«Mi spiace di essermi adirato a quel modo.» La abbraccio. Mel senti le sue dita incominciare a operare la loro magia su di lei.
Due giorni dopo, tornando a casa dal lavoro un po’ in anticipo, udi delle voci provenire dal fondo dell’appartamento.
«Ben?»
Nessuna risposta.
Si avvicino in punta di piedi allo studiolo. La porta era aperta. Ben stava parlando per telecom con qualcuno la cui voce le risulto ignota.
«Cerca di non dedicartici troppo», disse la voce maschile.
«Non preoccuparti. E poi e tutto a vantaggio tuo, no?»
«Be’, proprio tutto tutto non direi…»
Scoppiarono a ridere entrambi.
«Che tipo e?»
«Inesperta. Ma appassionata e intraprendente. Come facevo a dirle di no, dopo che me la sono ritrovata dentro il letto?»
Melanie incomincio a tremare. Possibile che Ben stesse parlando di lei con quel tono sbrigativo e beffardo?
«Mi sai dire come hai fatto a trovarla?»
«Un colpo di fortuna», rispose Ben. «Mi e capitato di passare da quel club. Ci crederesti che Tamlin stava cercando di strangolarla?»
«Pezzo d’idiota. C’e da stupirsi che poi sia riuscito a colpire nel segno.»
«Gia. Anche se in effetti ha sbagliato comunque.»
Tamlin. L’uomo che aveva ucciso Eleanor Jacobsen, penso Melanie.
«Bah, inutile preoccuparsi per lui», disse la voce estranea. «Piuttosto, quanto ci vorra, ancora, per avere la ragazza?»
«Sai, a dire il vero mi scoccia un poco darla via adesso che le ho insegnato tante cosette…»
Altra risata.
No, pensava Melanie. No. No. No.
«Via, non essere ingordo, Ben. Sarai ben ricompensato. Puo darsi addirittura che te la restituiamo, quando avremo finito con lei. Ma al momento c’e un dottore, in Brasile, che e ansioso di fare la sua conoscenza.»
«Pensavo che quella fornitura di uova li avrebbe tenuti occupati per un anno.»
«Ne vogliamo altre. Ascolta, sei sicuro che non l’abbiano seguita?»
«Assolutamente. Ho controllato subito dopo averla portata qui.»
«Ottimo. Allora preparala. Ci serve entro una settimana.»
«D’accordo. Le diro che andiamo in vacanza.»
Mel indietreggio vacillando, sbigottita. Quasi non riusciva a credere alle sue orecchie. Scappare. Doveva scappare. Che cosa volevano farle? Uova? Brasile? Si senti prendere da una nausea violenta. Facendosi forza riusci in qualche modo ad aprire la porta d’ingresso, incamminandosi quindi precipitosamente sullo spesso tappeto beige del corridoio esterno.
«Mel? Sei tu, Mel?» Udiva, in lontananza, i richiami di Ben. Poi la porta dell’ascensore si richiuse. Col cuore in gola, indirizzo la cabina al parcheggio sotterraneo.
Scappare. Nient’altro. Avrebbe preso il libratore e sarebbe tornata a casa. Dai suoi genitori. Doveva raccontare loro cio che aveva udito.
No.
Andare subito alla polizia. Ecco quello che doveva fare.
La porta dell’ascensore si apri, e Mel corse alla vettura. Mentre allungava una mano verso la portiera, si senti afferrare per il polso.
«Dimmi un po’, che intenzioni hai?»
«Ben!…» ansimo. «Io… ecco, volevo andare a fare compere.»
«Senza dirmi nulla? Come mai sei cosi pallida?» La fisso da vicino, con espressione dura. «Se non avessi preso l’ascensore rapido dall’appartamento, non avrei fatto in tempo. Avanti, torna su con me.»
«Non mi va.» Cercava di opporre resistenza, ma lui continuava a trascinarla lentamente verso l’ascensore.
«Ti voglio parlare del viaggetto che faremo.»
La porta dell’ascensore era aperta. Lui prese a tirarla dentro. Lei vide qualcosa di argenteo scintillargli in mano, e capi che si trattava di un’ipodermica.
«Lasciami andare, bastardo!»
Scalcio disperatamente, raggiungendolo all’inguine con una violenta ginocchiata. Ben si accascio gemendo.
«Pensavo che tu mi amassi!» Gli allungo un altro calcio, ma lui l’afferro per una caviglia e la fece cadere a terra.
«Stupida cagna mutante!» La schiaffeggio in pieno viso. «Ma che cosa credevi, che fottere fosse amare?» Tese una mano per afferrare la siringa che giaceva sul pavimento dell’ascensore. Anche Melanie si getto all’arrembaggio; la frenetica esaltazione del momento le diede forza e rapidita, e fu invece la sua mano a serrarsi sulla siringa, un istante prima che la prendesse lui. Tremando, gli conficco l’ago nel collo, e udi il lieve sibilo dello stantuffo automatico che scattava iniettando il liquido. I lineamenti di Ben si rilassarono. I suoi occhi si chiusero ed egli stramazzo al suolo privo di sensi.
Frugandogli senza ritegno nelle tasche in cerca di denaro, trovo il portafoglio. Conteneva abbastanza da consentirle di tirare avanti per un mese. Raggiunse il libratore, lo apri, si mise alla guida. Avrebbe dovuto sbarazzarsene alla svelta, ma per lo meno le sarebbe servito per arrivare alla prima fermata del metro. Poi avrebbe preso la navetta.
Entro a marcia indietro nel montacarichi, attese che il libratore venisse sollevato al livello stradale, e diede tutto gas lanciandosi verso la liberta.
15
Michael adocchio avidamente, sull’albero che sorgeva nel prato di fronte a casa, una grossa susina color rosso borgogna. Settembre: la stagione ideale, per la frutta. Colse la sugosa tentazione, quindi spinse la porta per entrare.
La casa era deserta. Diede un bel morso alla susina, si soffermo a raccogliere la sua sacca da ginnastica, poi ando a controllare il monitor della corrispondenza in arrivo. Trovo il consueto assortimento di richieste e contratti. Prese mentalmente nota di ultimare, l’indomani, la trattativa Haytel. L’avvisatore di messaggi continuava a lampeggiare. Premette il pulsante di riproduzione, e sullo schermo prese vita con un guizzo l’immagine di sua madre.
«Saremo a casa fra due giorni», disse. «Le vampate di tuo padre sembrano calmarsi, ma gli serve ancora un po’ di riposo. Ci vediamo martedi.»
Michael fini di masticare e getto il nocciolo della susina dentro lo scaricaimmondizie accanto alla porta. Aveva creduto che suo padre fosse troppo giovane per incominciare gia a soffrire di vampate, ma evidentemente s’era sbagliato. La condizione mutante recava in se una dose di ambiguita con la quale non era per nulla facile convivere.
Passato in cucina, controllo rapidamente cosa offriva la dispensa, e scelse crocchette ai funghi piccanti e maiale liofilizzato. L’estrattore del frigorifero entro in funzione. Non appena la suoneria ebbe trillato, Michael fece levitare la confezione scongelata dentro il forno a convezione, regolo il temporizzatore, e lascio cuocere per tre minuti.
Chissa che sensazione dava, si domando apparecchiando, dover contare solamente sulle proprie mani per fare ogni cosa. Probabilmente di lentezza, piu che altro. Scelse nel bar una Red Jack e indugio a sorseggiarla, nell’attesa che il pranzo si raffreddasse un po’.
