discriminatori e persecutori nei confronti dell’unico senatore mutante presente in Congresso. E poi, se siete andati in giro a curiosare quanto credo, dovreste sapere che non agiro mai contro Stephen per fare un piacere a voi. Mai.»

«Temevo che l’avrebbe presa a questo modo.» Per un attimo lo sguardo dell’agente si perse, pensieroso, fuori del finestrino. «Gli dira tutto?»

«Non lo so.» Andie sollevo le mani in un gesto di esasperazione. «Ma perche dovete coinvolgermi in questa storia? Perche il vostro lavoro non lo fate da voi?»

«Ci serve il suo aiuto.»

«Be’, fatevi aiutare da qualcun altro.»

«Solamente lei ci puo aiutare.»

«E allora mi sa proprio che vi e andata male!» esclamo Andie con voce aspra. «Jackie Renstrow lavorava per voi?»

«Si, era una nostra informatrice. E sospettiamo che la sua morte sia da collegarsi a questa vicenda.»

«Non ci posso credere», ribatte Andie. «E non ci credo. Stephen non puo essere implicato in niente di tutto questo.»

«Speriamo di no.»

Andie si sforzo di mantenere l’autocontrollo. «Non voglio discuterne oltre. Gradirei solo essere riportata al mio luogo di lavoro.» E, incrociate le braccia, fisso ostentatamente lo sguardo all’esterno, verso i primi, esitanti raggi di sole.

«Come vuole», assenti Rayma Esteron con voce sommessa, colma di rammarico. Premette un pulsante e il libratore svolto al primo angolo, invertendo la rotta in direzione Campidoglio. Per tutto il resto del viaggio nessuna delle due apri bocca.

Il libratore torno esattamente da dov’era partito, fermandosi dinanzi all’ingresso di servizio dell’ala nord. Mentre Andie scendeva, Rayma Esteron le porse un’olocarta.

«Se dovesse cambiare idea.» Poi l’agente le rivolse un breve cenno di saluto e se ne ando.

Andie si affretto a salire in ufficio. Erano passate da un pezzo le sette. Possibile che il colloquio con la Esteron fosse durato tanto? Aveva le idee confuse. Un palpito incessante le aggrediva le tempie. Si programmo una tazza di caffe. Cosa poteva dire, a Jeffers? Il colpevole doveva essere Canay. Stephen non avrebbe mai commesso qualcosa di illegale. Mai.

Arrivo Canay vispo e baldanzoso. Nel vederla le fece un gran sorriso.

«Buon giorno! Mattiniera, eh?»

Andie si sforzo di ricambiare il sorriso. «Dev’essere che non riesco a star lontana dall’ufficio.»

Si risveglio, insistente, l’avvisatore del terminale. Una chiamata di Jeffers, seduto all’interno del suo libratore.

«Andie, grazie a Dio ti ho trovata. Prima ho provato da te, ma non c’eri.»

«Stephen, e successo qualcosa?»

«Ho dimenticato a casa una della mie videoborse, e alle otto in punto ho una colazione di lavoro. Potresti mandare un fattorino a prenderla?»

Un’ispirazione repentina le attraverso il cervello con la forza di un cortocircuito.

«Non mi fido, dei fattorini», rispose. «Potrei fare una corsa io, a prenderla. Tanto ho una mattina poco impegnativa.»

Sul viso di Jeffers si allargo un sorriso di sollievo. «Davvero non ti scoccia?»

«Anzi, lo faccio volentieri.»

«E sul tavolino dell’ingresso, proprio vicino alla porta. Trasmettero alla serratura di lasciarti entrare.»

«Perfetto.»

«Andie, non so come ringraziarti.» Le fece l’occhiolino e chiuse la comunicazione.

La corsa in taxi fino al lussuoso quartiere di Jeffers richiese un quarto d’ora. Il paesaggio muto rapidamente dalla marmorea nobilta degli edifici governativi all’armoniosa eleganza di abitazioni suburbane, inserite in una cornice di fitte macchie arboree e curatissimi giardini. Una zona pittoresca persino in inverno, penso Andie.

