sabato sera.»

«Quasi come se qualcuno tenesse la situazione sotto controllo.»

«Puo darsi.» Karim allungo un calcio a un pezzo di alga rossoscuro. «Comunque, il semplice fatto che la vita notturna sia inconsistente, e che tu creda di aver visto in giro degli occhi dai colori strani, non basta certo a convincermi che un invisibile squadrone di cosiddetti supermutanti abbia organizzato un colpo di stato. A parte il fatto che non sono nemmeno convinto che esistano davvero. Spesso mi risulta difficile persino credere nei normali mutanti domestici. Come il tuo capo.»

Andie scosse la testa. «Non ti sei mai chiesto per quale motivo il dottor Ribeiros non si toglie mai quegli occhiali scuri? Nemmeno al chiuso? Chi ha mai visto il colore dei suoi occhi?»

«Quindi secondo te Ribeiros sarebbe un mutante?» Traspariva, dalla voce di Karim, una risata a stento trattenuta. «Ma allora non bisognerebbe informarne la Jacobsen?»

«Non lo so.» Si senti attanagliare da una fitta d’incertezza. Forse stava solo perdendo il suo tempo, ad andare in cerca di trame e complotti. Non le aveva forse confessato, la senatrice, di dubitare dell’esistenza stessa di questo supermutante? E chi, meglio di lei, avrebbe potuto saperlo? Non poteva darsi che Skerry si sbagliasse, o che fosse solo un mutante rinnegato, in giro a seminare zizzania? Ma se invece avesse avuto ragione lui?

«Va bene, Karim, non dico che tu abbia necessariamente torto. Ad ogni modo mi piacerebbe sul serio stabilire, una volta per tutte, se il supermutante esiste oppure no.»

«Piacerebbe anche al Congresso degli Stati Uniti.» Karim si fermo, le mise la mano su una spalla e la trasse a se. «Quel che ti serve e svagarti un po’.»

«Tu cosa proponi?»

«Prendiamoci un paio di giorni a Teresopolis. Andiamo a visitare il Palazzo d’Estate. Fa piu fresco, lassu. Dimentichiamoci di mutanti e senatori. Giovedi saremo di ritorno a Washington.» Nello sguardo di lui, schietto, intenso, si leggeva un aperto invito. Andie ammiro il suo corpo snello e abbronzato. I suoi slippini rossi. Senti che il cuore le si metteva a battere piu in fretta.

«Ti diro, l’idea mi tenta. Ma sei sicuro che possiamo filarcela?»

«Perche no? Il tuo capo non e un cerbero, e quanto al mio, e tutt’altro che prevenuto nei confronti delle vacanze.»

«Delle sue non stento a crederlo. Ma come la mettiamo con quelle dei fedeli assistenti?…» Sottrasse la mano alla stretta di Karim.

«Da quando siamo qui si e mostrato sempre ben disposto. In effetti, dopo un’ora o due con Ribeiros hanno tutti quanti l’aria di aver passato il pomeriggio a un ricevimento.»

«Fatta eccezione per il mio capo.» Le baleno in mente l’immagine della Jacobsen, pallida e stanca. Come fosse sottoposta a chissa quale sforzo senza nemmeno rendersene conto. Andie considero quell’immagine. C’era qualcosa che non andava. Se solo le fosse riuscito di capire cosa. Supermutanti? Paranoia? Piu soggiornava a Rio, piu si sentiva confusa. Un fine settimana sulle colline l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee.

«Posso esser pronta per le sei. Lascero un messaggio sul monitor della Jacobsen. Impegnata com’e, neppure se ne accorgera che me ne sono andata.»

Michael guardo Kelly salire sul libratore. La ragazza indossava una tunica scarlatta senza maniche, abbondantemente scollata sia davanti sia dietro. I capelli neri le scendevano sulle spalle in morbide onde. Cristalli color lavanda le scintillavano ai lobi delle orecchie. Prima di prender posto si sporse in avanti e lo bacio teneramente. Mentre poi si ritraeva per sedersi, Michael noto che sotto la tunica non indossava quasi nulla.

«Favolosa», le disse sorridendo.

Lei gli lancio un’occhiata maliziosa. «Be’, dopotutto e la settimana del diploma.»

«Gia, anche se non dovresti farci gran caso, visto che e dal 1998 che hanno abolito i festeggiamenti per il diploma.»

«Perche a quei tempi c’era la minaccia continua di attentati.»

