Michael era convinto ad ogni modo che i mutanti fossero Homo Sapiens al cento per cento, e in qualunque cosa consistessero quei benedetti agenti mutageni, lasciava volentieri ai biologi del clan il compito di occuparsene.

Egli aveva sentito parlare di mutanti con un occhio solo, con la pelle squamosa, con sette dita per mano (correva voce che vivessero in isolamento sulla costa occidentale), ed era grato alla sorte che la sua piu curiosa caratteristica fisica consistesse semplicemente nella plica epicantica che grazie a sua madre, Sue Li Ryton, gli incurvava le palpebre. Melanie, con quella chioma corvina, aveva un aspetto leggermente piu orientale, e Jimmy era dei tre il piu somigliante alla mamma. Michael si guardo attorno per individuare quel furbacchione di suo fratello minore, ma non riusci a vederlo. Probabilmente aveva marinato l’incontro per andare a divertirsi da qualche parte, e altrettanto probabilmente l’avrebbe passata liscia. Papa sembrava, chissa perche, notevolmente disposto a sorvolare sulle scappatelle di Jimmy.

L’assemblea pareva terminata, e Michael sguscio verso l’uscita. Queste riunioni di clan, cosi ripetitive e prevedibili, incominciavano ad annoiarlo, e poi desiderava qualche minuto tutto per se. Una volta tornati a casa, di tempo libero ne avrebbe avuto ben poco: il viaggio a Washington era ormai imminente, e subito dopo attendevano i contratti con la NASA.

«Ci lasci cosi presto, Michael?» La voce di James Ryton, cui l’irritazione aveva dato una nota stridula, saetto repentinamente attraverso la stanza, affilata come un coltello, e lo inchiodo a un passo dalla soglia. «Certo sei stato gentile, a onorarci della tua presenza.»

Michael ignoro il sarcasmo. «Volevo solo uscire a prendere una boccata d’aria.»

«Con questo freddo?» Suo padre lo fissava implacabile. «Che cosa c’e, non gradisci abbastanza la compagnia della tua famiglia?»

«Ho semplicemente bisogno di far due passi. Per pensare.»

«A qualche ragazza, immagino», sbuffo suo padre. «Be’, sai che ti dico? Che stai perdendo tempo. E alle questioni dei mutanti che dovresti dedicarti. Al nostro viaggio a Washington. Sarebbe proprio ora che tu incominciassi a considerarti, e a comportarti, come un membro responsabile di questa comunita. Non dimenticare che sei anche tu socio dell’azienda. Devi pensare al tuo futuro. Al nostro futuro.»

Michael si senti salire il sangue alla testa. «Non ho mai trascurato gli impegni di lavoro!» scatto. «Ma non conta dunque nulla quello che sono io, quello che voglio io?»

«E cosa sarebbe quello che vuoi tu?»

Nella sala tacquero tutte le conversazioni, mentre i membri del clan focalizzavano la loro attenzione sul battibecco che stava opponendo padre e figlio. Michael si rendeva perfettamente conto che quanto stava per dire avrebbe addolorato la sua famiglia e i suoi amici, ma non poteva evitarlo.

«Sono stanco di dovermi preoccupare delle tradizioni», dichiaro. «Credevo fosse giunta finalmente l’ora di muoversi, no? Ora che siamo riusciti a far eleggere Eleanor Jacobsen al Congresso…»

«Guarda caso, c’e gente che invece non e affatto convinta che sia questo il momento di aprirsi verso il mondo nonmutante!» lo interruppe suo padre. «Io credo sia meglio che continuiamo a operare nel modo consueto, muovendoci con grande cautela. I normali possono essere molto pericolosi.»

«Si, si, lo so benissimo», ribatte Michael con voce impaziente.

«E allora devi renderti conto che sono proprio i tuoi interessi che mi stanno a cuore», continuo Ryton. «Occasionalmente possiamo anche socializzare con individui estranei al gruppo, ma certo non fino al punto di sposarli.»

Michael lo fisso sbalordito.

«Chi ha mai parlato di matrimonio? E ad ogni modo che cosa ci sarebbe di male?»

Ryton sostenne inflessibile lo sguardo del figlio, squadrandolo severo attraverso le lenti bifocali. «Sai perfettamente come la penso a proposito delle deviazioni genetiche. Dobbiamo assolutamente proteggere la purezza del ceppo mutante. Con quel che ci e costato crearlo e conservarlo…»

«Lo so, lo so, Dio se lo so!»

«E allora dovresti anche sapere che non puoi sottrarti piu a lungo alle tue responsabilita. E ormai ora che tu incominci a interessarti a Jena. Ha l’eta giusta, ed e uno dei pochi partiti disponibili.»

