prove tangibili, testimonianze?»

«Non proprio. Ma tutto questo blaterare ha sollevato un tale polverone che al Congresso stanno dibattendo sull’opportunita di formare una commissione d’indagine.»

«Da mandare in Brasile?»

«Per l’appunto. Una missione non ufficiale, si capisce. Non e il caso di andargli a rompere le scatole proprio ora che finalmente si sono decisi a pagarci una bella fetta dei loro debiti.»

«Gia, tutto merito del filone di triobio che hanno scoperto a Bahia, e di quelle nuove tecniche estrattive con il laser elaborate dagli inglesi. La Jacobsen che fa? Scommetto che ci va anche lei, vero?»

Halden si strinse nelle spalle. «Per forza. E ti diro che secondo me dovremmo incominciare a prendere la faccenda un po’ piu seriamente di quanto abbiamo fatto sinora. Mi sono giunte segnalazioni anche dalla costa occidentale. Persino dalla Russia. I nostri esperti di genetica ritengono possibile che quella gente, di chiunque si tratti, abbia isolato e codificato il genoma mutante.»

Si levo, aspra, la risata di Ryton. «Per carita, non ricominciamo con questa storia. Lo sai benissimo che della codifica del genoma ne parlavano gia venti o trent’anni fa, tra l’Ottanta e il Novanta, e che non sono mai riusciti a realizzarla… soprattutto dopo che quel pasticcio combinato dai giapponesi porto all’interruzione delle ricerche.»

«Puo darsi che in Brasile la moratoria non sia mai stata applicata.» Halden vuoto la sua tazza in un sorso e si verso un’altra dose di caffe.

«E… che cosa avresti saputo, dalla Russia?…»

«Oh, niente di preciso. Loro, si capisce, non e che siano bene organizzati come noi, ma l’ultima volta che e stata la, Zenora ha parlato con Jakovski. E lui le ha detto che anche loro erano preoccupati per via del Brasile.»

«Si dovrebbe discuterne in assemblea plenaria.»

«Sono d’accordo. Diciamo domani?»

Ryton annui. «Le implicazioni di questa faccenda sono terrificanti. Gia ora i normali ci guardano con sospetto. Che cosa accadrebbe se dovesse far la sua comparsa un mutante davvero evoluto?»

«Oh, figuriamoci, le solite cose… sollevazioni popolari, pogrom, linciaggi…» Halden sorrise. «James, perche guardi sempre il lato negativo di ogni situazione? L’avvento di un mutante superiore potrebbe essere un fatto magnifico.»

«Halden, a te potra anche sembrare divertente», ribatte Ryton in tono indignato, «ma io non l’ho scordato, il 1992, e nemmeno la morte di Sarah. Ti dico che andremmo incontro a rischi estremamente gravi.»

«Comprendo le tue preoccupazioni», disse Halden diplomaticamente, «ma sono fatti avvenuti venticinque anni fa. E poi, ammettilo, non stiamo cercando anche noi, a modo nostro, di giungere al medesimo risultato? Ottenere supermutanti tramite l’endogamia?»

«Niente affatto», replico Ryton seccamente. «Quel che interessa a noi e sopravvivere. Consolidarci rimanendo uniti. Tenerci fuori dai guai, non adoperarci a rendere obsoleto il resto della razza umana. E questa sarebbe esattamente l’accusa che ci verrebbe rivolta, caso mai risultasse che nella storia del supermutante c’e anche solo un briciolo di verita. Inutile ricordarti che i normali, innanzitutto, ci temono. Nella malaugurata ipotesi che quelle dicerie su mutanti radiopotenziati non siano soltanto chiacchiere… riesci a immaginare, Halden, che cosa sara di noi?»

Il crepuscolo andava rapidamente infittendosi, e nonostante l’assenza di dune che potessero fargli da schermo, Michael si arrischio ugualmente a levitare sulle onde, ritenendo improbabile che qualcuno riuscisse a vederlo. A differenza di certi suoi cugini, che si divertivano a scombussolare i normali mettendosi in mostra, a Michael non piaceva affatto sfoggiare le proprie capacita mutanti in presenza di estranei. Ma sulla spiaggia non c’era anima viva.

Il vento soffiava gelido, trascinando con se un accenno di neve. Qualche solitario volatile appariva intento a becchettare le alghe arenatesi a riva, e Michael si chiese con stupore come facessero a sopravvivere, nel cuore dell’inverno. Man mano che la sua ombra giungeva su di loro, gli uccelli si disperdevano freneticamente.

Fluttuare sulle acque era sempre stato un gioco stupendo, per lui. Per tenere sotto controllo le sue capacita levitatorie, da piccolo la mamma lo aveva legato di tanto in tanto a una fune. Ricordava bene con quanta pazienza lei avesse seguito, guidato, incoraggiato le prime esperienze di quel bimbo di quattro anni. «Fai un passo lungo lungo e poi salta!… Forza, Michael, riprova!»

