera. La pioggia di aprile tamburellava contro i vetri del lucernario con fredda, deprimente insistenza. Mel sentiva Bregnan che non la smetteva di riderle dietro. Dunque odiava i mutanti, eh? Benissimo, di li a poco avrebbe dovuto scegliersi un altro bersaglio, per il suo odio. Nel frattempo, il minimo che poteva fare era restituirgli il suo disprezzo. Certo, la mamma glielo diceva sempre di cercare di comprendere i normali. Ma la mamma non aveva da misurarsi ogni giorno con Gary Bregnan e i suoi degni compari.

Mel trascorse tre quarti d’ora a prendere appunti per la sua tesina di ammissione dal titolo «Confrontate l’impatto dei viaggi per mare sull’antica Spagna con quello dei viaggi spaziali sull’America contemporanea». Ristette infine qualche istante a stropicciarsi gli occhi, stanca del lungo fissare i caratteri bianchi sullo schermo.

Sia lode al cielo per Kelly McLeod, penso. Se non avesse accettato di lavorare con lei a quella relazione, per Mel sarebbe divenuto un vero incubo. Kelly aveva suggerito l’inserimento di carte geografiche e persino la realizzazione di tavole sinottiche. Senza il suo intervento, Melanie si sarebbe limitata a un piatto resoconto di un paio di minuti. Secondo lei l’impero spagnolo aveva prosperato per merito della propria superiorita navale, ed era poi stato distrutto dalle conseguenze delle grandi navigazioni. Non le pareva che fosse il caso di trarre analoghe conclusioni dalla situazione attuale. Melanie sbadiglio, fece una copia su dischetto e spense il personal. Meno male che aveva smesso di piovere.

Nell’avviarsi all’uscita sosto davanti allo schedario principale. La risata di Bregnan continuava a riecheggiarle nelle orecchie. Scorrendo il catalogo si soffermo su Storia delle perversioni sessuali e Malattie veneree, chiedendo in prestito entrambi i testi a nome di Bregnan. Non ci voleva nulla a contraffarne l’identicarta facendola passare per buona all’esame degli ottusi sensori di cui disponeva quel vecchiume di computer. Strada facendo, non lontano da scuola, getto i due dischi dentro una cassetta dell’Esercito della Salvezza. Ben gli sta a Bregnan se gli tocca ripagarli, penso. Priva di poteri mutanti, d’accordo, ma mica poi del tutto sprovveduta…

«Mel, aspetta un momento!»

Melanie s’immobilizzo, raggelata dal terrore. L’avevano scoperta. Possibile che non le riuscisse nemmeno di vendicarsi impunemente? In preda alla disperazione, si volse a fronteggiare l’accusatore.

Vide Jena Thornton affrettarlesi incontro. «Ciao! Ti cercavo.»

«Ah, si?» balbetto Melanie con voce tremante. Che Jena l’avesse veduta sbarazzarsi dei dischi?

«Eh gia. Ti volevo parlare. Ti va di andare a bere qualcosa?» Jena sorrideva, con i lunghi capelli biondi che le danzavano attorno al viso scompigliati dal vento. A Melanie non parve che la guardasse con sospetto.

Il galoppo forsennato del suo cuore prese pian piano a placarsi. Scampato pericolo. Ma cosa voleva, Jena, da lei? Ai convegni del clan, piu che un cenno col capo era difficile che le facesse. A scuola, poi, fosse dipeso dalle attenzioni che Jena le tributava, Melanie avrebbe anche potuto essere invisibile. E gli stessi giocatori che canzonavano e tormentavano lei, ogni volta che Jena passava ancheggiando non mancavano mai di fischiarle la loro ammirazione.

«Di cos’e che vuoi parlare?»

«Oh, be’, roba di scuola, cose del clan… Vieni, andiamo a farci un frullato di alghe.» Prese Melanie per un braccio e la condusse verso un localino li nei pressi.

Una volta dentro, Jena ordino al robocameriere due frappe e due polpette di riso al tonno.

«Lo studio come ti va?» s’informo.

«Bene», rispose Melanie, dopo aver trangugiato una bella forchettata della sua porzione. «Salvo imprevisti mi dovrei diplomare il mese prossimo. Come ore di frequenza ci sono.»

«Poi ti iscrivi all’universita?»