Una ragazza bionda, esile ma di aspetto provocante, sorrise a Michael dall’altro lato della stanza. L’aureo simbolo della fraternita mutante le scintillava sul delicato biancore del collo. Con un nodo alla gola, egli si costrinse a distogliere lo sguardo. Le consuetudini del clan erano una morsa che lo serrava prepotente, minacciando di storpiargli l’esistenza.

«Allora e di questo che si tratta», osservo in tono amaro. «Me l’ero immaginato.»

«A sentir te, parrebbe trattarsi di un destino spaventoso.»

«Puo anche darsi che la mia opinione sia proprio questa.» Si accorse che gli occhi di sua madre erano colmi di lacrime, ma era troppo tardi per fare marcia indietro, e poi non aveva alcuna intenzione di ritrattare. «Non ho passato quattro anni alla Cornell solo per lasciarmi incastrare nei progetti di qualcun altro o per fare da stallone al clan.»

Udi levarsi attorno a se esclamazioni soffocate. Suo padre si stava facendo paonazzo in volto, sintomo indubbio che era in arrivo il peggio.

«Michael, se non accetterai di riconoscere le tue responsabilita nei nostri confronti, ci costringerai a decidere al posto tuo.»

«Come se non l’aveste sempre fatto!» replico il giovane in tono di sfida, fronteggiando suo padre con le mani sui fianchi. «Prima mi chiedete di pensare e agire come un adulto, ma poi, quando mi comporto da adulto, mi trattate come un bambino.»

Ciascuno dei cento occhi d’oro presenti nella sala era fisso su di lui. Michael si sentiva soffocare. Se non fosse uscito immediatamente di li gli sarebbe venuto un collasso.

Si volse con scatto repentino, e per mezzo del suo potere telecinetico apri la porta a distanza di un metro. Un attimo dopo se ne stava piantato immobile appena fuori del bungalow, con il respiro affannoso che formava nuvolette nell’aria gelida. Dove andare? Il ritmico, ostinato frangersi dei flutti pareva rivolgergli un messaggio insistente. Michael corse verso la spiaggia, deciso ad allontanarsi il piu possibile dalla sua famiglia.

Quando la porta si richiuse con violenza alle spalle del suo primogenito, James Ryton dovette reprimere un trasalimento. Attorno a lui i membri del clan mormoravano la propria disapprovazione, scuotendo la testa e formando gruppetti per discutere l’accaduto.

«Gradiresti un consiglio da amico?» gli chiese Halden.

«A dire il vero no, Hal, ma ti conosco abbastanza per sapere che dovro sorbirmelo ugualmente.»

Halden sorrise. «Se continui cosi, riuscirai solo a farlo scappar via.»

«Forse hai ragione», ammise Ryton sospirando. «Mi ricorda com’ero io alla sua eta. Irascibile, impulsivo. Ho paura che finisca per mettersi nei guai.»

«Tu pero ce l’hai fatta», osservo Halden. «E incolume, a quanto pare.»

Ryton gli rivolse un sorriso stentato. «Piu o meno. Le vampate mentali stanno incominciando, comunque. Mi capita di sentirle sempre piu spesso, in piena notte, quando l’alterazione della chiarudienza mi tiene sveglio.»

Il Custode del Libro afferro l’amico per una spalla. «Fatti coraggio. Stiamo per trovare il modo di controllarle, forse addirittura di curarle…»

Con le labbra contratte in una piega amara, Ryton si sottrasse a quel contatto. «Non ho la minima intenzione di trascorrere i prossimi vent’anni sotto l’influsso degli inibitori neurali. Preferisco uccidermi.» Si espresse a voce cosi bassa che sembro parlare fra se.

«James, non dirlo neppure per scherzo.»

«Chiedo scusa, amico mio», mormoro Ryton costringendosi a sorridere. «Allora, vediamo di affrontare un argomento meno deprimente.»

Halden gli strinse affettuosamente un braccio. «Tuo figlio e un ragazzo brillante che fa onore al clan. Finira per mettere giudizio, vedrai. Devi solo portare pazienza.»

«Spero proprio che tu abbia ragione. Hai saputo nient’altro a proposito di quel cosiddetto supermutante?»

«Chiacchiere a non finire», rispose il Custode. «Si dice che in Brasile stiano conducendo esperimenti con radiazioni. Su soggetti umani.»

«Ah, ora anche il Brasile? Ma non era la Birmania, l’ultima volta? Non ci credo nemmeno un po’. Esistono

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