I suoi poteri telecinetici, invece, erano emersi solo negli ultimi tre anni, ed egli era ancora nella fase in cui si divertiva a sperimentarli. Esercito una pressione mentale contro le sottostanti acque agitate, e quelle naturalmente opposero resistenza, ma gli parve comunque di vederle un po’ ritrarsi.

In qualita di mutante doppio, Michael costituiva un caso raro persino nell’ambito della comunita, e suo padre non la smetteva mai di indottrinarlo sull’importanza di salvaguardare e tramandare quei preziosi geni: sposa una ragazza mutante, metti al mondo figli mutanti, aspira a divenire un giorno Custode del Libro, non rivelare a nessuno i tuoi poteri, adeguati, mimetizzati… Gli veniva rabbia solo a pensarci.

Vide sollevarsi, portati dal vento, gli spruzzi di un’onda infrantasi con particolare violenza sulla riva, e si innalzo leggermente per evitarli.

Cari, piccoli mutanti, penso. Rincantucciati come topi, stretti stretti tutti quanti assieme nella loro tana a spartirsi la poca aria respirabile, un coro dissonante di bizzarre personalita che simile a stridere di unghie sopra una lavagna lo aggrediva ogni qual volta gli toccava partecipare a un raduno del clan. Meno male che il periodo dell’universita lo aveva, seppur momentaneamente, sottratto a quell’ambiente soffocante, dandogli modo di conoscere, e apprezzare, lo stile di vita dei normali.

Le persone come Kelly McLeod respiravano liberamente. Gente che aveva responsabilita solo nei confronti di se stessa, al massimo verso la propria famiglia. Individui senza segreti da proteggere, senza claustrofobiche tradizioni da osservare, senza grette consuetudini da perpetuare. Uomini e donne lontani dall’opprimente promiscuita della vita di clan, esenti dagli obblighi di una sacra missione, liberi di essere se stessi e di scoprire quel che la vita aveva da offrire.

Michael ammirava la forte personalita di Kelly, la sua indipendenza. Le donne mutanti erano in gran parte caute, riservate, occultavano i loro pensieri dietro sguardi indecifrabili. Anche Jena. Per un attimo provo vergogna di averla ignorata a quel modo. Era una ragazza sana e intelligente, ma aveva gli occhi del colore sbagliato. Tutti i mutanti sfoggiavano occhi di quella medesima strana tinta brunodorata, curiosamente rilucente nell’oscurita; un marchio inconfondibile per riconoscersi ovunque fra membri del clan.

Kelly aveva gli occhi azzurri. Michael trovava estremamente attraente il dissonante comporsi di quel color pervinca con l’incarnato chiaro e la chioma corvina di lei. E gli piaceva il suo nasino a punta, delicatamente modellato. Gli piacevano quegli zigomi finemente cesellati. Gli piaceva l’imprevedibile naturalezza con cui Kelly un giorno poteva agghindarsi in pelle nera e catene d’argento, e il giorno dopo comparire coi capelli raccolti sulla nuca, e minuscoli orecchini, e una camicetta all’antica col collo alto adorna di trine. Quando sorrideva, mostrava dei denti non perfettamente allineati, ma a Michael andava benissimo cosi. Non gli interessava trovare in Kelly l’innaturale perfezione di un manichino. Lei era una persona vera, e anche in questo stava il suo fascino.

Ripenso a quella volta che l’aveva baciata nel cortile di casa McLeod. Non gli aveva resistito, quando lui le aveva insinuato le mano sotto il reggiseno. Era certo che se avessero avuto piu tempo lei l’avrebbe ulteriormente incoraggiato, ma purtroppo il sopraggiungere di papa McLeod aveva prematuramente posto fine alle loro effusioni. La desiderava con un ardore che non aveva mai provato nei confronti di nessuna ragazza mutante.

«Fatti vivo, quando torni dalle vacanze», gli aveva sussurrato, mentre un alone di luce proveniente dal lampione del portico le circondava i capelli neri. Si, era intenzionato a rivederla quanto prima, stando pero attento che suo padre non si accorgesse di nulla.

«Un eurodollaro per i tuoi pensieri.»

Michael trasali, gettando attorno un’occhiata ansiosa. Non vide nessuno. Udiva, in distanza, un’imposta sbatacchiare nel vento. Possibile che quella voce fosse stata frutto unicamente della sua immaginazione?

«Non hai paura che qualche normale ti veda e se la faccia sotto dall’emozione?» No, senza dubbio qualcuno gli stava parlando, ma le parole che udiva risuonavano nel suo cervello, non nelle sue orecchie. E quel tono beffardo, insinuante, poteva appartenere a una sola persona. Suo cugino Skerry. Eppure Halden aveva dichiarato che Skerry se l’era filata…

«Skerry… dove sei?» chiese Michael a voce alta. Non possedeva capacita telepatiche attive, e d’altra parte a

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