«E adesso non piu. Ma secondo me, se non hanno ripristinato la tradizione e solo per risparmiare un po’ di quattrini. Spilorcia, questa nuova generazione.»

Kelly gli allungo una leggera gomitata nelle costole. «Molto bene, vecchio mio, dov’e che andiamo, stasera?»

«Non c’e il ricevimento della tua amica Diane?»

«Si, ma quello incomincia sul tardi, dopo la chiusura dei locali.»

«Allora perche non facciamo un salto all’Hardwired e poi al Club Centauri

Kelly lo guardo perplessa. «Credevo che tua cugina ci avesse invitato a una festa.»

«Mia cugina?»

«Ma si, Jena Thornton. Non ricordi?»

Michael si lascio andare a una muta imprecazione. Perche diavolo aveva parlato a Kelly di quell’invito?

«Sono tutti mutanti. Non ti piacerebbe neanche un po’.»

«E tu come fai a saperlo?»

«Credi a me, so quel che dico.»

«Michael, questa e una restrizione assurda. Mi spieghi allora come faro a conoscere la tua famiglia?»

«Ti garantisco che in questo caso non ti divertiresti affatto», ribadi Michael, serrando poi le labbra in una sottile linea caparbia.

«E perche no?»

«Accidenti, Kelly, ma allora non mi ascolti! Te l’ho gia detto che e una festa di soli mutanti.»

«Ti vergogni a farti vedere insieme a me?»

«Figuriamoci!»

«E allora andiamo da Jena.»

Michael sospiro. «Come vuoi. Non dire poi che non ti avevo avvertito.» Furente, usci a marcia indietro dal vialetto. L’ultima cosa che desiderava fare era proprio condurre Kelly a un ricevimento di mutanti, ma opporle un rifiuto a oltranza avrebbe significato senza dubbio scatenare un litigio. Esegui un rapido canto mentale per riacquisire l’autocontrollo, e diresse il libratore verso l’abitazione di sua cugina.

Traffico scarso. In capo a venti minuti stava parcheggiando lungo il marciapiede accanto alla casa.

Ad aprire venne Jena. Indossava una scintillante, attillatissima camicetta del colore quasi dei suoi capelli, con pantaloni e stivali in tono. Un lampo di sorpresa le traverso la faccia, immediatamente sostituito da un gran sorriso.

«Michael! E tu sei Kelly, vero? Lieta di conoscerti. Gli altri sono gia tutti rintanati di la. Venite.»

La stanza era affollata di mutanti, e ricolma dei loro canti di gioia. In un angolo sedevano, tenendosi sottobraccio, due coppie allacciate in contatto mentale. Guizzavano sui loro volti espressioni diverse: argute, meravigliate, estatiche. Non distanti, due ragazzi in tuta nera si libravano vicino al soffitto, palleggiandosi avanti e indietro senza toccarla una rifulgente sfera di vetro. Una ragazza dalle rosse chiome bizzarramente acconciate spicco un balzo e ando a raggiungerli. Accanto ai divani sui quali coppie mutanti amoreggiavano e si stuzzicavano, vassoi di cibo fluttuavano sopra ciascun bracciolo.

Michael strinse la mano di Kelly. Le nenie si affievolirono sino a tacere. In tutta la stanza non vi fu occhio dorato che non si appuntasse sui nuovi venuti, valutando silenziosamente. E condannando.

Il giovane si fece avanti, sfidando tacitamente i presenti a sfoderare un gesto volgare, a formulare un’osservazione sgarbata. Accenno freddamente ai membri del proprio clan. I suoi cugini gli resero il saluto e tornarono ai loro trastulli.

Michael avverti sul braccio il contatto di una mano tiepida. Jena gli era giunta accanto. Portava un girocollo d’oro, formato da distintivi della fraternita tenuti insieme da una catenina. Aspiro l’aroma di lei, una fragranza deliziosamente muschiata. Che splendida ragazza, penso. Un insopprimibile formicolio di desiderio gli riscaldo i lombi. Cosa diavolo era venuto a fare, li?

«Michael, se non hai nulla in contrario vorrei mostrare la casa a Kelly. Scommetto che non e mai stata in un’autentica abitazione mutante.» Jena circondo con un braccio le spalle di Kelly. «Ti piacerebbe vedere il sancta sanctorum dove mio padre si ritira a cantare?»

Kelly annui, ma parve a Michael che fosse perplessa e anche un poco indecisa.

«Vengo anch’io», propose.

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