Mentre scendeva davanti alla villetta di Jeffers, un pallido sole riusci finalmente ad aprirsi un varco fra le brume del mattino. Andie poggio il palmo della mano sull’apertura romboidale dell’analizzatore. La serratura rispose con uno scatto, consentendole di entrare.

Il vestibolo riceveva abbondante luce da opalini pannelli color avorio. La videovaligetta di Jeffers era esattamente dove aveva detto lui: stava infatti poggiata sopra un lucido tavolino a parete accanto alla porta.

Andie non era mai stata in casa di Jeffers. Afferrata la videoval, risali guardinga alcuni scalini ricoperti di moquette verdescuro sbucando in un’ampio, soleggiato ambiente rivestito con pannelli in tek. Da sinistra si dipartiva un lungo corridoio. La prima stanza in cui giunse conteneva un terminale a scrivania, uno schedario magnetico, un idrodivano grigio. Mise giu la videoborsa e fisso il monitor.

Ho assolutamente bisogno di sapere, si disse.

A mo’ di prova, batte sulla tastiera un codice qualsiasi.

Lo schermo rimase vuoto.

Neppure il codice del terminale dell’ufficio diede alcun esito.

Continuo a osservare il video. Jeffers aveva programmato la serratura in modo da lasciarla entrare. Come fare per convincere il terminale a usarle la medesima cortesia? Occhieggio il sensore palmare a lato della tastiera.

E se tutti gli aggeggi elettronici di casa fossero stati serviti dallo stesso circuito di protezione? Poteva darsi che Jeffers, non volendo, le avesse dato accesso anche al terminale… Poggio il palmo sulla nicchia. Lo schermo si accese immediatamente.

Andie percorse l’interminabile elenco di file. Da dove incominciare?

Il suo sguardo fu attratto dalla dicitura «JACOBSEN». Provo a selezionarla. Apparve una tabella contabile, che riportava cifre relative a somme di denaro per A.T.

«Chiarire A.T.», ordino Andie.

«Arnold Tamlin», sciorino obbediente lo schermo. «Vedi file MARZO.»

Tamlin?

Le mani di Andie incominciarono a tremare.

Apri il file. Conteneva una serie di istruzioni a Tamlin, formulate da Ben Canay e corrette da Jeffers.

Dio mio, penso Andie, ma allora e stato Jeffers a organizzare l’assassinio di Eleanor!

Le si piegarono le gambe, e dovette lasciarsi cadere di schianto nella poltroncina della scrivania.

No. Non ci posso credere.

Si nascose il volto fra le mani.

E adesso?

Potrei andarmene, si disse. Far finta di non sapere nulla.

No.

Torno a fronteggiare lo schermo.

Non posso andarmene proprio ora, penso. Devo scoprire fino a che punto, fino a che punto… Trasse un respiro profondo, e torno a esaminare il lunghissimo elenco.

Un’ora dopo aveva individuato tre fogli contabili che dimostravano, senz’ombra di dubbio, dove fossero andati a finire tutti quei soldi.

In Brasile. In cliniche mediche di Rio de Janeiro e dintorni.

Le ricerche sul supermutante, pensava Andie. Anche di quello, era responsabile. Provava un’isterica, insopprimibile voglia di scoppiare a ridere, ma l’unico suono che le usci di gola fu un singhiozzo, fievole e acuto.

Mi serve una copia di questo materiale, si disse. Ma poi, dove la nascondo? Il mio terminale d’ufficio e troppo accessibile. E anche quello di casa potrebbe essere facilmente violato.

Le torno in mente per un attimo il Brasile. L’eleganza delle palme svettanti. La bellezza e la simpatia della gente. Karim.

Karim!

Ricordava ancora il suo numero privato… Poteva trasmettere tutto al terminale di casa sua! Anche se lei non avesse avuto subito modo di contattarlo personalmente, Karim, ritrovandosi quel materiale, non l’avrebbe certo

Вы читаете La stagione dei mutanti
Добавить отзыв
ВСЕ ОТЗЫВЫ О КНИГЕ В ИЗБРАННОЕ

0

Вы можете отметить интересные вам фрагменты текста, которые будут доступны по уникальной ссылке в адресной строке браузера.

Отметить Добавить цитату
×