«Non lo so. I miei vorrebbero. Ma potrei anche restare a lavorare con mio padre.»

Jena sorrise. «Ha messo in piedi davvero una bella ditta. E Michael lavora con lui?» Parve soffermarsi su quel nome, assaporarlo.

«Esatto. Sono appena rientrati da un viaggio a Washington, dove si sono incontrati con Eleanor Jacobsen.»

Jena rabbrividi. «Che donna in gamba. Al solo pensiero mi vien da levitare.» E si sollevo a fluttuare alcuni centimetri sopra la sua sedia, poi ridiscese, ridacchiando. «Mi piacerebbe tanto conoscerla. Chissa, forse Michael mi parlera di lei, al prossimo convegno del clan.»

«Chiediglielo.» Melanie incominciava a sentirsi a disagio. Dove voleva andare a parare, Jena?

«Senti, il diciassette daro una festa. Mi chiedevo se tu e tuo fratello gradireste partecipare.»

«Sicuro. Cioe, a me andrebbe, ma a Michael bisognera che tu lo chieda personalmente.»

«D’accordo, lo faro. Puoi portarti il ragazzo, se vuoi. E anche Michael puo venire in compagnia. Scommetto che arrivera con Kelly McLeod. Sara interessante avere alla festa una nonmutante.»

«Perche dici cosi?»

Gli occhi di Jena erano grandi, innocenti. «Be’, li ho visti al cinema insieme, la scorsa settimana. Si frequentano, vero?»

«Non saprei.»

«Comunque farebbero meglio a stare attenti», insiste Jena, mentre il sorriso le andava smorendo sulle labbra. «Se il clan lo viene a sapere, Michael potrebbe pentirsene.»

«E una minaccia, forse?» domando Melanie irrigidendosi.

«Ma no, figurati», le assicuro Jena in tono mellifluo. «Semplicemente una considerazione. Tutto sommato credo che sara una bella esperienza, per tuo fratello, gustare il frutto proibito.» E si lascio andare a una risata aspra, tagliente.

«Senti, Jena, si sta facendo tardi…»

«Conosci Stevam Shrader?»

«E il cugino di Tela, mi pare.»

«Esatto. Ultimamente usciamo insieme, io e lui. Bei muscoli.» Jena ridacchio. Poi diede un’occhiata al suo cronometro da polso. «Mio Dio, bisogna che scappi. Ho promesso di riportare a casa il libratore, e fra un’ora devo incontrarmi con Stevam. Resta qui tranquilla e finisci. Ci vediamo il diciassette.» Uno svolazzo di capelli biondi, il guizzo di una tuta azzurra, e se ne ando come il vento.

Melanie recupero il portadischi. I discorsi di Jena l’avevano innervosita. Che intenzioni aveva, con Michael e Kelly? A volte, ridlette, i mutanti erano difficili da capire quanto i nonmutanti. Per il momento, comunque, non aveva alcuna voglia di continuare a preoccuparsi.

Jena spinse a tavoletta l’acceleratore della sua freccia vermiglia. L’autostrada era un nastro di calcestruzzo divorato dal libratore, il fuggente paesaggio un guazzabuglio giallo-verde di alberi germoglianti.

Osservo fra se che in fin dei conti aveva detto la verita, a Melanie Ryton. E chiaro che avrebbe invitato alla festa sia lei sia suo fratello, anche se entrambi sapevano a chi era veramente interessata. E aveva davvero un appuntamento con Stevam, sebbene lo considerasse essenzialmente uno sciocco presuntuoso.

Se solo fosse riuscita a dimenticare quello che aveva visto la sera prima… Michael con un braccio stretto attorno a Kelly McLeod. E tutti e due che ridevano all’unisono uscendo dal cinema. Felici di essere insieme, ignari degli sguardi che come coppia «mista» inevitabilmente si attiravano.

Il concetto di «coppia» le fece venire un groppo allo stomaco. Quei due le avevano dato l’impressione di formare una coppia davvero molto affiatata, immersi com’erano in un alone di particolare intimita che faceva al confronto impallidire i suoi peggiori incubi.

Jena aveva adorato Michael Ryton sin dall’eta di dodici anni. A ogni convegno del clan l’aveva osservato giocare a pallone e saltare la cavallina coi loro cugini, beandosi del modo in cui si muoveva, del modo in cui

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